L’ottobre di Toponomastica femminile

Poche riescono a essere belle come l’ostinata indipendenza dei libri di poesia.
Tu li apri e ci rovisti dentro come fossero cassetti carichi di vestiti: provi, scarti e indossi solo quello che ti fa stare bene, ignorando il tempo fuori.
È solo il tempo dentro che serve e conta e detta legge.
Nei libri di poesie non interessa il prima o il dopo: ti fermi dove capita, dove serve, e va bene così.
La stazione di posta di oggi si chiama L’Odio, di Wisława Szymborska che, in questo mese di ormai ventisette anni fa, venne insignita del Premio Nobel per la letteratura:

«Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.
Religione o non religione –
purché ci si inginocchi per il via
Patria o no –
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.
Oh, quegli altri sentimenti –
malaticci e fiacchi!
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?
Diciamoci la verità:
sa creare bellezza
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.
È un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro.
– lui solo».

All’odio, però, il vantaggio non lo vogliamo lasciare. E lottiamo e ci impegniamo affinché esso arrivi a essere, finalmente, un mero retaggio del passato. Forse non ci riusciremo, ma almeno ci stiamo provando.
E ci proviamo ogni mese, con le nostre attività e iniziative.

Questo ottobre, in particolare, è stato caratterizzato dal convegno nazionale, il XII, che Toponomastica femminile ha organizzato a Caserta, dal 20 al 22: una tre giorni intensa, con incontri e conferenze, accolta dal Complesso Monumentale del Belvedere.
A ciò era preceduto, martedì 17, nell’Aula Volpi del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre, l’incontro per la seconda giornata di premiazione del concorso Sulle vie della parità, a cui nel pomeriggio è seguito il corso di formazione Insegnare a vivere la parità.
Il giorno 8 ottobre si è invece tenuta, a Cesarò, la cerimonia di intitolazione di una “Camera d’autrice” alle sorelle Anna e Giuseppina Torrisi Colonna.
La stessa cosa è avvenuta domenica 9, a Giardini Naxos, a Sibilla Aleramo.
Sabato 14, presso la sede Anpi di Orte, in provincia di Viterbo, Sara Balzerano e Paola Spinelli si sono incontrate per presentare il libro Le volontarie della libertà, scritto da Mirella Alloisio e Giuliana Beltrami.

A Torino, dal 12 al 15 ottobre si è tenuto il Women and the city, per la ricerca storica nella toponomastica del Piemonte. Hanno presenziato Eva Desana, avvocata e professora ordinaria di Diritto commerciale all’Università di Torino, nonché membro del Comitato scientifico Cirsde, Maria Grazia Grippo, presidente del Consiglio Comunale di Torino e presidente della Commissione Toponomastica, Gabriella Morabito, responsabile della Biblioteca della Deputazione Subalpina di storia patria, e Loretta Junck, referente piemontese di Toponomastica femminile: l’analisi dei toponimi e l’uso pubblico della storia sono elementi necessari per comprendere le motivazioni che compaiono nelle indicazioni di nomi di strade, luoghi e più in generale di tutte le denominazioni. Il confronto è essenziale per riflettere sulla sua evoluzione nella rappresentazione storica e nella toponomastica femminile.
Sempre a Torino Loretta Junck ha partecipato, sabato 14, al palabras en Fiesta 2023, festival salvadoregno durante il quale la cultura e l’arte di questo Paese sono stati letti in un’ottica di genere.
Giovedì 19, presso la scuola media “San Giovanni Bosco” di Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo, Sara Balzerano ha donato agli studenti e alle studenti della cittadina copie del libro Una strada per Rita. Inoltre, il giorno 31, nei medesimi locali dell’istituto, è stata inaugurata la mostra Le Nobel.

Il giorno 26 si è tenuto a Licata il quarto salotto culturale del gruppo licatese di Tf, dal titolo Donne e scienza: storie da raccontare.
Sabato 28, la presidente Tf Maria Pia Ercolini ha partecipato al Venus Festival nel XI Municipio di Roma.
Nella stessa giornata, a Lodi, in piazza Broletto, alle ore 11.00 si è tenuto l’incontro Parole che fanno la differenza, nell’ambito del ciclo di eventi Donne di parola-Il racconto di donne alla ricerca di un mondo senza barriere, alla presenza, come relatrice, della vicepresidente Tf Danila Baldo. Infine, a Sora, in provincia di Frosinone, nell’ambito del progetto Altra Verso, sostenuto dalla Regione Lazio, il giorno 30 è partita la prima mostra sulle viaggiatrici di ieri e di oggi.
L’ottobre di Toponomastica femminile di chiude qui.
E se all’inizio di questo articolo abbiamo “parlato” di odio, adesso è tutto il suo contrario che respira nei versi adorati, ancora una volta, di Wisława Szymborska:

«Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore».

Al prossimo mese.

***

Articolo di Sara Balzerano

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Laureata in Filologia Moderna, è giornalista pubblicista e ha collaborato, con articoli, racconti e recensioni, a diverse pagine web. Ama i romanzi d’amore e i grandi cantautori italiani, la musica di Einaudi, la poesia, i gatti e la pizza. Il suo obiettivo principale è avere, sempre, la forza di continuare a chiedere Shomèr ma mi llailah (“sentinella, quanto [resta] della notte”)? Perché crede nei dubbi più che nelle certezze; perché domandare significa — in fondo — non fermarsi mai. Studia per sfida, legge per sopravvivenza, scrive per essere felice.

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