Il 21 ottobre 2023, seconda giornata del convegno Sulle vie della legalità di Toponomastica femminile, dal titolo I viali delle pari opportunità, è stato presentato l’intervento di Tiziana Petrillo, Consigliera nazionale dell’ordine degli ingegneri, assessora di Caserta fino al 2019, ingegnera elettrica, impegnata nella prevenzione incendi. Come sottolinea la moderatrice del tavolo, Rosa Maria Petrella, questo è il primo di tre interventi da parte di pioniere nel loro settore – le altre due sono Annalisa Alois e Rita Parente, due imprenditrici di cui parleremo nel prossimo articolo – che raccontano la loro storia ed esperienza in settori a forte predominanza maschile.

Riportiamo qui il suo intervento: «Nel contesto attuale, segnato da rapidi cambiamenti tecnologici e da una crescente consapevolezza ambientale, il ruolo dell’ingegneria nel plasmare il futuro della nostra società assume un’importanza sempre maggiore. In questo scenario, gli ingegneri non sono solo progettisti e costruttori, ma veri e propri custodi dell’innovazione responsabile. Come Consigliera del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni), mi trovo quotidianamente a riflettere su come la nostra professione possa contribuire allo sviluppo sostenibile e all’evoluzione della società, interpretando l’ingegneria non solo come una disciplina tecnica, ma come una forza capace di guidare il progresso in modo equilibrato e inclusivo.
In questo contesto, il Cni svolge un ruolo cruciale. Come ente rappresentativo della categoria professionale degli ingegneri in Italia, il nostro compito va oltre la tutela degli interessi dei nostri iscritti e iscritte. Abbiamo il dovere di agire come ponte tra la comunità ingegneristica e la società, promuovendo la qualità delle prestazioni offerte e interpretando le esigenze di un mondo in rapida evoluzione. In questa luce, le nostre azioni e le nostre parole assumono un peso significativo, poiché contribuiscono a modellare non solo il futuro della professione, ma anche quello della società in cui viviamo.
Uno dei passi più importanti in questa direzione parte da uno studio del World Economic Forum, secondo il quale oltre il 75% delle aziende prevede di aumentare gli investimenti in big data, il cloud computing e intelligenza artificiale nei prossimi cinque anni. L’indagine condotta prevede che nei prossimi cinque anni il 35% dei compiti lavorativi aziendali sarà eseguito da macchine e non da esseri umani.
La domanda che dobbiamo farci è: la società è pronta per questo? È pronta non solo a sostenere questo cambiamento, ma a guidarlo? La risposta non può che partire dal sistema educativo e accademico. Se, da un lato, le discipline Stem offrono le migliori prospettive occupazionali, dall’altro, sono tra le meno popolari tra i/le giovani. I dati forniti dall’Istat lo confermano: solo un quarto dei giovani opta per percorsi di studio in ambito tecnico-scientifico. Questa tendenza è ancora più marcata tra le donne: solo 1 ragazza su 8 si aspetta di lavorare come ingegnera o in professioni scientifiche.
Questo gap ha origine nei primi anni di scuola. Secondo Save The Children già alla conclusione della scuola primaria, le ragazze presentano una media di 4,5 punti in meno rispetto ai loro coetanei maschi. Questo divario si amplia nel corso degli anni, raggiungendo i -6,1 punti al secondo anno delle scuole superiori e aggravandosi ulteriormente fino a -9,8 punti nell’ultimo anno. Questa tendenza si manifesta con chiarezza sia nella scelta del liceo che nell’ambito universitario. Nei licei scientifici, ad esempio, i maschi rappresentano il 26% del totale dei diplomati, superando la quota del 19% delle femmine. Analogamente, si osserva una marcata discrepanza negli istituti tecnici, dove solo il 22% dei diplomati sono ragazze, una percentuale significativamente inferiore rispetto al 42% dei loro coetanei maschi.
E sul lavoro? Come vanno le cose? L’ultima analisi diffusa da Forbes mette in luce una disparità retributiva globale tra generi del 17%. In altre parole, se una giovane di vent’anni inizia oggi in un percorso lavorativo a tempo pieno, nell’arco della sua carriera avrà accumulato 400mila dollari in meno rispetto a un suo omologo maschile, nonostante condividano identiche responsabilità e ruoli. L’ampio divario diventa più evidente con l’avvento della maternità; la disparità salariale di genere si fa più marcata per le donne nella fascia di età intorno ai 30 anni, coincidente con gli anni di fertilità più elevata.
Inoltre, considerando l’elenco delle società elencate nella Fortune 500, che rappresenta le aziende più imponenti degli Stati Uniti in termini di fatturato, appena oltre il 10% vede una figura femminile ricoprire il ruolo di Ceo, equivalente a 53 aziende.
La situazione in Europa mostra un quadro ancora meno incoraggiante: le donne che ricoprono il ruolo di amministratrici delegate sono solo il 7%, come rilevato dall’European Women on Board.
Nonostante gli anni recenti abbiano visto significativi progressi, secondo i dati del Centro Studi del Cni, le donne costituiscono ancora meno del 27% dei laureati in Ingegneria nel nostro paese. La questione della disparità di genere si aggrava ulteriormente quando si esamina l’ambito lavorativo: a un anno dal conseguimento della laurea in Ingegneria, la percentuale di disoccupazione tra gli uomini è del 10,6%, mentre tra le donne sale al 16,3%. La situazione rimane analogamente preoccupante in termini di retribuzione. A cinque anni dalla laurea magistrale, il reddito netto mensile degli ingegneri è di 1.755 euro, mentre per le loro controparti femminili si attesta a 1.487 euro.
