La mostra di Jenny Saville a Firenze. Due anni dopo

La mattina di sabato 30 ottobre 2021 ― nel corso del X Convegno nazionale di Toponomastica femminile intitolato “Maestre d’arte in cammino” a cura di Giuliana Sabia si svolse una visita guidata al Museo del Novecento di Firenze, in occasione della mostra diffusa dedicata all’artista inglese Jenny Saville.

Museo Novecento

Il Museo è allestito nell’antico Spedale delle Leopoldine, in piazza Santa Maria Novella, proprio dalla parte opposta rispetto alla splendida basilica omonima; ospita l’arte italiana del XX secolo e propone dipinti, sculture, video, istallazioni e documenti oltre a una collezione permanente di circa un centinaio di opere in ambienti diversi. È ordinato in senso cronologico, tematico e interdisciplinare, allo scopo di costituire un’esperienza immersiva che affianca ai lavori esposti postazioni multimediali, dispositivi sonori e sale video. Inaugurato ufficialmente il 24 giugno 2014, un ampio nucleo è formato dalla collezione prestigiosa dell’ingegner Alberto Della Ragione, donata alla città nel 1970, comprendente magnifici pezzi unici di pittori italiani: Sironi, Morandi, De Chirico, Rosai, Casorati, Carrà, De Pisis, Guttuso. Si tratta per lo più di dipinti, ma non mancano sculture di Manzù, Marini, Fontana. Dopo l’alluvione del 4 novembre 1966, insieme al generoso mecenate, vari artisti donarono all’epoca proprie opere a Firenze, al fine di compensare le notevoli perdite del patrimonio artistico causate dalla furia delle acque. Anche queste dunque fanno parte del patrimonio permanente.

Jenny Saville

Al momento del Convegno il Museo accoglieva, in mostra temporanea, dal 30 settembre 2021 al 27 febbraio 2022, un gran numero di tele di Jenny Saville, di cui il direttore artistico Sergio Risaliti aveva ideato e curato un progetto espositivo mastodontico, promosso dal Comune, organizzato da MUS.E e sostenuto da Gagosian; si era voluto in tal modo mettere in evidenza la correlazione fra i dipinti e i disegni dell’artista inglese e i capolavori dei maestri del Rinascimento italiano. Altre opere, sul totale di un centinaio, alcune delle quali realizzate per questo evento epocale, erano esposte eccezionalmente negli spazi del Museo di Palazzo Vecchio, nel Museo dell’Opera del Duomo, nel Museo degli Innocenti e nel Museo di Casa Buonarroti. Finalmente Jenny era ritornata a Firenze, là dove, da ragazzina, era stata colpita da tanta bellezza e ne ricevette ufficialmente le chiavi dalle mani del sindaco Dario Nardella.

Cortile interno Museo Novecento

Ma facciamo il punto per conoscere da vicino Jenny Saville, pittrice originaria di Cambridge, nata il 7 maggio 1970, membro del Young British Artists, gruppo di Visual Artist attivi a Londra dal 1988 fra cui si segnalano Damien Hirst e Tracey Emin. Ha studiato presso la Scuola d’arte di Glasgow, fra 1988 e 1992, e ha trascorso un periodo all’Università di Cincinnati. Negli Usa ha soggiornato anche nel Connecticut, nel 1994, e a New York ha potuto osservare un chirurgo plastico al lavoro per studiare a fondo la fragilità e la resistenza della carne umana, nelle sue infinite trasformazioni. Tutte le sue prime opere hanno come soggetto l’artista stessa, che, con la sua ricerca, ha analizzato in modo critico e messo in dubbio i canoni di bellezza imposti dalla società contemporanea, scrivendo una nuova, fondamentale pagina del nudo nell’arte. I suoi temi privilegiati appartengono alla classicità: volti, corpi, gruppi di più figure, maternità e coppie di amanti presentati in pose che ricordano modelli della tradizione rinascimentale e moderna. Realizzati su tele di enormi dimensioni, i dipinti a olio di Jenny Saville hanno una forza comunicativa immediata e sconvolgente, le sue forme umane sembrano respirare e vivere in un’altra dimensione, anche conturbante. In un’intervista ha affermato: «La normalità è noiosa, bello è solo ciò che possiede una goccia di veleno».

Propped. 1992, Jenny Saville

Nel periodo della sua adolescenza le regole su come dovesse essere un corpo femminile “bello” erano molto rigide: con la figura di Propped (1992) tenta di rientrare nei confini del ruolo ordinato della società patriarcale. Qui raffigura sé stessa, nuda, con le ginocchia quasi deformate e le mani a uncino davanti ai nostri occhi, intenta a osservare il suo riflesso in uno specchio annebbiato e include una citazione della filosofa femminista franco-belga Luce Irigaray: «se continuiamo a parlare allo stesso modo – parlando come gli uomini hanno parlato per secoli, siamo una delusione l’uno per l’altro. Ancora una volta le parole passeranno attraverso i nostri corpi, sopra le nostre teste – scompariranno, ci faranno sparire…».

