Trecento anni fa Cuisnahuat, situato nella Cordigliera del Balsamo in El Salvador, si chiamava San Lucas Cusinagua. Era un piccolo paesino di poche case di fango, circondate da altissimi alberi di balsamo e profondi burroni. La vita ruotava intorno alla chiesa.
La maggioranza della popolazione, di origine pipil, parlava il nahuat, cercando di imparare un poco di spagnolo per comunicare con gli stranieri, ascoltando la messa e le preghiere recitate in latino dai sacerdoti di passaggio: una piccola Torre di Babele insomma. Le offerte e i rituali in onore del dio Xipe Tótek poco a poco si mescolarono con le offerte e le preghiere a San Luca Evangelista, a cui era dedicata la chiesa.
Nel paesino era sorta e prosperava una confraternita dedicata al Santo, in stretta relazione con le istituzioni ecclesiastiche che usavano queste organizzazioni per l’evangelizzazione dei popoli indigeni.
In un giorno qualsiasi di giugno del 1795, un prete che aveva viaggiato probabilmente a cavallo dal vicino paese di Armenia, nella attuale regione di Sonsonate, si apprestava alla elezione dei membri della Confraternita di San Luca, quei maggiordomi e aiutanti che avrebbero organizzato la festa l’anno successivo.
Gli abitanti del paese potevano offrirsi spontaneamente per ricoprire un ruolo fondamentale nella vita della Confraternita, fino ad allora un mondo soltanto di uomini. Ma in quel giorno assolato successe qualcosa di strano e di sconvolgente: una minuta ragazza del villaggio di appena quattordici anni, Francisca de Rosario, alzò la mano e chiese di poter entrare a far parte della Confraternita. Il prete, come i presenti, rimase sconcertato: le donne non potevano avere spazio nella Confraternita, al massimo le mogli dei maggiordomi potevano aiutare in cucina o spazzare la chiesa.
Francisca non era sposata, non aveva ancora dei figli, di questo se ne sarebbe occupata dopo: ora voleva dedicare il suo tempo, le sue capacità alla confraternita. Il matrimonio e la maternità erano secondarie per lei.
Quella mano alzata, quel chiedere di entrare in un mondo fino ad allora in mani maschili, rompono uno schema, una consuetudine, una regola, costringendo la società di allora ad accogliere i cambiamenti fino ad allora nemmeno immaginati.
Il prete, molto sconvolto e sufficientemente preoccupato, non sapendo come risolvere la situazione, visto che Francisca non arretrava né si metteva da parte, decide di iscrivere la ragazza nel libro della Confraternita come tenance, una parola nahuat che significa madre o signora, che rende la persona degna di rispetto e considerazione. E fu così che il nome di Francisca de Rosario fu iscritto nel libro della Confraternita di San Luca. Iniziò a recitare le preghiere nelle cerimonie ufficiali, a cucinare nelle feste, assegnare ordini e compiti, ufficialmente riconosciuta come autorevole tenance.
L’episodio suscitò lo stupore e la preoccupazione negli uomini, allegria e felicità invece nelle donne e bambine del villaggio. La cascata di nuovi eventi provocata dalla mano alzata di Francisca fu inarrestabile: l’anno successivo Atanasia de la Cruz venne nominata per accompagnare Francisca nei suoi impegni di organizzatrice della festa patronale. Questa volta però furono proclamate non solo più tenance bensì capitane.
Nel 1797 furono elette Juana Ygnocente, come tenance maggiore, e Maria Tomasa e Dominga de la Cabrada come sue compagne. Due anni dopo, María del Soccorro fu la prima capitana, le sue compagne erano María de la Asunción, Juana Eligica, Maria Ramos, Micaela Gerónima.
Dal 1795 al 1805 la partecipazione delle donne alla confraternita aumentò: dopo Francisca almeno 28 furono nominate capitane, i loro nomi sono scritti nel libro della Confraternita. In quella Confraternita, le donne non erano più le figlie, le sorelle, le madri, le spose, le vedove di un uomo. Erano valorizzate per il loro lavoro e devozione, rispettate e trattate come uguali dagli uomini, amate dal villaggio per la loro cura e fantasia nell’organizzazione della festa.

La parola di Francisca ha rotto il silenzio e insieme le catene che opprimevano le donne. L’eredità di queste pioniere a Cuisnahuat ha travalicato i secoli: oggigiorno le donne ricoprono incarichi importanti nelle Confraternite che ancora esistono in El Salvador. Hilda de Valladares, ad esempio, ha assunto l’incarico di maggiordoma nel periodo 2008-2009, mentre doña Pedrina è stata capitana nel 2008-2009.
La sua voce sia di esempio per tutte le donne e bambine salvadoregne che ancora oggi vogliono e devono prendere parola per riconquistare la propria dignità.
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Articolo di Maria Teresa Messidoro

Classe 1954, insegnante di fisica, da quarant’anni vicina alla realtà latinoamericana, in particolare a El Salvador, e con un occhio di genere, è attualmente vicepresidente dell’Associazione Lisangà culture in movimento; è scrittrice per diletto ma con impegno e spirito solidario.
