«Vince chi seppellisce viva la bambina». Questo è il titolo che appare sulla copertina della rivista Panorama nel novembre del 2006, davanti all’immagine di una ragazzina dai capelli rossi intenta ad alzare la gonna del suo consunto vestito. Il gioco con questo inquietante obiettivo è Rule of Rose, sviluppato dalla software house giapponese Punchline per Play Station 2 in uscita quello stesso anno. Ciò che Guido Castellano, allora capo-redattore di Panorama, descrive nel suo articolo è sconvolgente: oltre a seppellirle le bambine sono anche vittime di giochi sadomaso e interagirebbero tra loro in modo sensuale e saffico.

Rule of Rose, a detta di Castellano, sarebbe solo l’ultimo di una “lunga” lista di videogiochi il cui obiettivo è fare violenza su minori, che ne sono anche i principali consumatori, il tutto per spingere sempre più in là i limiti e rendere socialmente accettabili comportamenti pedofili. La notizia rimbalza velocemente tra i giornali di tutta Europa e perfino il Parlamento europeo interviene sulla questione: l’allora commissario per la giustizia in Europa Franco Frattini utilizzò la controversia creata attorno al gioco per proporre di riformulare la classificazione per età dei videogiochi, il Pegi, e rendere i criteri più restrittivi e severi. La proposta attirò moltissime critiche specie da parte dell’industria videoludica che percepì la proposta come un tentativo di censura, limitando le tematiche e il modo in cui le si affronta dietro la scusa della difesa dei bambini e delle bambine – senza che venisse aperta una discussione sulle responsabilità dei genitori, che spesso non controllano i videogiochi con cui la loro prole interagisce.
La risonanza che all’epoca ebbe la notizia è sconvolgente vista con gli occhi di oggi, soprattutto perché nulla di quanto descritto da Castellano è vero: la maggior parte delle informazioni presenti nel suo articolo sono o mistificate o inventate di sana pianta. Nessuna bambina viene seppellita nel gioco, nessun minore è vittima di giochi sadomaso o si diletta in relazioni saffiche o omosessuali e non è vero che esiste una “lunga lista” di videogiochi che intendono normalizzare la pedofilia. In realtà è accaduto che Rule of Rose è stato vittima del cosiddetto moral panic o satanic panic, una forma di isteria di massa che nasce in genere quando i media denunciano in pompa magna un qualcosa – che può essere un videogioco come una moda, come la blue whale challange di qualche anno fa – che mette in pericolo bambini e bambine.
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di capire come Castellano sia arrivato a scrivere il suo articolo e del perché si diffuse a macchia d’olio. Rule of Rose è un gioco dalla storia travagliata: Punchline inizia lo sviluppo su richiesta della Sony Computer Entertainment, che vuole un gioco horror da vendere su Play Station 2 per inseguire il successo di titoli come Resident Evil. Il direttore esecutivo Shuji Ishikawa, tuttavia, vuole discostarsi dal genere slasher dove a far paura erano esseri soprannaturali o morti viventi ed enfatizzarne l’aspetto psicologico. Dopo una serie di bozze rigettate da Sony, si giunge a concepire un gioco riguardante gli aspetti più cupi dell’infanzia e di come bambini e bambine possano risultare spaventosi/e agli occhi delle persone adulte e viceversa. Traendo spunto dall’Inghilterra degli anni Trenta e dall’incidente del dirigibile R101, l’atmosfera di Rule of Rose ha una chiara impronta gotica, con una grafica che richiama la serie di Silent Hill; le musiche sono state composte esclusivamente con strumenti reali soprattutto viole e violini; a causa di tagli al budget il sistema di combattimento del gioco è molto rudimentale, ed è forse l’unica vera nota negativa di un gioco che è oggi considerato una pietra miliare del genere survival horror, una perla praticamente introvabile se non attraverso siti pirata o se si è disposti a spendere anche più di 200 euro per una copia fisica.

La trama di Rule of Rose è sicuramente il suo punto di forza, il motivo che lo ha reso un titolo così amato e ambìto: la diciannovenne Jennifer si trova su un autobus quando viene svegliata da un misterioso bambino che le dona un libro di fiabe incompleto; prima che Jennifer possa chiedergli spiegazioni il bambino fugge e per inseguirlo la giovane scende dall’autobus, che riparte lasciandola da sola in una foresta. Seguendo il bambino la ragazza si ritrova davanti un enorme edificio vittoriano che scopriamo essere un orfanotrofio, il Rose Garden. Prima di addentrarsi Jennifer assiste a una scena sconvolgente: delle bambine con dei sacchetti di carta in testa stanno bastonando un sacco ricoperto di sangue; poco dopo gli altoparlanti annunciano un funerale per un “caro amico” di Jennifer e invitano i presenti a dirigersi nel giardino. Seguendo le indicazioni, si trova davanti una cassa di legno contenente il sacco insanguinato; prima che possa aprirlo per vedere cosa c’è all’interno, le bambine la spingono dentro la cassa e la chiudono dentro per poi portarla via – è probabilmente questa la famosa scena che Castellano ha interpretato come la “vittoria per aver seppellito una bambina”, visibile nel trailer da un’altra prospettiva. Jennifer si risveglia dentro un dirigibile a forma di pesce volante e sarà costretta a prendere ordini dalle Aristocratiche del Pastello Rosso, il gruppo di ragazzine che governa l’orfanotrofio col beneplacito dei pochi adulti presenti e che si dilettano a bullizzare tutte e tutti coloro che considerano inferiori all’interno del “sistema sociale” da loro creato. Controllando Jennifer e grazie all’aiuto del fidato Brown, un labrador che troveremo legato a una colonna e, una volta liberato, ci aiuterà nelle nostre missioni, il nostro compito sarà soddisfare le richieste delle Aristocratiche, scoprire i segreti dei vari personaggi e ricostruire la storia della stessa Jennifer e del suo legame con gli abitanti dell’orfanotrofio. Similmente a titoli come Silent Hill, l’orrore di Rule of Rose è di natura psicologica: dopo aver completato il gioco una prima volta appare chiaro che la storia sia il tentativo di Jennifer, ormai adulta, di ripercorrere gli eventi della sua infanzia, che ha sepolto nell’inconscio a causa del trauma subito.

