Carissime lettrici e carissimi lettori,
con me o, altrimenti, solo contro di me. Aut-Aut. Il bianco esiste perché c’è il nero, e viceversa. Le tifoserie: un modo di pensare e di concepire il mondo. Non puoi goderti lo spettacolo dello sport (o altro, anche nella negatività), ma puoi stare solo da una parte o dall’altra. Di una squadra o contro di essa. Il dualismo netto, perfetto. Più terribile di ogni monismo, perché il dualismo include l’amore e l’odio.
Significa «contrasto tra forze opposte, vale come antagonismo, contrapposizione, dicotomia, dissidio, opposizione, rivalità. E ha il suo contrario, non a caso, in accordo, armonia, concordia, unità». In filosofia e in teologia indica «ogni concezione che consideri la realtà come fondata su una dualità di principi con l’antitesi di monismo. O meglio: «Una Concezione filosofica o scientifica fondata sulla compresenza di due principi o elementi distinti, complementari o opposti: dualismo di bene e male, di materia e spirito. Di qualsiasi posizione rigorosa e dogmatica che ad atteggiamenti di drastica condanna ne contrapponga altri di esclusivistica esaltazione.
Come per il concetto di manicheismo: la religione fondata nel terzo secolo d.C. nell’antica Persia da Mani, noto in Occidente anche come Manicheo, «che muoveva probabilmente da un’esperienza etica vissuta come continua tensione tra bene e male, questa religione concepisce tutta la realtà come lotta perenne tra due principî opposti, il bene e il male, lo spirito e la materia, la luce e le tenebre, Dio e il suo antagonista. E, per estensione: la tendenza a contrapporre in modo rigido e dogmatico principî, atteggiamenti o posizioni ritenuti inconciliabili, come fossero opposte espressioni di bene e male, di vero e falso». (Treccani).
«La vendetta porta vendetta e porta odio – commenta il presente Dacia Maraini che ha vissuto i campi di concentramento, in Giappone –. La vendetta è un bisogno psicologico che non porta a nulla. Noi eravamo in Giappone molto integrati poi è arrivato il 1943, la guerra e le scelte. Ai miei genitori è stato chiesto di aderire al fascismo. Loro, separatamente, hanno negato di firmare perché erano entrambi contro il razzismo e non potevano acconsentire. L’ideologia della vendetta e dell’odio deprime la conoscenza e l’empatia, che è la conoscenza dei bisogni dell’altro».
Ma si può fare diversamente? Si può guardare la realtà che ci circonda con occhi non opposti, dell’uno o dell’altro? Senza soffermarsi a riflettere sulle cause, sulle reciproche posizioni?
Durante la trasmissione televisiva Propaganda live il conduttore Bianchi prima di intervistare Gad Lerner ha detto: «Le tifoserie si sono mostrate, nei dibattiti, ovviamente anche televisivi, le posizioni si sono subito molto polarizzate. In questo momento sono la fotografia di un fenomeno che abbiamo già visto durante la pandemia: vax e no vax, si era o dell’una o dell’altra parte. L’abbiamo visto anche riguardo alla guerra tra Ucraina e Russia e lo stiamo vedendo adesso rispetto a una delle questioni che da sempre polarizza le opinioni e le idee, la questione tra Israele e Palestina».
Molto interessante la risposta del giornalista, nato di religione ebraica, con tanti suoi familiari ora lì in Israele: «In Israele c’è una leadership che non sa bene che pesci pigliare – commenta Lerner – . Oggi sono alla ricerca di questi quasi duecento ostaggi. Ma è un’operazione sul terreno che é difficile sviluppare. Il pericolo che gli ostaggi vengano uccisi è fortissimo. Credo che Netanyahu non sappia che pesci pigliare e si sia trovato del tutto impreparato e del tutto screditato anche riguardo ai suoi ministri che, quando erano andati a far visita ai feriti negli ospedali, sono stati mandati via a male parole. Qui in Italia facciamo il processo alle parole più o meno felici di Patrick Zaki che ha dato del serial killer a Netanyahu. A Zaki hanno annullato gli incontri e le interviste! Io vi potrei riferire che cosa di lui, di Netanyahu, dice Yuval Noah Haran, il grande storico israeliano. Potrei citare cosa dice in proposito David Grossman che paragona la sua famiglia alla famiglia di Ceausescu. Poi aggiungerei un nome meno famoso, ma più importante in Israele, quello di Tamir Pardo che è stato capo del Mossad e ha fatto la guerra contro Hamas al fianco di Netanyahu. Scelto da Netanyahu ha diretto il Mossad per cinque anni. Ha detto che collaborare con questo governo, che ha dentro razzisti e fascisti, paragonati da lui al Ku klux klan, sarebbe fargli un favore. Con questo governo purtroppo non possiamo andare da nessuna parte. L’ex primo ministro Yair Lapid, del partito diciamo di centrosinistra, non è entrato nel governo di unità nazionale perché ha detto che finché non escono questi fanatici messianici che hanno provocato anche la recrudescenza della repressione nei territori occupati, che hanno coperto di pogrom dei coloni contro villaggi palestinesi in Cisgiordania, fino a che questi non escono che senso ha stare uniti in un governo? Ora è la fase della dimostrazione di forza, della forza che si è perduta, la fase della vendetta, quella che Edith Bruck l’altro giorno, per tornare a una voce umana che si è manifestata qui in Italia, ha detto essere completamente inutile, lei che è una sopravvissuta alla Shoah dice che la vendetta non serve. E poi penso – conclude Lerner – che i capi di Hamas non sono certamente a Gaza, sono a Doha, in Qatar, sono a Istanbul, si sono mostrati al Parlamento turco, oppure a Damasco. Con questo attacco di certo Hamas non si annienta».
