Si parla di Women Gardeners in un bel convegno a Pescia

Sabato 18 novembre, dalle 9 alle 12, si è tenuto nell’aula magna dell’Istituto tecnico agrario “Dionisio Anzilotti” a Pescia (Pistoia) il convegno Women Gardeners: aspetti della giardineria femminile in età moderna, realizzato in collaborazione con la sezione Storia e Storie al Femminile dell’Istituto Storico Lucchese e il patrocinio di Toponomastica femminile e dell’amministrazione comunale.

Women Gardeners locandina

I lavori sono stati introdotti e coordinati dalla professoressa Laura Melosi, direttrice di Storia e Storie al Femminile. Dopo i saluti della vice-Dirigente scolastica e dell’assessora delegata alle P.O. Cristiana Inglese, il primo degli interventi è stato tenuto dalla professoressa Lucia Tongiorgi Tomasi, già ordinaria di Storia dell’Arte all’Università di Pisa e accademica dei Georgofili e dei Lincei, che ha parlato di alcune pittrici botaniche del Seicento. A seguire, la professoressa Vincenza Papini, fondatrice e a lungo direttrice di Storia e Storie al Femminile e studiosa sismondiana, ha trattato delle esperienze toscane della famiglia Sismondi tra giardino e paesaggio. Per concludere la dottoressa Paola Fanucci, storica dell’arte, ha illustrato la tematica al centro delle sue ricerche e del suo volume edito da Ets, grazie a esempi di donne giardiniere nella storia e in rapporto con la creazione e la cura del giardino.

Pescia – Tavolo con volumi di Toponomastica femminile e Storia e Storie al Femminile – foto di Laura Candiani

Il seminario di ricerca e approfondimento, aperto anche a un pubblico interessato al duplice tema: attività femminili e giardineria, si inserisce nel quadro delle proposte didattico-formative per le classi dell’Istituto che si concluderanno nel mese di aprile 2024 con la realizzazione della annuale manifestazione “Naturalitas”. In quest’ottica sono stati coinvolti in particolare gli/le studenti delle classi IV A e IV B dell’indirizzo “Gestione dell’Ambiente e del Territorio”.

Pescia – Istituto Tecnico Agrario – l’ingresso –
foto di Laura Candiani

La prof.ssa Tongiorgi Tomasi ha esordito ricordando come alle donne fosse preclusa in passato la formazione artistica, e la conseguente carriera, anche se molte lavoravano nelle botteghe di padri e mariti, come Marietta Robusti detta la Tintoretta, ma pur sempre ai margini, occultate in seno a due luoghi chiusi: il convento o la casa. I soggetti ai quali si potevano dedicare riguardavano ambiti tipicamente femminili: bozzetti per ricami, decorazioni, miniature, ritratti, quanto insomma richiede la “femminil pazienza”; nel Seicento tuttavia, con la rivoluzione scientifica, l’utilizzo di strumenti nuovi come il microscopio, l’arrivo di frutti e fiori dal Nuovo Mondo, l’uso sempre più significativo della stampa, si assiste a un graduale coinvolgimento di pittrici dedite alle nature morte e, soprattutto, alla diretta osservazione di piante e animali dal vero. La loro opera è preziosa per illustrare libri di zoologia e di botanica, talvolta con incisioni colorate direttamente a mano. Ben presto parecchie di loro però non si limitano a “copiare”, ma divengono loro stesse ricercatrici, scienziate, studiose, nonostante siano prive di una specifica formazione. Prendiamo il caso di Isabella Cattani che realizza un bellissimo Herbario e disegna le curiose piante arrivate dal Messico, fra cui il girasole. Anna Maria Viviani, definita da Galileo “fanciulla di grandissimo talento”, è fra le primissime artiste che firma autorevolmente le proprie opere, comprese le tavole che illustrano il suo libro del 1633; è anche la prima a servirsi del microscopio per cogliere minimi dettagli altrimenti invisibili, come quando riproduce alla perfezione il seme dell’ibisco. Giovanna Garzoni (1600-1670), più famosa delle precedenti, ha avuto un omaggio straordinario quando a Palazzo Pitti le è stata dedicata nel 2020 la mostra La grandezza dell’universo (vedi Vv n.66).

