«Le monache di Santa Radegonda di Milano, nel possesso della musica sono dotate di così rara isquisitezza, che vengono riconosciute per le prime cantatrici d’Italia. Vestono l’abito cassinense del P.S. Benedetto, e pure sotto le nere spoglie sembrano à chi le ascolta, candidi, armoniosi cigni, che, e riempiono i cuori di maraviglia, e rapiscono le lingue à loro encomij. Frà quelle religiose, merita sommi vanti Donna Chiara Margarita Cozzolani, Chiara di nome, ma più di merito; e Margarita, per nobiltà d’ingegno, rara, ed eccellente, che se nell’anno 1620. ivi s’indossò quell’habito sacro, fece nell’essercitio della musica riuscite così grandi; che dal 1640. fino al 1650. hà mandato alle stampe, quattro opere di musica». (Abate Filippo Picinelli, teologo agostiniano, in Ateneo dei letterati milanesi, Milano,1670)

Doveva essere davvero incantevole la voce di ‘Donna Chiara Margarita Cozzolani’ “eccellente cantante”, come viene indicata nei frontespizi delle sue opere, ma il campo in cui si distinse fu la composizione musicale, al punto che Cozzolani, «perla rara», secondo l’etimologia del nome Margarita, fu annoverata tra le dodici religiose del Seicento che furono anche compositrici.
Nata a Milano il 27 novembre 1602, ultimogenita di una famiglia benestante di mercanti milanesi, Margarita Cozzolani ricevette l’educazione musicale in casa, come era consuetudine per molte giovani appartenenti ai ceti facoltosi di allora. Suoi maestri furono i Rognoni, bravi e noti insegnanti strumentali e vocali della città. L’amore per la musica non la lasciò mai e fu il leitmotiv di tutta la sua esistenza, che non venne meno, anzi non poté che aumentare e raggiunse le più alte vette dopo il suo ingresso nel Monastero benedettino di Santa Radegonda, a Milano, a cui fu destinata e in cui prese i voti, a 18 anni, con il nome di Chiara. Prima di lei avevano indossato l’abito monacale una sorella e una zia. «La clausura può essere necessaria per far sì che le giovani donne non rimangano nella casa paterna a rischio di perdere il loro onore, non solo con estranei, ma anche con i domestici di casa, e ciò che è peggio, persino coi propri fratelli e i propri padri!». Così scrive un gentiluomo di Bologna, come riporta Deborah Roberts nel suo studio sulle monache musiciste e compositrici italiane del Diciassettesimo secolo (reperibile in brightonconsort.org.uk). Il gentiluomo, continua Roberts, si riferiva soprattutto alle ragazze che, con la perdita della madre, avevano perso anche la propria protezione. Tuttavia, in città come Bologna e Milano, oltre il 60% delle giovani del ceto medio venivano mandate in convento, con o senza il loro consenso. Il motivo più frequente di queste scelte era collegato alla preoccupazione di salvare le fortune familiari piuttosto che sprecarle in costose doti matrimoniali. In un secolo già turbolento e violento la competizione e le lotte per il potere tra le più importanti famiglie condussero alla pratica di diseredare tutti i figli maschi tranne il primogenito, allo scopo di mantenere uniti i beni piuttosto che frammentarli e indebolire lo status della famiglia. I figli più giovani avrebbero dovuto provvedere a trovare la loro strada da soli. Le ragazze venivano mandate in convento.
Il Monastero benedettino di Santa Radegonda non esiste più, soppresso nel 1781 per rendere possibile la costruzione dell’attuale via Santa Radegonda, ma le descrizioni arrivate fino a noi lo presentano come un luogo molto bello, con quattro chiostri che includevano San Raffaele e San Simplicianino. La chiesa era doppia, secondo l’uso monastico. In questa cornice i canti e le opere di Chiara Margarita Cozzolani richiamavano enormi folle di fedeli che, attirate dalla musica, in origine composta solo per la preghiera del Monastero, e dalle voci delle monache, accorrevano nella chiesa del convento per ascoltare l’appassionato accompagnamento sonoro e il coro angelico.
