La tipografia. Un’espressione creativa tra tradizione e identità

La tipografia è un’arte e una tecnica indissolubilmente legata alla stampa. La stessa parola indica, infatti, uno dei più antichi sistemi di stampa diretta, quella a caratteri mobili, che si effettua mediante un sistema di forme in rilievo, inchiostro e pressione. In Europa questa tecnica è stata introdotta in Germania da Johannes Gutenberg nel XV secolo, tuttavia l’invenzione dei caratteri mobili risale ai secoli XI-XII e si deve a cinesi e coreani.

Johannes Gutenberg

In Cina si attribuisce l’invenzione al tipografo Bi Sheng, che tra il 1041 e il 1048 diede vita a un sistema di stampa a caratteri mobili utilizzando materiali come terracotta, porcellana e legno, che però non erano sufficientemente resistenti per stampare in grande quantità, visto il logoramento a cui vengono sottoposti in un sistema basato sulla pressione.
Infatti né i materiali utilizzati, né il sistema grafico e linguistico basato sugli ideogrammi, dove ogni simbolo rappresenta una parola, si prestavano per il sistema a caratteri mobili. Effettivamente il sistema funziona meglio con un tipo di alfabeto che si basa sulle combinazioni delle lettere, dove ogni simbolo rappresenta un fonema. Intorno al 1490 l’inventore e tipografo cinese Hua Sui introdusse come innovazione l’uso di caratteri mobili di metallo, certamente meno soggetti all’usura della pressione. Parallelamente in Corea nel XIII secolo cominciano a svilupparsi le prime tecniche di stampa. Durante il prospero regno di Sejong, tra il 1418 e il 1450, si diede avvio a numerosi progetti culturali ed editoriali. Nella Corea dell’epoca, sebbene si utilizzasse la lingua coreana nell’oralità, per lo scritto si utilizzavano gli ideogrammi cinesi ma, soprattutto, più o meno come avveniva in Europa, la lettura e scrittura era appannaggio della casta dei sacerdoti. Sejong, invece, aveva un’idea diversa della cultura e della sua diffusione: si circondò di intellettuali e accademici con l’idea di sistematizzare la conoscenza e promuovere l’educazione in tutte le classi sociali. I suoi sforzi diedero vita al primo alfabeto coreano: l’Hangul (il cui nome originale era Hunminjeongeum, ovvero “suono corretto per istruire il popolo”), più versatile per il sistema di stampa a caratteri mobili.

Hunminjeongeum
Aldo Manuzio

La tipografia oggi indica per estensione tutto l’insieme delle arti grafiche, ricollegandosi alle attività sorte nell’occidente europeo a partire dal XV secolo. Gutenberg ha introdotto l’arte della stampa in Europa, ma chi l’ha fatta fiorire è stato senza dubbio il tipografo veneziano Aldo Manuzio, il quale ha promosso un cambio nel gusto dell’epoca, da una parte introducendo il formato portatile e poi una prima distinzione basica tra forme rotonde (o romane) e forme corsive (o italiche).

L’uso della tipografia però si amplia notevolmente a partire dalla prima rivoluzione industriale, sia grazie alle nuove invenzioni legate alla stampa, sia per rispondere alle nuove esigenze dello sviluppo del commercio.
La prima parte del Novecento conosce innumerevoli sperimentazioni a livello grafico, mentre nella seconda metà del secolo ha luogo un mutamento decisivo: il passaggio dalla tecnologia meccanica alla tecnologia digitale e al linguaggio postscript. I computer hanno rivoluzionato completamente la tipografia e la grafica in generale, modificando indelebilmente la professione e i compiti del tipografo. Oggi nel XXI secolo la tipografia è onnipresente e più accessibile che mai: persiste negli oggetti materiali e si espande nei supporti digitali, proponendo nuove sfide per adattare il disegno ai diversi dispositivi e tipi di schermo.
La scrittura, così come il linguaggio, sono fatti culturali e non naturali, e, ripercorrendone la storia, è evidente che i caratteri e le loro forme sono influenzate dal contesto e dai materiali. Sin dalla sua invenzione, la scrittura è stata sia pratica artistica ma anche una fondamentale tecnologia per facilitare la vita quotidiana e accumulare conoscenza; e, visto il potenziale sovversivo di lettura e scrittura, queste abilità furono per molti secoli soggette al controllo da parte delle classi sociali dominanti. La scrittura è ciò che segna il passaggio dalla preistoria alla storia, momento in cui cominciamo a disporre di fonti scritte. Si tende a datare la sua nascita nel 3300 a.C. nella Mesopotamia dei sumeri, che cominciarono a utilizzare tavolette d’argilla incise con scrittura cuneiforme.