Giovanna-Garzoni – Natura morta con popone su un piatto, uva e una chiocciola -1642-51

Sono rimaste insuperabili le sue composizioni di fiori, ma anche i cesti ricolmi di umili ortaggi di uso quotidiano e di frutti in varie fasi della maturazione, con piccoli insetti, farfalle, lucertole e le mosche così realistiche che viene voglia di scacciarle. Non sono mancate nella sua vasta e varia produzione le incredibili miniature di quadri celebri, apprezzatissime dalla famiglia Medici, e i ritratti di animali, come la cagnolina seduta su un tappeto rosa che sembra parlarci. Persona indipendente, che non aveva mecenati né uomini influenti vicino a sé, ebbe l’onore unico per una donna artista di essere sepolta nella chiesa dell’Accademia di San Luca, il più esclusivo circolo di pittori, scultori, architetti della capitale. Altra grande illustratrice fu Maria Sibylla Merian (1647-1717) che visse nei Paesi Bassi e compì un’impresa memorabile: un bel giorno abbandonò casa, famiglia, tranquillità borghese e andò con la figlia Dorothea nel Suriname, ai confini con il Brasile, dove visse circa due anni per studiare e ritrarre la natura selvaggia della foresta centroamericana. Da questa esperienza nacque un affascinante volume pubblicato nel 1705 in cui le immagini colgono frutti inediti e originali come l’ananas o la papaia, ma anche aspetti della metamorfosi degli insetti e dettagli dal vero per nulla rassicuranti, né idilliaci né tipicamente femminili: la lucertola tende l’agguato al bruco, il ragno è pronto ad avvolgere la mosca nella sua tela, le fauci del coccodrillo sono minacciose, l’iguana appare inquietante nella sua “mostruosità”.

Maria Sibylla Merian- Tavola dalla Metamorfosi degli insetti del Suriname

Dopo la trattazione di queste formidabili artiste-scienziate Vincenza Papini ha iniziato il suo intervento con una panoramica su diverse tipologie di giardini, partendo da Boboli per arrivare a un esempio contemporaneo di grande interesse, quello della villa di Celle, presso Pistoia, che il proprietario Giuliano Gori ha reso un parco di arte diffusa. Ha poi tracciato brevemente la storia della famiglia Sismondi, che si collega alla realtà pesciatina visto che questi benestanti signori ginevrini, la madre Henriette, la figlia Sara (1776-1835) e il figlio Charles (il futuro celebre storico ed economista), furono protagonisti di una anomala “emigrazione”, assai simile a una fuga: lasciarono infatti la Svizzera per l’incertezza della situazione politica e per una serie di disordini successivi alla Rivoluzione francese e in Toscana trovarono la “Svizzera pesciatina” dove si stabilirono. Amanti della campagna, delle lunghe passeggiate e della natura, cercarono una abitazione adatta alle loro esigenze che individuarono in quella che oggi è detta Villa Sismondi-Desideri ed è diventata la Biblioteca comunale. Curarono personalmente la sistemazione del giardino che abbellirono con una limonaia e si procurarono piante rare ed esotiche. All’interno fecero realizzare affreschi di case, di paesaggi campestri, di ambienti che ricordavano loro la tanto amata e rimpianta residenza dei nonni. Intanto, nel podere adiacente, sperimentavano nuove colture, terrazzamenti, potature, metodi efficaci di irrigazione, affascinati dalla bellezza del luogo e dai piccoli borghi abbarbicati sulle colline intorno. In seguito Sara, dopo il matrimonio, si prese cura di un altro giardino, quello della sua abitazione di Campugliano, dove si occupò della piantumazione e del riordino, grazie anche al premuroso invio di nuove piantine da parte del padre, rimasto a Ginevra. Sia l’avventuroso viaggio per raggiungere l’Italia sia la complicata condizione di fidanzata (lei calvinista, lui cattolico) e poi di giovane sposa di Anton Cosimo Dante Forti sono raccontate nelle vivaci pagine del suo diario da Sara, ma anche la madre scrisse per circa trent’anni, e sono letture avvincenti e affascinanti (vedi Vv n.120) che offrono uno spaccato di vita di grande interesse storico e sociale, sopravvissuto in un fondo d’archivio per oltre due secoli, finché la professoressa Papini lo ha scoperto e fatto conoscere grazie al volume From Geneva to Tuscany (2004).

