Pochi giorni dopo la scomparsa, avvenuta a Turi (Ba) il 13 gennaio 2022, uscì un bell’articolo di Concita De Gregorio (D-Donna, 29-1-22) che voleva essere un omaggio a Chiara Samugheo, la prima fotografa professionista italiana, ma anche una sorta di rimprovero alla scarsa memoria dei media che non ne avevano ancora celebrato il giusto ricordo, come si fa normalmente quando se ne va un personaggio che ha segnato un’epoca. Animatrice della vita culturale del dopoguerra, cavaliera della Repubblica e cittadina onoraria di Francia, aveva meritato solo qualche scarno trafiletto sulla cronaca locale; niente in tv, niente sui quotidiani nazionali, niente nelle pagine della cultura. De Gregorio raccontava di essersi allora rivolta per informazioni inedite al regista Gianni Torres che da anni stava raccogliendo con lei e su di lei materiale per un film ancora da realizzare.
Chiara Paparella era nata a Bari il 25 marzo 1925 (anche se tutta la vita dichiarò dieci anni meno) ma ne era letteralmente fuggita nel 1953 alla volta di Milano, dove frequentò corsi di recitazione e mimo e il famoso bar Jamaica, crocevia di artiste/i e intellettuali.

Venne in contatto con personaggi di spicco come Alberto Moravia, Enzo Biagi, Pasolini, Montale, Quasimodo, Strehler, Dario Fo e fece amicizia con il giornalista Pasquale Prunas, di origine sarda, fondatore della rivista Sud e poi suo compagno che le suggerì come pseudonimo il nome di una cittadina dell’isola, Samugheo appunto, in provincia di Oristano; la coinvolse anche nell’avventura di una nuova rivista, dedicata per lo più al cinema e al fotogiornalismo, Le Ore, che ebbe vita fino al 1967. Dopo una breve esperienza come cronista, passò alla fotografia su consiglio di Federico Patellani, importante reporter di guerra e autore di reportage dedicati ai mutamenti sociali. Su questa linea si mosse Chiara che effettuò servizi destinati a durare come quello sulle tarantolate, fenomeno magico-religioso di alcune aree del Sud, a cui poté accostarsi in quanto donna e che fece epoca; le immagini senza precedenti comparvero su Cinema Nuovo nel gennaio 1955 col titolo Le invasate. Ma si occupò anche, con uguale passione, delle baraccopoli napoletane, degli scugnizzi e delle donne di etnia rom chiuse in carcere.

Realizzò poi servizi fotografici nell’epoca della “dolce vita” divenuti preziosi libri illustrati e inseriti nelle maggiori riviste internazionali; fu così che ritrasse le dive del momento, cogliendone tuttavia aspetti originali, entrando nel loro intimo, scrutando il loro animo al di là della bellezza e del contesto brillante ed effimero. «La forza delle attrici ― amava dire ― è la loro personalità, è il loro carattere che le fa uniche». Sue celebri immagini ci rimandano i corpi e i volti senza tempo di Sophia Loren, di Claudia Cardinale, di Liz Taylor, di Silvana Mangano, di Monica Vitti, con un contributo significativo al successo dei film del periodo. Molte di queste comparvero su un settimanale all’epoca assai diffuso in Italia: il Radiocorriere.
Nel 1956 fu invitata alla Mostra del Cinema di Venezia e da allora per un trentennio le sue foto divennero le copertine di Life, Stern, Epoca, Vogue, Vanity Fair, Paris Match; fu cercata persino da Cartier-Bresson per inserirla nella “squadra” della mitica agenzia Magnum, ma lei rifiutò perché voleva essere libera, nonostante fosse una rarità in un mondo professionale dominato dagli uomini. La sua fama cresceva tanto che ritrasse fuor di retorica i familiari di Mussolini a Predappio e fu accolta alla corte dello Scià di Persia e dal produttore di Hollywood Joe Pasternak, mentre si spostava fra Usa e Giappone, fra Spagna e Francia. Samugheo non aveva una propria sala di posa e affermava che «una macchina vale l’altra, è solo una scatola»; usava il bianco e nero o il colore secondo le circostanze e i soggetti, ma sempre senza interventi sulla pellicola o in fase di stampa. A Hollywood immortalò in modo spontaneo ed efficace, lontano dai set e con luci naturali, Marlon Brando, Cary Grant, Gary Cooper.

Una volta rientrata a Roma fu spesso ospite della casa di Fellini, con cui entrò tanto in confidenza da ritrarre il regista e la moglie Giulietta nell’intimità. Ancora nel mondo del cinema frequentava Sordi, Antonioni, De Sica, Visconti. Divenne cara amica di Raffaella Carrà a cui fece centinaia di foto che ne accrebbero la notorietà, furono oggetto di mostre monografiche e oggi fanno parte del mito. Negli anni Ottanta strinse amicizia con l’on. Bettino Craxi che seguì nei viaggi istituzionali e che divenne uno fra i suoi soggetti preferiti, e questo forse in seguito le è costato un po’ di ostilità da parte degli avversari politici e ha contribuito alla facile dimenticanza.

Nel 1987 Chiara, rimasta senza figli e senza legami stabili, si trasferì a Nizza dove aprì un proprio atelier in rue Droite, la strada degli artisti; la sua abitazione era un vero museo ricco di opere d’arte di contemporanei che vanno da Pistoletto a Schifano a Fontana. Quando si ammala e non le è più possibile vivere da sola, i parenti la vogliono far rientrare in Italia e la fanno ospitare in una residenza idonea a Turi. Scrive De Gregorio: «Per gli amici diventa difficilissimo parlarle, incontrarla. I pochi che l’hanno fatto dicono che chiedesse di tornare a casa». Invece è proprio lì che trova la morte.
In tutta la sua lunga vita professionale realizzò circa 165.000 scatti. L’imponente archivio delle foto è conservato presso il Centro studi e archivio della comunicazione (Csac) dell’Università di Parma. Una piccola parte del suo fondo, e precisamente 514 foto realizzate dal 1950 al 1970 (nudi, moda, pubblicità, ritratti), si trova invece presso la Fondazione 3 M a Pioltello, vicino a Milano, il cui catalogo è liberamente consultabile facendo un sorprendente salto nel passato.

Elencare le mostre in cui ha esposto le sue foto è praticamente impossibile, sarebbe una lista lunghissima; diciamo allora che ha spaziato dall’Italia al Brasile, dalla Francia a New York. Al Museo Guggenheim è presente un suo celebre scatto dedicato alle tarantolate di Galatina. Altrettanto lungo l’elenco dei riconoscimenti, fra cui spiccano la medaglia d’oro di Cinecittà e vari premi internazionali. Particolarmente ricca e interessante la realizzazione di bellissimi libri fotografici, molti dei quali incentrati su aspetti vari della vita, dei paesaggi e della cultura della Sardegna: Natura magica della Sardegna, Vanità sarda, Bacco in Sardegna, Sardegna, quasi un continente, Costumi di Sardegna. Altri volumi sono rivolti al mondo del cinema, all’arte (Vicenza e Palladio), agli ambienti più suggestivi (I Nebrodi), alle masserie pugliesi, a città italiane affascinanti come Lucca, ma anche a momenti di gioia e di svago, come quello sul carnevale di Rio, nei quali accompagna alle immagini testi propri di grande acutezza, a testimonianza dei suoi tanti interessi.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