Sin da bambina Saville studia come la carne si modella se stimolata da un peso, da un materiale avvolgente. Nel suo percorso di studi ha approfondito moltissimo le forme, la muscolatura, il corpo, anche in senso anatomico, senza disdegnare la diretta osservazione di cadaveri umani e di animali macellati, portando avanti uno studio dettagliatissimo delle sculture e un’attenzione minuziosa di più corpi intrecciati, come appare evidente in Folcrum (1999), in cui tre individui (forse donne) giacciono avvinghiati strettamente senza alcun intento erotico.

Folcrum. 1999, Jenny Saville

L’unione di più figure, spesso orizzontali, è infatti ricorrente nelle sue opere che contemporaneamente affrontano argomenti attuali come l’immigrazione, il sesso o le lotte per le questioni di genere ma con un continuo rimando a maestri di varie epoche e lo si può notare nei visi evocativi, nelle pieghe della carne sovrabbondante o nella confusione degli arti. Saville oltrepassa i limiti e lavora fondendo stile figurativo e astratto, impiegando forme che risaltano la gestualità, riuscendo a porre al centro della storia dell’arte la figura umana, che sia un corpo o un volto. Tradizione e avanguardia si uniscono e si trasformano evolvendosi, mentre riconosciamo nei soggetti, nelle pose, nel linguaggio e nei segni il senso del nostro tempo. Da sempre è stata attratta dalla carne, in particolare dalla sua imperfezione e da soggetti mutilati o schiacciati dal peso e dall’esistenza, persino in modo sgradevole e disarmonico.

Jenny Saville studia in maniera intensa le sculture di Michelangelo e i dipinti di Tiziano e Tintoretto che hanno avuto un ruolo fondamentale nei suoi lavori e lo si può notare da donne e uomini raffigurati, nei loro atteggiamenti, nei volti che dirigono lo sguardo altrove. L’esplorazione del corpo, a volte, è rappresentata in frammenti a metà tra sogno e realtà, come accade in Ebb and Flow (2015).

Ebb and flow. 2015, Jenny Saville
Strategy (South Face/Front Face/North Face).
1993-1994, Jenny Saville

l’artista ritrae una figura femminile di proporzioni assai voluminose, attraverso una triplice visione: lato destro, lato sinistro, di fronte, ma dal basso, accentuando la gravità delle membra, decisamente prive di grazia e semisvestite. Il dipinto è progettato per mostrare la discrepanza tra il modo in cui le donne sono rappresentate nei media e come sono effettivamente molte di loro, nella cruda realtà.

Second Natur. 2020, Jenny Saville

Nel grande quadro Second Nature (2020) Saville raffigura un sorprendente volto di giovane donna, per lo più in rosso con un po’ di giallo e azzurro, mentre un grigio ardesia fa da sfondo. Gli occhi, le narici e le labbra pronunciate del soggetto sono rese splendidamente, risultando espressive e piene di sentimento. Allo stesso tempo, l’artista include in tutto il dipinto pennellate completamente a mano libera, con maggior forza nella parte superiore e inferiore della testa. La fronte è caratterizzata da una spazzolatura che si allinea con lo stile di de Kooning, mentre le gocce sotto il mento e sul collo possono essere paragonate agli effetti “schizzati” di Pollock.

Virtual. 2020, Jenny Saville

Procedendo in questo itinerario ideale, pur sintetico, facciamo il punto su Virtual (2020): corpi e visi sono scomposti e ricomposti affinché ogni singola parte possa essere osservata nella sua specificità. Gli occhi e la bocca della donna ritratta in frammenti guardano dalle finestre che ormai vediamo solitamente sugli schermi dei nostri computer. Un cubismo picassiano riletto in chiave virtuale. L’opera trae ispirazione dalla vita contemporanea e, con gli effetti luminosi creati dalla sovrapposizione delle ricche pennellate di colori, rimanda al riflettersi dei mosaici bizantini.

Rosetta II. 2005-2006, Jenny Saville

Concludiamo con l’emozionante Rosetta II (2005-6) che ritrae il volto di una giovane donna non vedente conosciuta dall’artista, centrata rispetto alla tela ma in posizione inclinata, quasi sfuggente. In tal modo si propone una sorta di innalzamento mitico ma anche una purificazione delle passioni. Nel dipinto, dove campeggiano gli occhi vuoti e assenti, si sintetizza, inoltre, la sfida tecnica della pittrice: far convivere una tendenza analitica, figurativa, con movimenti più irrazionalistici e istintivi vicini all’astrattismo.

Da quella importante mostra che abbiamo ritenuto significativo celebrare sono trascorsi due anni e Saville ha proseguito, di successo in successo, il suo percorso di innovazione, di ricerca, di sperimentazione, di approfondimento. L’artista (donna) più quotata al mondo una cui opera raggiunse all’asta il record imbattuto di 12 milioni di dollari, dopo aver vissuto alcuni anni a Palermo, con le due figlie oggi risiede e lavora a Londra da dove diffonde universalmente la sua creatività.

Il presente testo è un ampliamento e una rielaborazione dell’intervento di Giuliana Sabia; al suo gusto e alla sua sensibilità si devono le scelte e, in generale, la descrizione delle opere prese in esame.

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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