Tavoletta cuneiforme

Ad ogni modo, questa tecnologia della parola, oggi così imprescindibile, non è nata né in un unico momento né in un solo luogo, ma conobbe diverse innovazioni anche slegate tra di loro. Già nel paleolitico e neolitico gli esseri umani sentivano la necessità di disegnare scene della vita quotidiana, sia con propositi magici e propiziatori, sia con finalità ornamentali: si tratta di pittogrammi, ovvero segni iconici che rappresentano fatti complessi. La diffusione di agricoltura e allevamento, dal X al IV millennio a.C., portò a un aumento della popolazione e a un maggiore sviluppo economico e commerciale, per cui sorsero nuove necessità legate alla contabilità; i simboli passarono dal rappresentare non solamente le caratteristiche di un oggetto concreto, ma anche quantità e idee astratte.

Per esempio, un simbolo che rappresenta un piede può indicare anche l’atto del camminare. Poco alla volta ai pittogrammi si affiancano gli ideogrammi, ovvero segni che rappresentano idee, fino ad arrivare ad associare a ogni simbolo un determinato fonema. I tre sistemi più antichi di scrittura, ovvero i geroglifici egizi, la scrittura cuneiforme della Mesopotamia e gli ideogrammi orientali, che si sono sviluppati tra il 4000 e il 3000 a.C., hanno carattere in parte pittografico, in parte ideogrammatico e in parte fonematico: alcuni simboli rappresentano oggetti stilizzati, altri simboli indicano idee astratte e altri sono legati a determinati suoni.

Scrittura geroglifica

Esiste sempre un’oscillazione tra figurazione e scrittura. Gli strumenti utilizzati inoltre, come le tavolette di argilla incise con steli appuntiti, portano alla semplificazione dei tratti e alla loro stilizzazione: infatti l’obiettivo della scrittura è trasmettere idee e concetti, e semplificazione e praticità facilitano la leggibilità.
I caratteri tipografici sono parte di un codice, ognuno è legato a un suono e sono gli strumenti che rendono leggibile l’universo di idee, pensieri e immagini. La tipografia permette di comunicare idee rappresentando visualmente le parole.
La scrittrice e tipografa Beatrice Warde suggerisce un’ottima metafora per definire il ruolo della tipografia nel veicolare messaggi: avendo due calici a disposizione, uno dorato e impreziosito di gemme e l’altro di cristallo trasparente, quale scegliereste per bere del vino?
Chi si intende veramente di vino sceglierà senza dubbio la seconda opzione. La trasparenza del materiale, infatti, permetterà di valutare meglio le caratteristiche organolettiche del contenuto; allo stesso tempo, per leggere comodamente e apprezzare il contenuto di un testo, è preferibile un carattere “trasparente”, che passi inosservato e permetta di gustare parole e idee. Il ruolo della tipografia nel veicolare messaggi è essere trasparente, non deve essere notata per sé stessa. L’usabilità prevale sull’estetica proprio perché il fine è trasmettere un messaggio. Così come il calice trasparente permette di apprezzare meglio il vino, una tipografia che passa inosservata permette uno scambio più agile tra la mente di chi scrive e quella di chi legge.
Al giorno d’oggi la tipografia è così onnipresente che spesso per forza di cose finisce per passare inosservata. D’altronde una buona scelta tipografica non rende solamente un testo visibile e facile da trasmettere, ma è legata al congiunto di elementi grafici e non grafici e al contesto comunicativo: il messaggio, il canale, la destinazione e l’obiettivo della comunicazione. Non esistono in questo senso dei caratteri buoni o cattivi, né esiste una sola opzione corretta: una buona scelta tipografica è quella che accompagna il messaggio e lo supporta ed è direttamente proporzionale alla comprensione di ciò che si vuole trasmettere, contesto e supporto materiale.
La composizione tipografica segue criteri di disegno e funzionalità e deve garantire una buona leggibilità. Warde descrive, infatti, la figura del typotect, una figura che coniuga tipografia e architettura della pagina e che sia in grado di pianificare l’intera costruzione comunicativa.

