Il complesso monumentale del Belvedere di San Leucio a Caserta – luogo stupendo, patrimonio dell’Unesco – è stata la prestigiosa sede del XII Convegno nazionale di Toponomastica femminile, dal titolo Sulle vie della legalità, che si è svolto dal 20 al 22 ottobre 2023.


In una provincia al 99° posto, per qualità della vita, su 107 province italiane – come si legge nel programma – gli obiettivi sono: sostenere il riconoscimento del valore dell’impegno e del sapere femminile alla lotta alle mafie e all’illegalità attraverso la legislazione, la professionalità e l’associazionismo; promuovere la cultura della legalità, in particolare quella locale, per riportare alla luce donne che, in tale ambito, si sono distinte; sviluppare consapevolezza nei soggetti istituzionali ed educativi in merito alla violenza del silenzio e dell’invisibilità, scardinando il sistema culturale e valoriale che alimenta tali comportamenti prevaricanti e discriminatori; proporre modalità di intervento che portino a nuovi equilibri per una società sana, giusta e di pari opportunità di riconoscimento per cittadini e cittadine; progettare azioni di cittadinanza attiva che coinvolgano vari componenti della società e della comunità locale, affinché le nuove generazioni abbiano diversi modelli identitari e nuovi stili di vita.
Questi i moltissimi interventi, che si sono susseguiti negli intensi tre giorni del convegno, che hanno parlato di strade della giustizia, vicoli dell’illegalità, viali delle pari opportunità e piazze della solidarietà.



Ha aperto il convegno, a nome delle associate Tf casertane, Fosca Pizzaroni, che ha ricordato come il territorio casertano sia caratterizzato da associazioni e enti che si adoperano per affermare le vie della legalità e il convegno ha lo scopo di mettere in luce tutte queste realtà combattenti, con l’invito all’ascolto e all’aiuto reciproco, per fare rete e contrastare un nemico subdolo, determinato da una sottocultura dell’illegalità difficile da sconfiggere. Dopo i saluti portati dall’assessore Enzo Battarra per l’amministrazione comunale, la presidente di Toponomastica femminile, Maria Pia Ercolini, ha sottolineato l’importanza di dare visibilità alle donne nello spazio pubblico e attenzione al linguaggio, e si è rivolta soprattutto alle giovani e ai giovani dicendo – per fare un esempio di come il linguaggio esprima concetti che possono nascondere molti stereotipi – che le ragazze non sono “le governanti” della casa, ma “le governanti” del mondo, due dimensioni essenzialmente diverse, per le quali il linguaggio comune, che va rivoluzionato, prevede per il termine “governante” riferito al femminile l’ambito domestico, mentre il riferimento al maschile è l’ambito politico.

Impossibile restituire le emozioni e l’interesse suscitato dai vari interventi, e anche dare spazio, in un solo articolo, alla molteplicità delle relazioni che hanno dato vita alle numerose sessioni e tavole rotonde del convegno, per molte delle quali si prevedono presentazioni dettagliate in successivi numeri della nostra rivista. Ne riprendiamo solo alcuni e per brevi passaggi. Del primo panel, moderato da Lidia Luberto, dopo la visione del toccante cortometraggio sulla violenza contro le donne, Io vivo per te, commentato dall’autrice e interprete Rita Raucci, ricordiamo come Graziella Priulla chieda “il rispetto nelle parole” nel momento in cui denuncia la misoginia presente nei social media (da cui immancabilmente siamo tutte e tutti condizionati), strettamente intrecciata a ciò che è il patriarcato, troppo spesso assente dai programmi scolastici. Le parole offensive, umilianti, violente contro le donne diventano poi pensiero, nei social sono amplificate dalle immagini e hanno una diffusione infinita, andando, con i cellulari, anche in mano di bambini e bambine, che con quelle si formano. Si arriva a una cultura dello stupro. Priulla definisce conigli mannari coloro che prima, come lupi mannari, urlano tutta la loro ignoranza e il loro odio sessista e omofobo nascondendosi nell’anonimato di una tastiera, ma poi, una volta individuati, immediatamente si ritraggono e timidamente si scusano.
Il magistrato Francesco Menditto fa riflettere su quanto il genere umano abbia perso, nei secoli passati, annullando le donne, cioè impedendo loro di esprimere tutte le loro capacità, il loro valore, il loro pensiero. È utile ricordare come la collaborazione con Toponomastica femminile abbia portato ad allestire presso la procura di Tivoli una mostra sulle artiste dimenticate e questo è un esempio che deve essere trasmesso per rendere sempre più giustizia al genio femminile. Passando al lavoro di magistrati e magistrate, afferma che tutti i diversi tipi di violenze sulle donne devono essere considerati atti criminali e chi li compie “delinquenti”, da giudicare senza attenuanti o pregiudizi culturali di alcun tipo.

Nella sessione successiva, moderata da Livia Capasso, la magistrata Paola di Nicola affronta il tema di come stereotipi e pregiudizi impediscano spesso alle donne, anche nelle aule dei tribunali, di avere pari trattamento e rispetto. Se non si tien conto di questo, avviene che le vittime di violenza sessuale possano sì essere ascoltate, ma non vengono capite! Parla di nome, norma, e normale, tre parole che hanno la stessa radice e se applicate alle donne possono dire molto. Chi dà nome alle cose e agli animali nella Genesi è l’uomo principe della creazione, la donna viene creata dopo… anche oggi le donne in troppi ambiti (professionali ma non solo) non hanno nome, entrano in una realtà che le esclude. Quando le donne vi entrano, rompono le regole, scardinano le norme, escono dal silenzio in cui dal mito a oggi le si vuole relegate. Così se normale è considerato tutto ciò che ha nome, che rientra nella regola, le donne sono eccentriche, sfuggono al modello di normalità. Questo ordine, millenario, è iscritto anche nel linguaggio e si riproduce in ogni ambito della società in modi sempre diversi, domina anche nella visibilità o invisibilità nella toponomastica, per cui occorre esserne consapevoli per individuare quella modalità attraverso cui quella gerarchia simbolica si riparametra, per smascherarla.

Tante altre argomentazioni e dibattiti si sono succeduti, che saranno ripresi in seguito. Qui alcuni momenti:


Foto di Nadia Marra



Giuseppina di Biasio. Foto di Giovanni Salvio


Foto di Giovanni Salvio
Momento importante è stata l’inaugurazione della targa dedicata alla magistrata Francesca Morvillo, in una zona di Caserta in cui sono già da tempo ricordati i giudici Falcone e Borsellino.

Anche le visite guidate hanno caratterizzato la tre giorni casertana. Oltre al complesso monumentale del Belvedere, con l’allestimento della mostra di Toponomastica femminile “Le madri della Repubblica”, si è visitato il museo della seta e il sito medievale di Caserta Vecchia (Foto di Sylvie Kaminski e Tina Secondo).













Una significativa conclusione, per percorrere le vie della legalità in modo giusto e solidale, nell’attesa di approfondire tutti gli interessanti interventi attraverso le relazioni che ci invieranno le esperte e gli esperti presenti al convegno, è questa definizione di legalità utilizzata da Sara Marsico nelle sue lezioni di diritto ed economia, non la definizione squisitamente giuridica (che si presta a fraintendimenti perché legali ma ingiuste erano le leggi razziali, legali ma ingiusti sono oggi i provvedimenti nei centri per il rimpatrio, che di fatto sequestrano le persone per lunghissimo tempo): «Legalità è rispetto della propria e altrui umanità».
Arrivederci al convegno del prossimo anno.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. È vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea.
