Biochimica e ingegnera statunitense, nel 2018 ha ottenuto il Premio Nobel per la Chimica «per l’evoluzione diretta di enzimi, peptidi e anticorpi».
Frances Hamilton Arnold, nata a Pittsburgh (Pennsylvania) il 25 luglio 1956, figlia di Josephine Inman e del fisico nucleare William Howard Arnold, cresce nel sobborgo di Edgewood, diplomandosi nel 1974 all’Allderdice High School. Nel frattempo viaggia facendo l’autostop fino a Washington per protestare contro la guerra del Vietnam e si mantiene da sola, lavorando come tassista e cameriera in un jazz-club.

Si laurea in Ingegneria meccanica e aerospaziale alla Princeton University nel 1979, concentrando la sua ricerca sull’energia solare; il suo lavoro di redazione della tesi, svolto nel laboratorio di Harvey Warren Blanch, riguarda le tecniche di cromatografia di affinità, tecnica di laboratorio divisa in tre fasi di utile uso pratico nella separazione delle biomolecole. Nel 1985 consegue un dottorato di ricerca in Ingegneria chimica all’Università della California, Berkeley.
Nel 1986 entra nel California Institute of Technology come ricercatrice: viene presto promossa assistente alla cattedra e, successivamente, nel 1992 professoressa associata e nel 1996 professoressa ordinaria. Nel 2013 viene nominata direttrice del Centro di Bioingegneria Donna e Benjamin M. Rosen di Caltech. Lavora inoltre con la National Academy of Science’s e la Science & Entertainment Exchange, aiutando gli sceneggiatori di Hollywood a trattare accuratamente gli argomenti scientifici; addirittura interpreta sé stessa nell’episodio 18° della stagione numero 12 della serie televisiva The Big Bang Theory, dal titolo The Laureate Accumulation e cioè “La mobilitazione dei luminari”.https://youtu.be/fK2QULttcmQ al minuto 3:09.
È davvero una scienziata eccezionale e fervida inventrice: deposita, infatti, oltre quaranta brevetti negli Stati Uniti e nel 2005 co-fonda Gevo Inc., una società per la produzione di carburanti e prodotti chimici da fonti rinnovabili; nel 2013, con due dei suoi ex studenti, Peter Meinhold e Pedro Coelho, fonda la società chiamata Provivi che si occupa della ricerca alternativa ai pesticidi per la protezione delle colture. Non finisce qui: il 24 ottobre 2019 il Papa la nomina Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze; il 13 dicembre dello stesso anno riceve dall’Università degli Studi di Padova il dottorato ad honorem in Scienze molecolari, su proposta del Dipartimento di Scienze chimiche e sulla base dei suoi meriti scientifici, «per il metodo rivoluzionario dell’evoluzione guidata di proteine che si ispira alla selezione naturale per accelerare in laboratorio lo sviluppo di nuovi biocatalizzatori rivolti all’industria chimica e farmaceutica e alla produzione di biocarburanti in processi ecosostenibili».

Nel corso della brillante carriera ha focalizzato, dunque, le sue ricerche sull’impiego degli enzimi nei più diversi campi, dalla farmaceutica alle terapie antitumorali, dalla produzione di carburanti organici (biocarburanti) ai pesticidi non chimici. Inizia, così, a collezionare meritatissimi premi: nel 2016 le è stato conferito il prestigioso Millennium Technology Prize, e prima ancora nel 2001 il Charles Stark Draper Prize; nel 2005 il Food, Pharmaceuticals and Bioengineering Division Award, AIChE e il Francis P. Garvan-John M. Olin Medal, ACS; nel 2007, l’Enzyme Engineering Award e il FASEB Excellence in Science Award. Fino ad arrivare al 2018 quando ottiene il Premio Nobel per la Chimica «per l’evoluzione diretta degli enzimi», dividendolo con George P. Smith e Gregory P. Winter per la loro tecnica chiamata Phage display, in cui un batteriofago o fago, cioè un virus che infetta i batteri, può essere usato per evolvere nuove proteine. La sua idea è da sempre quella di sfruttare l’evoluzione per produrre proteine in modo sostenibile, così come quella di avere a disposizione carburanti che non richiedano l’estrazione dal sottosuolo, bensì il lavoro silenzioso di lieviti che trasformano gli scarti agricoli, così come sistemi di protezione delle colture dagli insetti parassiti senza spruzzare una goccia di pesticida. Il Nobel del 2018 non sarebbe potuto andare a scoperta migliore dato che era dedicato alle ricerche che migliorano la vita degli esseri umani sul pianeta Terra nella riduzione della loro impronta ecologica.