Edith Bruck, la scrittrice, deportata e sopravvissuta alla Shoah, dice che «in tutta Europa c’è quella nebbia fitta, di razzismo, odio, discriminazione. Gli ebrei hanno sofferto già troppo, e sono pochi. Israele ha diritto di esistere, e tutto questo che sta succedendo là è molto, molto grave – continua, in un’intervista a un quotidiano –. Però –aggiunge – non gioisco certo per la morte di un palestinese». Bruck, che oggi ha 92 anni, ne aveva 13 quando è stata deportata e ha vissuto gli orrori di Auschwitz e di Dachau. Parla dei bambini e del loro guardare la guerra e cosa capisce un bambino dell’orrore: «Non capiscono niente – spiega – Sono persi, hanno gli occhi persi. Se hanno la madre vicino urleranno “mamma!”. Se non ce l’hanno, resteranno muti». L’assalto ai kibbutz, e questi bambini uccisi li commenta così: «Io so cos’è un pogrom, ci sono finita dentro con la mia famiglia. E quando siamo arrivati al ghetto, ricordo di aver visto lì il primo nazista della mia vita, perché chi ci aveva rastrellato erano i fascisti ungheresi, i nostri concittadini… E quel soldato della Wermacht — che era enorme come un Moloch — aveva una fibbia lucida, all’altezza dei miei occhi. “Gott mit uns”, c’era scritto: Dio è con noi. E anche questi, hanno ucciso urlando “Allah Akbar”. Hanno ucciso ridendo, in nome di Dio. E quante volte succede, che si uccida in nome di un dio, milioni di persone muoiono così, purtroppo. Mia madre, che era un’ebrea credente e parlava con Dio tutti i giorni, ricordo che si stupiva. Come è possibile, diceva, che facciano questo nel nome di Dio? Ma è successo, e succede ancora».
Che senso ha proibire? Si è proibito di parlare, lo abbiamo letto nelle parole di Gad Lerner, a un ragazzo, Patrick Zaki, che ha sofferto il carcere per le sue idee, gli si è proibito di esprimere un parere sul conflitto odierno del medio-oriente e sulla conduzione di Netanyahu; l’intento dell’attivista è stato esclusivamente quello di spiegare che, secondo lui, per battere il terrorismo si dovrebbe partire dal «capirne le ragioni e analizzarne le cause», e non quello di giustificarlo, come invece hanno lasciato intendere, con forza, il ministro Salvini e gli altri politici della Lega. «Cosa mi è venuto in mente? – ha detto Zaki – Ho pensato a tutti i civili, a tutte le persone tra cui donne e bambini che sono state uccise a Gaza negli ultimi anni». Si definisce «cristiano», «di sinistra» e lontano da Hamas. «Io sono contro tutti i crimini di guerra. Condanno l’uccisione di civili», ha aggiunto l’attivista.
