Nata a Ferrara intorno al 1575 e morta nel 1620, o poco dopo, fu monaca agostiniana, clavicembalista insigne e compositrice di valore, ma detto questo per conoscerla più da vicino si deve iniziare dalla sua musica che, in parte, possiamo ascoltare ancora oggi. La sua composizione più nota e più eseguita è T’amo, mia vita (in altre versioni: Io v’amo, vita mia), un brano per coro con alcuni momenti per voce femminile solista davvero sublime. Va precisato che in seguito ben altri 18 musicisti hanno composto su questo testo, ma lei è stata la prima, e forse la più brava. Il London Oriana Choir gli rende piena giustizia, come pure il Collegium Musicum dell’University of Georgia, evidente segno che la sua arte si è trasmessa nei secoli e ha varcato mari e oceani. Bellissimo il pezzo polifonico Baciai per aver vita, nell’esecuzione della Cappella Clausura, e pure Hor che la vaga aurora, per arpa doppia e liuto, con la suadente voce del soprano Lavinia Bertotti. E ancora Al turbar dei bei lumi con la Corale della città di Trento e Se del tuo corpo grazie all’ensemble Voxabulaire. Vari brani si possono ascoltare anche nell’interpretazione del Quadrivium di Parigi, nella suggestiva cornice della cappella del Museo delle Arti e dei Mestieri. È davvero una fortuna rara a distanza di oltre quattro secoli poter apprezzare la sua produzione ascoltandola così come era stata creata.


La madre di Vittoria si chiamava Giulia e il padre fu un celebre architetto: Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta perché in questa cittadina dell’Emilia-Romagna era nato, nel 1546; fu anche perito agrimensore e scenografo, attività all’epoca assai apprezzata nelle corti per realizzare allestimenti teatrali che destassero meraviglia. Fino dalla più piccola età la bambina poté seguire le lezioni di musica impartite alla sorella maggiore Raffaella, prima dal maestro Alessandro Milleville, poi da Ercole Pasquini, dimostrando predisposizione spiccata per l’ascolto e l’armonia. Per darle una formazione più ampia e approfondita fu mandata quattordicenne nel convento ferrarese di San Vito, rinomato proprio per gli studi musicali. Il drammaturgo e poeta Giovanni Battista Guarini scrisse appositamente per la giovane monaca otto madrigali che lei musicò; furono raccolti nella Ghirlanda de’madrigali a quattro voci e stampati a Venezia nel 1593 dall’editore Giacomo Vincenti. Un’altra sua composizione, il madrigale a cinque voci Di pallide viole, era stata inserita due anni prima nel volume Giardino de’musici ferraresi, insieme a quelle di vari autori affermati.
Alcuni studi hanno avanzato l’ipotesi che in realtà Raffaella, detta a sua volta l’Argenta, straordinaria organista e prima donna a pubblicare nel 1593 musiche sacre di sua composizione (Sacrae cantiones a 5, 7, 8, 10 voci), e Vittoria siano la stessa persona, dato che le monache, quando entrano in convento e prendono il velo, solitamente cambiano il proprio nome. Una prova sarebbe che, nei documenti del convento di San Vito, Vittoria non viene citata, mentre Raffaella ne fu addirittura badessa. Anche il testamento del padre menziona Raffaella, ma non Vittoria. Tuttavia, altrove il padre stesso ricorda (pur senza farne i nomi) che delle sue cinque figlie molto dotata per la musica era sì la maggiore, che entrò in convento per continuare gli studi, ma un’altra ascoltava e apprendeva con profitto durante le lezioni private in casa. Le figlie compositrici sembrerebbero essere quindi due, e ben distinte. Comunque i dubbi sono legittimi, pur se privi al momento di conferma. Purtroppo le notizie su entrambe rimangono nel vago, ma è stata una sorpresa trovare in un sito spagnolo un articolo dedicato a «9 mujeres que cambiaron la historia de la musica» in cui le due monache sono inserite, a fianco di celebrità come Barbara Strozzi, Ildegarda di Bingen, Paulina Duchambge (virtuosa di chitarra) e Maria Callas. Qui si forniscono alcune sintetiche informazioni che vogliamo condividere: innanzitutto che, nonostante l’epoca in cui la formazione culturale delle giovani era trascurata e certe professioni erano precluse alle donne, le Aleotti, grazie alle proprie qualità ma pure all’influenza del potente padre, poterono godere della benevolenza del papa e di varie corti europee e poi che riuscirono a formare a Ferrara una piccola orchestra interamente femminile che riscosse unanimi consensi.

È stato poi possibile rintracciare alcuni testi musicati da Vittoria ed esistono registrazioni dei suoi componimenti, non solo grazie a diversi filmati su YouTube (fra cui quelli citati), ma anche su disco, segno evidente del loro valore che ha sfidato il tempo. Per conoscere meglio la sua abilità di compositrice i madrigali vanno ascoltati, ovviamemente, e apprezzati per la loro finezza, per la varietà sonora, per la fusione delle voci, ma intanto possiamo leggere i versi sui quali lavorò:
«Se del tuo corpo hoggi la stampa horrenda
miro e penso al tormento empio et attroce
che soffer t’hai per me pendendo in croce
perch’io da’l tuo martir salute prenda,
Com’è che il freddo cor non si raccenda?
Che d’amor vann’hor viva fiamma coce?
Ma, lassa quel che giove e quel che noce
esser non può che ciec’alma comprenda».
«Io v’amo, vita mia,
Volli sovente dire
Ed ardo ahi lasso
Chiuse la voc’entro le labbi amore
E vergogna e timore
E mi cangiar d’huom vivo in muto sasso.
Amor, ma se to vuoi ch’i miei martiri
Io pur taccia e sospiri
Tu dilli à lei che mi consuma e sface
E le riscalda il sen con la tua face».
«Baciai per aver vita
Ch’ov’è bellezza è vita
Ed ebbi morte:
Ma morte sì gradita
Che più bramata sorte
Vivendo non avrei:
Nè più bramar potrei
Da sì soave bocca in un bel volto
Baciando, il cor mi fu rapito
E tolto».
Da questi esempi si nota chiaramente la voce maschile in prima persona, appartenente al poeta, e si avvertono i tormenti dell’amore, quando non viene corrisposto o è passato; l’Amore può essere personificato e divenire l’ideale interlocutore, alla maniera della lirica petrarchesca e rinascimentale. Nel primo testo invece sembrerebbe dalla quartina d’apertura emergere un riferimento religioso, alla crocifissione di Cristo, morto per la salvezza dell’umanità. È possibile allora dedurre che i temi prevalenti, come d’uso, ruotassero intorno all’amore di un uomo per una donna, con tutte le sue sfumature, e trattandosi di una monaca compositrice ce ne possiamo un po’ meravigliare; ma bisogna ricordare che all’epoca la musica sacra era appannaggio maschile, ecco perché la sorella Raffaella rappresenta una eccezione.

Il 4 giugno 2022, durante le prove aperte al pubblico dello spettacolo L’Accesa, la compagnia RimeSparse, a Olginate (Lecco), ha raccontato il proprio percorso di ricerca fra le artiste rinascimentali prese in considerazione; fra queste è stata inserita Vittoria Aleotti di cui sono state descritte le opere e rievocata la vita. Segno evidente che il suo nome continua a brillare nel panorama culturale, e non solo italiano.
Qui il link alle traduzioni in francese, inglese e spagnolo.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