È indispensabile domandarci: quali sono le radici di queste disparità? È una questione che non solo riguarda le cifre e le statistiche, ma tocca il tessuto stesso della nostra società e i suoi valori. Le risposte a queste domande possono non essere completamente esaustive, ma sono fondamentali per iniziare a scalfire la superficie di una questione tanto complessa. Una delle principali barriere che impediscono l’ingresso e la permanenza delle donne nel settore Stem è la persistenza di pregiudizi di genere radicati. Questi pregiudizi, spesso subdoli e non riconosciuti, iniziano a manifestarsi sin dalla più tenera età. È in quegli anni cruciali che le ragazze possono iniziare a credere che le discipline Stem non siano per loro, a causa di messaggi errati provenienti da vari settori della società.
Il pregiudizio di genere si estende ben oltre le scelte educative. Influisce anche sulle decisioni assunte nei processi di selezione e gestione del personale nelle organizzazioni. Le aspettative sociali tradizionali, unite a una mancanza di modelli di ruolo femminili nel settore, possono scoraggiare le donne a perseguire carriere nelle Stem o ad avanzare in posizioni di leadership.
A livello organizzativo, i pregiudizi di genere possono influire sulle decisioni di assunzione e promozione. Se chi prende le decisioni non è consapevole dei propri pregiudizi inconsci, può involontariamente favorire candidati uomini o sottovalutare le competenze e le contribuzioni delle colleghe femminili. Questo, a sua volta, perpetua una cultura organizzativa che limita l’accesso delle donne a opportunità eguali. Mi preme introdurre una riflessione che tocca il cuore dell’attuale struttura sociale e produttiva, che è cresciuta e si è consolidata su fondamenti che, culturalmente, associamo alla sfera maschile. Il nostro modo di concepire la produttività, la competitività e il potere porta l’impronta di una costruzione “maschile” che, nel tempo, ha modellato la nostra società. È una narrazione che ha, in modo preponderante, contribuito a definire, per contrasto, un modello “femminile”. Questa dualità ha creato una sorta di cortocircuito, simile a un serpente che si morde la coda, dando vita a un assetto societario che non solo valorizza i comportamenti tipicamente considerati “maschili”, ma contemporaneamente dissuade le donne dall’adottarli, etichettando peggiorativamente quelle che si discostano dalle norme di genere con termini come “maschiaccio”.
Questo sistema di valori radicati profondamente influisce sul modo in cui uomini e donne interagiscono nel mondo del lavoro, specialmente nei settori scientifici, dove la competitività e l’assertività sono spesso viste come qualità necessarie per il successo. L’Ingegneria – e, in maniera più ampia le Stem – sono “una cosa da maschi”. Questo modello ha anche contribuito a definire gli standard per la leadership, orientandoli verso uno stile autoritario piuttosto che collaborativo o inclusivo. La realtà è che la produttività, la competitività e il potere non sono né dovrebbero essere dominio esclusivo di un genere. Le donne hanno tanto da offrire in questi ambiti e possono apportare stili di leadership e modi di pensare diversi, che sono altrettanto validi e necessari per il successo e l’innovazione.
La sfida che abbiamo di fronte è quella di smantellare questi stereotipi di genere radicati e creare un ambiente che valorizzi una gamma più ampia di qualità e competenze, indipendentemente dal genere. È un passo necessario non solo per raggiungere l’equità di genere, ma anche per costruire organizzazioni più forti e innovative. Riconoscere e affrontare la natura di genere del nostro attuale sistema di valori è fondamentale. È un viaggio che richiede impegno, riflessione e un’apertura al cambiamento da parte di tutti e tutte noi, indipendentemente dal nostro genere.
In questo percorso, i simboli sono importanti. Per questo l’11 febbraio segna un appuntamento fondamentale nel calendario internazionale: la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Istituita nel 2015 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, questa giornata ha lo scopo di promuovere l’uguaglianza di genere nelle scienze e sostenere una piena ed equa partecipazione di donne e ragazze in questo campo. Una giornata che non solo celebra i traguardi raggiunti, ma ricorda anche gli ostacoli ancora presenti, dovuti a stereotipi e pregiudizi che rendono le carriere femminili in ambito scientifico un percorso a ostacoli.
L’importanza di questa giornata è rafforzata dalla proposta di legge dell’on. Marta Schifone, che mira a istituire la Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, dal giorno 4 al giorno 11 febbraio. Un’intera settimana dedicata alla divulgazione e sensibilizzazione, con l’obiettivo di smontare gli stereotipi di genere che ancora oggi influenzano la scelta educativa e professionale di molti giovani, in particolare delle ragazze.
È tempo di un cambiamento culturale, dove le materie Stem non siano percepite come appannaggio esclusivo di un genere. La proposta di legge e le iniziative come la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza vanno in questa direzione, incoraggiando la partecipazione attiva e consapevole di tutti i talenti, a prescindere dal genere.
La nostra società, in ogni suo strato, beneficia immensamente quando tutti i suoi membri hanno pari opportunità di contribuire e di crescere. Questo principio è tanto più vero nel settore scientifico, dove la diversità di prospettive e competenze è vitale per l’innovazione e la soluzione creativa dei problemi. Non possiamo permetterci di ignorare o sottovalutare il talento e le capacità di oltre metà della popolazione».
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.
