Esther Duflo. Nobel per l’economia

Motivazione del Premio Nobel: «Perché i suoi studi hanno sensibilmente migliorato la nostra capacità di combattere la povertà nella pratica e per il suo approccio sperimentale a ridurre la povertà globale».

Esther Duflo, economista franco-americana, nasce a Parigi il 25 ottobre del 1972 da madre pediatra, impegnata nel volontariato per l’aiuto all’infanzia vittima di guerra, e padre professore di matematica. Attratta fin da piccola dalle figure di madre Teresa di Calcutta e Albert Schweitzer, si interroga assai presto sulle ragioni della sua fortuna di ragazza che può dedicarsi a sviluppare i propri talenti, mentre a molte altre persone nel mondo, comprese alcune a lei vicine, il sistema economico non dà le stesse opportunità. Studia storia ed economia alla École Normale Superieure di Parigi, completando il dottorato in Economia al Mit nel 1999, dopo averne conseguito uno a Parigi e avere insegnato all’Università di Princeton. Il suo curriculum è ricchissimo di pubblicazioni, relazioni e dottorati honoris causa presso le più prestigiose università, tra cui Oxford, Yale, Harvard e London School of Economics. È la più giovane vincitrice, a 46 anni, nel 2019, del Premio Nobel per l’Economia e la seconda donna, dopo Elinor Ostrom, a riceverlo, anche se condiviso con il marito e collega universitario Abhijit Banerjee e con Michael Kremer. Dopo il Master al Mit decide di rimanere nel tempio dell’economia statunitense, dove oggi ricopre l’incarico di professoressa di Economia dello sviluppo e per la riduzione della povertà nella facoltà intitolata a Abdul Latif Jameel, a coronamento di una carriera iniziata come associata a soli 29 anni.

Il merito più grande di Esther Duflo e del suo gruppo di ricerca è di avere fatto apprezzare al Mit l’importanza di un tema, considerato per molto tempo marginale: la riduzione della povertà in una facoltà di Economia. Questo è potuto avvenire, oltre che per la grande determinazione e autorevolezza di Duflo, definita da Forbes nel 2007 una delle dieci persone in grado di cambiare il mondo e dall’Economist una delle più influenti, per l’approccio nuovo della studiosa e del suo movimento diretto a ottenere risposte affidabili, perché riferite a temi e casi specifici, sulle vie migliori per combattere la povertà globale.

L’economista che parla l’americano con un gradevolissimo accento francese e che da piccola era considerata un maschiaccio ha lanciato un nuovo modello per la ricerca economica, applicando un rigoroso metodo scientifico ai progetti di sviluppo nei Paesi poveri, metodo fondato sulle indagini del Pal, Poverty Action Lab, di cui è stata cofondatrice ed è tuttora Presidente, una rete internazionale di ricerca per combattere la povertà. Come lei stessa ha affermato: «La povertà si può combattere, ma i modelli teorici non bastano. Non abbiamo bisogno di previsioni oracolari. Lavoriamo sul campo». E Duflo sul campo c’è stata davvero, soprattutto in Africa e in India.  «Cerchiamo di creare un legame tra scienza e azione – continua – e abbiamo preso in prestito dalla medicina il metodo di valutazione random, confrontando gli effetti di iniziative contro la povertà su un gruppo sperimentale e su un gruppo di controllo». Si tratta di un «laboratorio di esperimenti empirici», che adotta un approccio pragmatico volto a testare su basi concrete l’impatto delle strategie elaborate attraverso l’analisi controfattuale (randomized controlled trial), per andare a fondo ed individuare i meccanismi che generano la povertà, il sottosviluppo e le disuguaglianze economiche.