Si è condannato, e non supportato, il grande Moni Ovadia, che ha pensato bene di lasciare la direzione artistica del Teatro di Ferrara: «Prima di subire l’umiliazione di essere cacciato da altri». Ovadia una quindicina di giorni fa aveva dichiarato a un’agenzia di stampa che «la morte anche di una sola persona, sia essa israeliana o palestinese, è sempre una tragedia e va condannata con tutte le forze». Aveva anche criticato la politica del governo Netanyahu: «Israele lascia marcire le cose, fingendo che il problema palestinese non esista, per cancellare la stessa idea che i palestinesi esistano; e la comunità internazionale è complice: questi sono i risultati…La Striscia di Gaza non è un territorio libero, è una gabbia, una scatola di sardine: è vero che dentro non ci sono gli israeliani, ma loro controllano comunque i confini marittimi e aerei, l’accesso delle merci, l’energia, l’acqua. Non a caso l’Onu aveva già dichiarato Gaza zona ‘non abitabile’. La situazione è vessatoria, dirò di più: è infernale. Come ci insegna persino l’Iliade, l’assedio è una forma di guerra… e allora? A Gaza non sono forse assediati da Israele? Poi, hanno deliberatamente lasciato il governo di Hamas perché per gli israeliani la rottura inter-palestinese fra Hamas e l’Olp-Al Fatah è stata fondamentale… Ho detto che la responsabilità di tutto quello che è accaduto ricade sul governo israeliano.– puntualizza – Non ho detto «Viva Hamas–. Ho solo aggiunto che hanno lasciato marcire la situazione. E ho scritto cose molto, molto più forti in questo senso in passato» Ovadia ha rivendicato la propria indipendenza intellettuale e politica, come i grandi risultati ottenuti dal Comunale estense durante la sua direzione: «Per citare Simone de Beauvoir, io accetto la grande avventura di essere me stesso. Sono fatto così e dal 1994 denuncio le politiche del governo di Israele. Spero che questo mio piccolissimo gesto serva a mettere in avviso i cittadini italiani: quando attacchi le opinioni inizi a prefigurare la tirannia».
Così, e in modo ancora più scandaloso, si è tolto il premio, già assegnato (!) alla scrittrice palestinese Adania Shibli che ha scritto un romanzo sulla storia vera dello stupro e dell’uccisione di una ragazza palestinese per mano dei soldati israeliani e della conseguente morte di una giornalista che indagava sul caso. La storia è narrata in Un dettaglio minore che, per straordinaria coincidenza esce in Italia edito da La Nave di Teseo, (l’editore del libro di Patrick Zaki, la cui presentazione è stata rifiutata da più parti; fra tutti, proprio per i commenti dell’autore su questo conflitto, è stata cancellata dalla trasmissione di Fabio Fazio, nella sua prima puntata sulla rete televisiva 9 !) Il racconto è vero è preso da una realtà accaduta. Aveva vinto il premio alla Fiera del libro di Francoforte, ma con il conflitto odierno i responsabili hanno fatto un dietro-front incredibile e hanno cancellato la decisione già presa.
L’Adei, l’Associazione degli editori indipendenti, esprime in una nota «il proprio sconcerto e tutta la propria contrarietà per la cancellazione della cerimonia di premiazione di Adania Shibli decisa dalla Fiera di Francoforte…giudica incredibile che un’autrice pluripremiata, fra l’altro finalista all’International Booker Prize del 2021, i cui romanzi sono da tempo pubblicati in Italia, venga oscurata solo perché palestinese».
E tanto più stridente appare l’affermazione di voler dare più spazio e visibilità alle «voci ebraiche e israeliane». «La Buchmesse – sostiene Andrea Palombi, presidente di Adei – pur come fiera di diritti, è da sempre uno dei crocevia della cultura internazionale e come tale dovrebbe essere luogo in cui garantire il confronto più ampio, tra le voci più diverse a livello internazionale, anche e forse soprattutto quando il rumore delle armi si fa più assordante». Conclude Palombi: «Se resta doverosa la condanna assoluta di quanti non si preoccupano di fare strage fra i civili, operare esclusioni e censure solo in base alla nazionalità significa sottomettere anche la cultura alla logica delle armi».
Le poesie non potevano che riguardare la pace e, comunque, il tema della guerra. La prima è del poeta cinese lin Tien Min (1909-1993) che con la sua filastrocca potrebbe essere considerato un Rodari d’Oriente. Poi il camerunense Ndjock Ngana che da anni vive in Italia dove continua ad essere scrittore e poeta e diffusore dell’amore per la sua Africa. Infine, last but not least, Salvatore Quasimodo (1901-1968), premio Nobel per la letteratura (1959) e grande traduttore che invece ci parla della crudeltà e del dolore della guerra.
La pace
Non importa che tu sia
uomo o donna,
vecchio o fanciullo,
operaio o contadino,
soldato o studente o commerciante.
Non importa quale sia
il tuo credo politico
o quello religioso.
Se ti chiedono qual è la cosa
più importante per l’umanità
rispondi
prima
dopo
sempre
la Pace.
Li Tien Min (Cina)
Il Sangue
Chi può versare
Sangue nero
Sangue giallo
Sangue bianco
Mezzo sangue?