Le parole per introdurre il conferimento del premio sono state: «Da quando i primi semi della vita sono spuntati circa 3,7 miliardi di anni fa, quasi tutti gli angoli della Terra si sono riempiti di organismi diversi. La vita si è estesa a sorgenti calde, oceani profondi e deserti aridi, tutto perché l’evoluzione ha risolto una serie di problemi chimici», frasi che sottolineano l’importanza della chimica oggi per lo sviluppo di soluzioni utili alla stessa sopravvivenza del genere umano. E continuando: «Gli strumenti chimici della vita, le proteine, sono stati ottimizzati, modificati e rinnovati, creando un’incredibile diversità. I Nobel per la Chimica di quest’anno sono stati ispirati dal potere dell’evoluzione e hanno usato gli stessi principi, il cambiamento genetico e la selezione, per sviluppare proteine che risolvono i problemi chimici dell’umanità».

Frances Hamilton Arnold, che conduce nel 1993 il primo studio sull’evoluzione degli enzimi, proteine che catalizzano le reazioni chimiche, alla fine della sua ricerca è riuscita ad affinare metodi per sviluppare nuovi catalizzatori: i ‘suoi’ enzimi sono utilizzati per produrre sostanze più rispettose dell’ambiente! «Penso a quello che faccio come copiare il processo di progettazione della natura», ha detto in un’intervista con NobelPrize.org. «Tutta questa straordinaria bellezza e complessità del mondo biologico deriva da questo semplice e bellissimo algoritmo di progettazione». Già nel 1980 aveva cercato di ricostruire gli enzimi, ma poiché sono molecole molto complesse costruite da diversi amminoacidi che possono essere combinati all’infinito, aveva trovato difficile rimodellare i geni degli enzimi per dare loro nuove proprietà. Perciò nel 1990 abbandona quello che chiama il suo «approccio un po’ arrogante» di cercare di creare enzimi modificati attraverso la sua logica e conoscenza ed esamina il modo in cui la natura fa le cose. Parte dunque dall’evoluzione. Ha aperto, così, la strada al metodo di bioingegneria; da allora questo metodo è stato ulteriormente raffinato ed è oggi usato dalle aziende e dai laboratori di tutto il mondo per rendere più efficiente la produzione di nuovi medicinali, ma anche di biocarburanti e di detergenti e detersivi per il bucato più “verdi”, solo per citare alcuni esempi, con numerose ricadute via via sempre più positive per tecnologie e processi di trasformazione amici dell’ambiente.

Frances Hamilton Arnold è membro dell’Advisory Board del Joint BioEnergy Institute e del Packard Fellowships in Science and Engineering, e fa parte del President’s Advisory Council della King Abdullah University of Science and Technology (Kaust). Attualmente, inoltre, è nella giuria del Queen Elizabeth Prize for Engineering.
Nel 2018 ha trionfato la chimica “green” e Arnold è la quinta donna nella storia dei Nobel a vincere il premio per la Chimica, lei mai al verde quanto a premi!
Qui le traduzioni in francese, inglese, spagnolo.
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Articolo di Virginia Mariani

Docente di Lettere, unisce all’interesse per la sperimentazione educativo-didattica l’impegno per i temi della pace, della giustizia e dell’ambiente, collaborando con l’associazionismo e le amministrazioni locali. Scrive sul settimanale “Riforma”; è autrice delle considerazioni a latere “Il nostro libero stato d’incoscienza” nel testo Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.