Donna di grande semplicità, dotata di un notevole senso dell’umorismo e di umiltà, emersa anche nel suo discorso in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel, in cui ha riconosciuto che i suoi studi sono il frutto di uno sforzo collettivo a cui hanno preso parte moltissime persone, dice di sé di essere stata una studente “tuttofare” e senza inclinazioni particolari. Quando ha scoperto l’economia ha compreso che poteva rappresentare la chance di fare qualcosa per i temi che le stavano a cuore. Una volta approdata al Mit ha seguito i seminari di quello che sarebbe diventato suo marito e in due decenni ha trasformato insieme a lui e ad altri/e l’Economia dello sviluppo, che oggi è un fiorente campo di ricerca. Secondo Duflo gli studi di Economia dello sviluppo si sono fatti sfuggire negli anni passati alcuni dettagli e gli interventi proposti non sono stati sempre in grado di raggiungere i risultati sperati, con grande dispendio di risorse e investimenti e politiche economiche sbagliate. Il metodo di Duflo si differenzia sia da quello di chi propone imponenti trasferimenti alle Nazioni povere, sia da quello di chi rifiuta tale aiuto ritenendolo una forma di paternalismo del mondo ricco e si applica a molte tematiche all’interno della povertà globale, come la sanità, l’istruzione, l’agricoltura e le questioni di genere. Il metodo si basa su una sperimentazione molto simile a quella clinica usata per testare un nuovo farmaco. Quando si sperimenta un nuovo farmaco, il campione è scelto a caso, somministrando a un certo numero di persone dei placebo e ad altre il farmaco sperimentale con i suoi principi attivi. La valutazione aleatoria utilizzata da Duflo funziona esattamente nello stesso modo.

Tra i tanti esempi di nuove politiche per la mitigazione della povertà è da ricordare quello adottato per superare le difficoltà di vaccinazione di bambini e bambine nel Rajasthan secondo il programma governativo. «I genitori avevano l’impressione che non si trattasse di qualcosa di urgente. Il vaccino era una prevenzione, non una risposta ad una crisi immediata. Questione di mentalità». Di qui la proposta, estremamente semplice: regalare un chilogrammo di lenticchie a chi si presentava per effettuare i vaccini. Dai risultati è emerso che il gruppo a cui era stato assegnato un chilo di lenticchie aveva triplicato il tasso di vaccinazione. Nel gruppo a cui l’incentivo non era stato dato il tasso di vaccinazione era rimasto invariato.

L’approccio innovativo di Duflo e di colleghi e colleghe consiste nel suddividere la povertà globale in questioni più piccole, affrontabili più facilmente, come ad esempio escogitare interventi più efficaci per migliorare i risultati dell’istruzione della gioventù o la sua igiene, come combattere la malaria o come ridurre la dispersione scolastica in alcuni Paesi. Debellare i vermi e quindi migliorare la salute dei bambini e delle bambine può essere un approccio vincente per aumentare la partecipazione alla didattica, come acquistare un’uniforme scolastica per le e gli studenti che non frequentano perché non se la possono permettere.

Essere sul campo, raccogliere dati, cercare di capire direttamente per essere utili nell’immediato, questo lo spirito del nuovo modo di affrontare le «trappole di povertà», toccando i tasti giusti, smontando il luogo comune, sperimentato sul campo, che le persone povere sarebbero indolenti. Duflo si rammarica della scarsa presenza delle donne in tutte le professioni, ma soprattutto in campo economico e ne ravvisa la causa nei temi troppo aridi e tecnici affrontati da economisti maschi e bianchi, che rendono l’economia poco interessante. L’economia deve essere umana e mettersi al servizio della collettività, individuando strumenti in grado di affrontare le sfide di oggi: riscaldamento globale, lavoro e giustizia sociale. E le donne devono essere incoraggiate a effettuare questi studi, anche seguendo il suo esempio.

Esther Duflo riceve il Premio Nobel

Tra i libri scritti da Duflo, oltre alle numerose pubblicazioni, ricordiamo Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty, con Abhijit V. Banerjee e nel 2019, sempre con il marito, Una buona economia per tempi difficili, edito in Italia da Laterza. Tra i tanti riconoscimenti vanno citati quello di Commendatrice dell’ordine della Legion d’onore (2020-Francia) e Ufficiale dell’Ordine nazionale al Merito (2013- Francia). Come Marie Curie anche Esther Duflo ha destinato la somma ricevuta per il Premio Nobel alla ricerca.

Qui il link alla traduzione francese, inglese e spagnola

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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