July’s People. Non solo impegno politico

La forte carica politica che aleggiava nel Sudafrica del XX secolo ha monopolizzato la produzione letteraria dell’epoca, prendendo il sopravvento sulla dimensione introspettiva ed emotiva e portando alla narrazione dell’Apartheid senza interrogativi sull’individualità dei singoli attori storici. La dimensione umana, l’espediente dell’immaginazione e la vita del singolo individuo non rispondevano all’intrinseco bisogno di mobilitazione sociale, né tantomeno riuscivano a porsi come modelli comportamentali per istruire la popolazione sudafricana a ribellarsi e rispondere ai soprusi attuati dalla minoranza bianca.

Nadine Gordimer, scrittrice bianca sudafricana vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 1991, ha soverchiato il canone letterario impostosi in quegli anni, rappresentando empaticamente e realisticamente la collettività della popolazione. Riuscendo a far evadere il potere immaginativo dalla gabbia della lotta politica, ha espresso la totalità della vita, non parlando direttamente dell’Apartheid, ma del contesto che la circondava ed entro il quale è cresciuta. La psiche e le fragilità dei suoi personaggi diventano così il punto di partenza per un’analisi più complessa, che sfiora delicatamente la coscienza di ogni singolo lettore e lettrice fino a divenire un potente meccanismo di cambiamento nella lotta attiva al segregazionismofil rouge che accomuna tutte le sue opere. 
Nel processo creativo dell’autrice, l’osservazione della realtà gioca un ruolo fondamentale nella comprensione dell’universale, secondario soltanto all’immaginazione. Quest’ultima, trasformatrice del reale appena appreso, si esprime attraverso l’analisi delle emozioni scaturite dall’interazione sociale e consente uno stretto collegamento tra la realtà storica e quella morale. L’ingranaggio essenziale di questo meccanismo di osservazione-immaginazione-trasformazione è l’allontanamento, non inteso come segregazione e marginalizzazione della voce narrante, bensì come alienazione parziale dal resto del mondo. Per Gordimer, l’osservazione di ciò che la circonda consta di due momenti separati: prima avviene il distacco, dopo l’immedesimazione nella vita altrui. Dalla tensione tra queste prende vita la sua produzione letteraria.

Nel corpus della scrittrice il romanzo più irriverente e rappresentativo del suo impegno politico e morale è July’s People, pubblicato nel 1981. Ambientato a Johannesburg negli anni ’80 dello scorso secolo, ribalta la supremazia dei bianchi, rappresentando un finale distopico dell’Apartheid, con la vittoria della popolazione nera in seguito a una sanguinosa guerra civile. Il personaggio principale è Maureen Smales, donna borghese sulla quale sono state cucite le canoniche vesti di moglie e madre di famiglia, subordinata ai “suoi” uomini – prima il padre, poi il marito – e distratta dai piccoli piaceri effimeri di una vita agiata.
Nel primo capitolo, la voce narrante non la nomina mai direttamente, limitandosi a spersonalizzanti pronomi indefiniti e al suo ruolo all’interno della famiglia. Nel secondo capitolo avviene il punto di rottura, che porterà la protagonista a rivedere tutta la sua vita sotto una luce diversa. Costretta a trasferirsi con la famiglia nel villaggio del domestico July, in seguito alla sconfitta della popolazione bianca nella guerra civile, affronterà diverse fasi, partendo dall’abbandono delle proprie abitudini, passando per una di alienazione fino ad arrivare a una rinascita, che la porterà a inseguire felinamente un aereo, raggiungendo la salvezza o la morte certa, abbandonando il ruolo di madre e moglie per raggiungere quello di donna libera. 

Riallacciandosi al concetto di canone nella letteratura, la studiosa Carolyn K. Plummer ha dimostrato come Nadine Gordimer in July’s People abbia affidato al personaggio di Maureen Smales il compito di exempla per la popolazione sudafricana. Superando i ruoli tradizionali attraverso la sua evoluzione introspettiva, può essere considerata una rappresentazione letteraria del Sudafrica stesso sotto la piaga del segregazionismo. Il rovesciamento politico delle strutture del paese è esplicitato attraverso le vicende personali di questo personaggio femminile, costretto a scappare con la famiglia per la guerra civile in corso e a mettere la sua vita e la sua quotidianità nelle mani del servo nero July.
Nella parte del romanzo ambientata a Johannesburg, Maureen vive tranquillamente questo suo essere subordinata agli uomini, godendo di un matrimonio di successo e di tutti gli agi che il suo ruolo di moglie le offriva. La situazione cambierà nel villaggio di July, dove avverrà il passaggio dalle sue vecchie consapevolezze a un limbo di incertezza, che la condurrà alla rinascita attraverso una presa di coscienza su tutta la sua vita. Distante dalle sue abitudini materiali, si allontanerà anche dalla personale idea di sé stessa, scorgendo per la prima volta la prigione patriarcale dove è nata e cresciuta e la mancanza di libertà di cui è sempre stata vittima. Questa presa di coscienza della donna simboleggia quella sudafricana durante il periodo dell’Apartheid: dopo l’iniziale appoggio alle direttive del National Party, la popolazione si rese conto della dittatura in corso e del futuro bellicoso a cui la nazione andava inevitabilmente incontro. Allo stesso modo Maureen, dopo una vita a seguire le norme impostele dal padre e dal marito, scorse per la prima volta la strada alternativa al futuro anonimo e programmato che la attendeva. Parallelamente, come Maureen comprese di poter contare solo su di sé per superare un passato da rinnegare e aggrapparsi a un futuro all’apparenza irraggiungibile, allo stesso modo il Sudafrica deve riuscire ad abbandonare l’ideologia e le pratiche dell’Apartheid, radicate nella società, per raggiungere l’ambito futuro democratico.

Il finale del romanzo, in questa chiave di lettura, rappresenta un augurio che Nadine Gordimer fa al Sudafrica, sperando nell’imminente fine della dittatura dell’Apartheid. Maureen, oltre ad aiutare la popolazione sudafricana a liberarsi dalle oppressioni, è insignita di un altro grande compito: creare un percorso alternativo per tutte quelle donne che vogliono uscire dalla loro prigione sociale. Il suo percorso, dalle braccia di un uomo fino alla corsa libera, rappresenta un invito a reagire e a non essere succubi di nessun canone della società patriarcale, a fare affidamento solo sulle proprie forze per riscrivere il proprio destino. 
Nonostante July’s People sia un romanzo lontano da noi e dalla nostra realtà, risulta ancora pericolosamente attuale nelle tematiche trattate, ragion per la quale l’invito di Nadine Gordimer è indirettamente utile anche alle nostre vite, facciamone buon uso!

Qui il link alla tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/DeLuca236.pdf

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Articolo di Chiara De Luca

Nata a Benevento nel 1999, appassionata di scrittura, arte e viaggi. Laureata in Lettere Moderne, studia attualmente Editoria e scrittura presso La Sapienza per diventare giornalista e dar spazio alle tante storie di discriminazione che affliggono la nostra società. Ama il buon cibo, i tatuaggi e il conoscere ogni giorno qualcosa di nuovo.

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