Per esempio, il pesce volante in cui si svolge la maggior parte del gioco altro non è che il dirigibile su cui Jennifer perde entrambi i genitori a seguito di un incidente, che la sua mente da bambina aveva visto come un enorme pesce in grado di volare. Il cavaliere del secchio, uno spaventapasseri composto da vecchie scope legate a forma di croce e da un secchio al posto della testa che funge da punto di salvataggio, altro non è che l’amico immaginario che la piccola Jennifer si era costruita per combattere la solitudine all’interno dell’orfanotrofio. Brown stesso è un cucciolo che lei trova per caso legato in un vecchio sgabuzzino e che subirà purtroppo una morte crudele e violenta per mano delle Aristocratiche, che sono state realmente le bulle di Jennifer e la cui storia travagliata viene magistralmente reinterpretata attraverso metafore come quelle della sirena e del canarino chiuso in una gabbia.
Rule of Rose affronta tematiche forti attraverso lo sguardo infantile: il bullismo, l’abuso di potere, la molestia sessuale, la malattia mentale, la solitudine, sono raccontate come fiabe il cui filo conduttore è una “sfortunata ragazza” la cui timidezza e difficoltà ad elaborare il trauma della perdita dei genitori e del successivo rapimento la rendono facile bersaglio di bambini e bambine altrettanto traumatizzate/i, mentre le poche figure adulte sono o incompetenti o addirittura deleterie. Quella stessa “sfortunata ragazza”, ora adulta, deve venire a patti con quanto vissuto per poter andare avanti: mostrando una sensibilità fuori dal comune, Jennifer è in grado di empatizzare con le sue carnefici, riconoscere che anche loro hanno sofferto tanto senza che questo possa giustificarne gli abusi. Emblematica è la scena del vero finale del gioco, dove Jennifer lega Brown ancora cucciolo dentro lo sgabuzzino dove lo aveva trovato per poi andarsene, metafora di come il suo unico amico sarà sempre nel suo cuore anche ora che lei è ormai pronta ad affrontare un nuovo capitolo della propria vita
Ben prima che i videogiochi venissero riconosciuti come l’ottava arte, Rule of Rose dimostra quanto essi possano raccontare storie drammatiche e delicate nel modo giusto, senza sensazionalismi o banalizzazioni, in un modo diverso dai film grazie al livello di immersione che il media garantisce. Ciò lo ha reso una gemma del survival horror nonostante il gameplay scadente. Come è stato possibile che un gioco del genere sia stato vittima di un tale e ingiustificato moral panic? Da dove ha preso Castellano le informazioni per il suo articolo? A oggi non c’è risposta alla seconda domanda: l’ipotesi più probabile è che Castellano o chi per lui nella redazione di Panorama abbia visto il trailer del gioco e lo abbia frainteso in maniera clamorosa – anche se questo non giustifica l’inventarsi che per vincere si dovessero seppellire delle bambine. I “giochi sadomaso” sono in realtà dei sottointesi abusi che il direttore dell’orfanotrofio Hoffman infligge alle orfane, abusi che non sono affatto giustificati o interpretabili come giochi erotici – è forse questo l’aspetto che più indigna dell’articolo di Castellano: l’aver cercato di far passare una storia che denuncia l’abuso dell’autorità come feticcio. Le “relazioni saffiche” sono delle mere cotte infantili che due personaggi hanno nei confronti delle loro compagne e non c’è alcuna componente erotica in esse. La bambina che viene detto si stia alzando la gonna per far vedere l’intimo sta semplicemente eseguendo un classico inchino, in linea con la tematica dell’aristocrazia presente nel gioco. Per finire, non esiste alcuna “lunga lista” di videogiochi che intendono normalizzare la violenza su minori: esistono invece giochi che affrontano tematiche delicate, adeguatamente segnalati tramite il sistema Pegi – che i genitori dovrebbero consultare prima di mettere in mano ai propri figli e figlie giochi non adatti alla loro età: Rule of Rose è vietato ai minori di 16 anni.
Il periodo in cui uscì il gioco era particolare: nel 1999, negli Stati Uniti, si era consumato il massacro della Columbine, dove due studenti spararono contro i loro compagni e docenti uccidendo 13 persone. La colpa di questa tragedia venne diretta inizialmente verso il videogioco Doom, di cui uno dei due attentatori era un accanito fan. Da allora si è creato un vero e proprio movimento che cerca di collegare i videogiochi alla violenza giovanile, poco importa che studi su studi abbiano ormai dimostrato che tra i due non ci sia alcuna correlazione. Rule of Rose è stato quindi una delle vittime più preminenti di questo movimento, unito a una, francamente, bassa etica giornalistica – Panorama non ritrattò mai le sue posizioni benché avesse diffuso informazioni false. Nonostante una feroce campagna diffamatoria che portò alla messa al bando in numerosi Paesi, l’affascinante trama di Rule of Rose è stata in grado di far sopravvivere il gioco ai tentativi di censura: Jennifer e le sue aguzzine/compagne di sventura sono oggi considerate un esempio di personaggi femminili complessi e tragici, la sua storia fiabesca un monito sulle conseguenze dell’abuso di potere.
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.