Ha preso poi la parola la studiosa Paola Fanucci che ha scelto tre figure significative come esempi di moderna giardineria. Si inizia con Jane Wells Webb Loudon (1807-1858) che fu una apprezzata romanziera, autrice fra l’altro di The mummy! (1827), inquietante storia di fantascienza ambientata nel 2126. Dopo il matrimonio, affianca il marito botanico come aiutante e segretaria, ma si appassiona a tal punto che decide di studiare a fondo la materia e di divulgarla. Diventa allora prolifica scrittrice di libri dedicati alle donne, come Botany for Ladies, che illustra personalmente, convinta com’è che il gardening sia un’attività che fa bene al corpo ed eleva la mente, una forma di relax ma ancor di più uno spazio privato da gestire coinvolgendo figli e figlie. La sua rivoluzione consiste nell’insegnare le tecniche (dagli innesti alle talee) e nel disegnare grembiuli pratici, dotati da ampie tasche, visto che è impossibile chinarsi, muoversi e lavorare la terra con il busto, il cappellino, le scarpette col tacco, di moda allora per le signore. Suggerisce l’uso di guanti e di strumenti idonei, come piccole vanghe, carriole, forbici, spiegandone il corretto utilizzo. Si prosegue con un’altra innovatrice ed esempio di donna indipendente: Gertrude Jekyll (1843-1932) che voleva fare la pittrice, tanto che entrò all’Accademia d’arte di Londra nel 1861 e vi studiò la botanica applicata all’arte e all’uso dei colori. Per problemi di vista, abbandonò il suo sogno, ma ne ebbe un altro da portare avanti: si trasferì nel Surrey e cominciò a essere una gardener di professione, tanto che realizzò circa 400 giardini che imposero nel mondo lo stile inglese. Fra le sue idee e caratteristiche vanno segnalate la passione per il giardino “naturale”, la riscoperta delle piante spontanee, l’utilizzo di varie specie di fiori ben abbinati per colore e per momento della fioritura, a scalare durante l’anno, l’uso delle bordure e il rapporto stretto con il territorio e il paesaggio circostante. Fu lei a creare la prima scuola di giardinaggio pensata per le donne, nel 1902, e a realizzare libri per l’infanzia, corredati di realistici disegni di piante e fiori inseriti direttamente nel testo. Nel 1897 è stata la prima donna a ricevere il più alto riconoscimento per gli orticoltori britannici, la Victoria Medal of Honour della Royal Horticultural Society, che la premiò di nuovo nel 1929. Le è stata dedicata anche una rosa che porta il suo nome. L’intervento si è concluso con una contemporanea, Rachel Lambert Mellon, detta Bunny, nata nel 1910 negli Usa e morta a 103 anni compiuti nel 2014.

Rachel Bunny Lambert Mellon

Era la ricca moglie di un filantropo, una raffinata collezionista d’arte moderna, attivista democratica e arredatrice di dimore favolose; appassionata di orticultura e giardinaggio, da autodidatta iniziò a curare la propria tenuta, per diventare poi una progettista famosa. Viste le conoscenze altolocate, nel 1961 lavorò ai giardini della Casa Bianca e realizzò il roseto dedicato a Jackie Kennedy. In Francia si occupò fra l’altro di ridisegnare il giardino dello stilista De Givenchy e del restauro del Potager du Roi a Versailles. Fu pure studiosa e collezionista di libri antichi e preziosi dedicati alla botanica, alla zoologia, alla giardineria da cui trasse ispirazione per apprendere e diffondere tecniche quasi dimenticate, come la potatura e le talee; la sua meravigliosa raccolta di 19.000 volumi è divenuta una biblioteca pubblica e molti dei suoi beni sono stati donati in beneficenza. Con questa figura esemplare e i saluti di rito si è concluso il bel convegno, occasione preziosa per scoprire ancora una volta qualcosa di più sull’ingegno e la creatività delle donne.

In copertina: Pescia, Villa Sismondi-Desideri, ora Biblioteca comunale. Foto di Laura Candiani.

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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