Il sangue non è indio,
polinesiano o inglese.
Nessuno ha mai visto
Sangue ebreo
Sangue cristiano
Sangue musulmano
Sangue buddista.
Il sangue non è ricco,
povero o benestante.
Il sangue è rosso.
Disumano è chi lo versa,
non chi lo porta.
Ndjock Ngana (Camerun)
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo
Buona lettura a tutti e a tutte nell’attesa della pace.
Il 17 ottobre scorso a Roma, all’Università di Roma Tre, nella sala Volpi è stata una bellissima giornata per Toponomastica femminile. Ne scrive per noi l‘autrice dell’articolo X Concorso “Sulle vie della parità”. Seconda premiazione. Il pomeriggio dello stesso giorno, alla presenza di moltissime e moltissimi docenti e studenti della facoltà di Scienza della Formazione si è svolto il corso a loro destinato, a cura delle nostre formatrici, “Insegnare a vivere la parità”, di cui vi parleremo in un prossimo numero.
Sfogliamo gli altri approfondimenti di questo numero, che ci presenta molte figure di donne. Per Calendaria 2023 incontriamo Svetlana Aleksievič. Nobel per la letteratura, prima scrittrice bielorussa e autrice di romanzi di inchiesta. Per la serie Grecità Fedra. Un silenzio che urla mentre in Musulmane memorabili troviamo due interessanti modelli di donne nell’articolo Il calcio femminile sul tetto del mondo. Karishma e Sumaira Inayat.
Che relazione c’è tra sport e femminismo? Se lo chiede l’autrice di Lotta femminista e sport in Italia con un interessante excursus.
La globalizzazione e la de-globalizzazione sono state la cifra degli ultimi 30 anni nel mondo e avrebbero richiesto un cambiamento del nostro sguardo eurocentrico. Come spesso facciamo, proviamo ad allargare lo sguardo al continente meno capito dalla nostra miopia con la recensione della seconda parte di Africa contro Occidente. Il numero di settembre di Limes, che ci riserva molte sorprese e ci fa ascoltare voci e narrazioni diverse. Affianchiamo a questo articolo la lettura di Le città globali di Saskia Sassen. Interdipendenza e disuguaglianze, una guida preziosa alla comprensione delle città in cui vivamo e delle diversità che le abitano. Inoltre, la globalizzazione è una delle cause della deforestazione; le altre sono analizzate accuratamente nell’articolo Foreste consumate.
L’anniversario che celebriamo è quello della morte di Ingeborg Bachmann, scrittrice poliedrica, la cui produzione letteraria è vastissima.
Per la nostra serie Cambiamo discorso. Architette, intervistiamo Monica Prencipe, architetta e storica dell’architettura, attualmente parte di un team di ricerca all’Università La Sapienza di Roma.
Ritorniamo ad occuparci di viaggi con Italiani e italiane a Parigi.
Il consiglio di lettura di questa settimana è per Le amanti di Elfriede Jelinek, secondo cui «il narrare è necessità, a volte urgenza, ma sempre atto politico».
Da sempre, in guerra, le donne sono vittime predestinate. L’autrice di Violenza di guerra, accanto a questo tipo di violenza maschile contro le donne, ci racconta anche quella fatta all’ambiente e al Pianeta dalle armi utilizzate nelle guerre mondiali e dagli esperimenti, avvenuti spesso a nostra insaputa e coperti da segreto, dopo la fine del secondo conflitto scatenato in Europa ed esteso poi al mondo. Qualcosa di cui difficilmente si parla e che invece è indispensabile ricordare in questi tempi di «terza guerra mondiale a pezzi».
Difficile cambiare argomento e alleggerire dopo queste osservazioni. Proviamo a farlo, ostinatamente, chiudendo la nostra rassegna, come al solito, con la ricetta dei Ravioli cinesi vegani al vapore, augurando a tutte e tutti buon appetito.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Un editoriale gonfio di appelli alla pace. GIUSI ne parla con vari accetti. Ma la riflessione più profonda nella sua semplicità
Giusi l’affida al poeta Lien ten Min. Giusi conosce l’efficacia delle parole . Mi complimento per la critica all’assurdo no alla Fiera del.libro alla scrittrice palestinese. Un ottimo editoriale. Come sempre. Un abbraccio.
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E io come faccio Luciano carissimo a non abbracciare te. In piu ti ripeto ho l’orgoglio di averti tra i piu cari tra i miei letyori. E tu con la scrittura e con le parole ci hai kavorato tutta ka yua vita kavorativa al Messaggero ( che io amo semore) e oltre. Ti voglo bene e ti stimo.
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