Beatrice Warde, 1925

La tipografia d’altronde non permette solamente la lettura, ma anche di accompagnare il messaggio linguistico per generare emozioni: in questo senso i caratteri tipografici possono definirsi come elementi significanti in grado di generare un sentimento di identità e trasmettere simboli, valori ed emozioni. La tipografia ha una dimensione non solo linguistica, ma anche visuale. È vero che la funzione comunicativa di decifrare i singoli caratteri è quella che prevale, ma, da un punto di vista semiotico, aspetti come forma, colore, texture o supporto materiale svolgono una funzione retorica e poetica e devono essere coerenti con l’aspetto linguistico. Anche nell’oralità o quando ascoltiamo un tema musicale, la qualità della voce, il timbro e l’intensità contrassegnano l’esperienza di ascolto e possono evocare emozioni anche molto diverse: nello scritto questa funzione è svolta dalla tipografia, che potremmo quindi paragonare alla voce umana.
La tipografia è una rappresentazione grafica del linguaggio, ma i messaggi che veicola non sono universali, dal momento che sono condizionati dalla cultura in cui una determinata tipografia viene utilizzata. È necessario tener conto anche degli aspetti sintattici, semantici e pragmatici del linguaggio di cui la tipografia è una forma di rappresentazione iconica. La sintassi fa riferimento alla forma dei segni e la loro anatomia, il disegno finale della pagina, lo spazio tra linee e caratteri e la composizione nel suo insieme; la semantica si riferisce alla capacità della tipografia di accompagnare e risaltare il messaggio; la pragmatica, invece, considera la relazione tra il contesto di uso della tipografia, lo scenario in cui avviene la lettura e la tecnologia che interviene nel processo. Alla leggibilità, ovvero la comodità nel decifrare i caratteri, si aggiunge la letturabilità, ovvero il grado di comodità di fruire di un determinato testo. I messaggi visuali, però, non sempre sono universali, visto che ogni comunità applica i propri filtri culturali. La storia dei caratteri tipografici, infatti, è legata e tecniche e strumenti, ma anche ad aspetti funzionali, politici, economici e religiosi. Ogni lettera non è portatrice semplicemente di un suono, ma è un artefatto significante che ci ricorda l’origine e lo sviluppo della scrittura nella storia. La cultura occidentale tende a dividere immagine e testo, però questi due elementi sono profondamente interconnessi dal momento che ogni parola scritta include un’immagine, quella dello stesso carattere tipografico. Anche se non ne abbiamo piena consapevolezza, gli elementi tipografici che ci circondano influiscono nelle nostre esperienze visive e costruiamo inconsciamente una memoria visuale. Un esempio di questa memoria tipografica subcosciente si può vedere nelle font scelte dai regimi totalitari: il fascismo ha ripreso lo stile della cosiddetta lapidaria romana, oltre ad altri simboli della Roma antica, per suggerire un’ideale continuità con l’impero romano; il nazismo, invece, faceva uso dei caratteri fraktur (o gotico moderno) che venivano percepiti come “più tedeschi”; quando poi la fraktur nel 1940 venne associata alla popolazione ebrea il regime smise di utilizzarla.

Lapidaria romana (a sinistra). Fraktur (a destra)

In tempi più recenti, nel 2012, la fisica del Cern Fabiola Giannotti utilizzò per una sua presentazione sul bosone di Higgs una font creata da Microsoft per imitare lo stile grafico dei fumetti, la Comic Sans, che fu considerata poco adatta al contesto formale e il suo uso suscitò molti commenti ironici sui social network.

Comic Sans

La scrittura è parte del linguaggio e la tipografia è parte della scrittura, per cui non si può separare il linguaggio dalla tipografia: leggere in fondo è un ascoltare con gli occhi. Avere una propria tipografia genera in una comunità un sentimento di identità e un alto valore simbolico. Il linguaggio grafico, come quello orale, è un sistema vivo e dinamico che si ridefinisce costantemente. I caratteri tipografici permettono di recuperare nella comunicazione scritta la prosodia ed espressività propria, invece, dei discorsi orali. Ogni carattere è uno strumento di comunicazione che permette la trasmissione nel tempo e nello spazio. È qualcosa di così naturalizzato da passare inavvertito, ma ogni carattere porta nella sua forma una storia di secoli e un’immensa componente semiotica.
Oggi la tipografia affronta nuove sfide, in particolare nel contesto delle nuove tecnologie e con l’abitudine alla lettura su schermo: i caratteri non sono neanche più una questione statica, bensì dinamica dove chi legge può scegliere la font, di che grandezza, di che colore e molto altro. C’è più attenzione all’inclusività, si pensi per esempio alla font Open Dyslexic, pensata con determinate caratteristiche per aiutare chi soffre di dislessia.

Open-Dyslexic

Con la globalizzazione la tipografia ha subito un grande sviluppo, però, bisogna dirlo, principalmente per quanto riguarda i caratteri dell’alfabeto latino. Di fatto il type-design, ovvero la creazione di nuove font, si dedica principalmente ai caratteri latini un po’ perché sono più semplici da convertire in formato elettronico, ma anche perché le principali tecnologie sono concentrate in occidente. In buona parte del mondo è la cosa più normale del mondo utilizzare programmi di videoscrittura, scrivere mail o messaggi con il cellulare, e si può scegliere che carattere tipografico usare; queste azioni però non sono sempre così scontate nei paesi dove vengono utilizzati alfabeti non latini.

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Articolo di Costanza Pelosio

Ex insegnante in materie umanistiche, vivo tra Roma e Buenos Aires, mi dedico a tradurre, correggere bozze e a decostruire il tango. Mi interessano le questioni di genere, la lettura, il giardinaggio e gli scacchi.

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