Alcuni anni dopo il suo ingresso in convento, Chiara Margarita Cozzolani fu nominata abbadessa e priora e contribuì a guidare le monache in un periodo difficile, intorno al 1660, quando il Monastero fu preso di mira dal cardinale Alfonso Litta, seguace ideologico di Carlo Borromeo, che condusse una vera e propria battaglia contro la musica conventuale, limitandone i corsi e i contatti, da lui definiti “irregolari”, delle monache con il mondo esterno. Tra il 1676 e il 1678 Cozzolani scompare dall’elenco delle suore del convento senza che se ne conosca la ragione. Nei registri del Monastero, peraltro, la si descrive come coinvolta nelle dispute sulla regolamentazione della musica all’interno dell’istituto.
Purtroppo non si hanno documenti relativi alla sua prima composizione, Primavera di fiori musicali, del 1640, andata perduta nella distruzione della Biblioteca di Berlino del 1945, come anche la parte del basso continuo di una successiva edizione di mottetti a voce sola del 1648, di cui si conserva parzialmente il libro di soprano. Le sue quattro opere musicali furono composte tra il 1640 e il 1650, che è anche la data di creazione dei suoi Vespri.
Come sottolinea la pianista Nelly Lipuma, una parte del fascino della musica delle monache era la sua unicità timbrica. A Santa Radegonda, ricorda, non erano previsti uomini a cantare insieme alle monache né collaborazioni dall’esterno, per cui gli ensemble vocali e strumentali dovevano essere stati composti da sole donne. Ma nei monasteri, come anche negli ospedali veneziani, c’erano religiose e laiche dotate di voci molto basse per eseguire le linee del tenore e del basso. Inoltre, il basso strumentale aveva la funzione di rafforzare la linea del basso vocale. Una buona parte della musica composta da Cozzolani, nella sua forma stampata sopravvissuta, richiedeva il normale organico di voci miste: soprano, contralto, tenore e basso. La particolarità dei suoi arrangiamenti, secondo Lipuma, «stava nel fatto che le sue opere presentavano ben tre metriche per altrettanti ritornelli che si andavano a fondere con la sinfonia e i versi in doppi o tripli tempi».
Le monache dell’ordine di Santa Radegonda erano probabilmente molto preparate dal punto di vista della tecnica vocale, perché le composizioni sacre di Cozzolani presentano un alto livello di difficoltà tecnica. Inoltre, i suoi scritti ne fanno intuire la conoscenza della musica di Claudio Monteverdi, dell’Opera e di altri tipi di monodie precoci.

Dopo il 1650 la musica di Cozzolani non fu più pubblicata, probabilmente a seguito delle dispute con il cardinale Alfonso Litta, a cui l’indipendenza delle linee vocali della compositrice pareva eccessiva e che da tempo aveva iniziato a introdurre una serie di riforme in ambito musicale, dirette a limitare l’attività delle monache e le cosiddette “sregolatezze” della musica in Chiesa, privandoci probabilmente di una serie di brani bellissimi. Chiara Margarita Cozzolani morì all’incirca all’età di 75 anni, probabilmente il 27 aprile 1678. L’Ordine di Santa Radegonda fu sciolto verso la fine del XVIII secolo e le monache furono trasferite a Santa Prassede. Le composizioni della musicista milanese, destinate a restare rinchiuse tra le mura del Monastero, sono giunte fino a noi grazie alle pubblicazioni avvenute prima dell’intervento riformatore di Litta. Le sue opere si distaccano dallo stile del passato e hanno una connotazione moderna, molto avanti rispetto ai suoi tempi. Anche al nostro orecchio di contemporanee/i spesso presentano sonorità originali e nuove. Il suo stile mostra una dimestichezza magistrale con l’arte compositiva e un grande senso drammaturgico. Quasi tutte le creazioni più ampie sono nella forma di un dialogo tra individui o gruppi.
Della musicista conserviamo i seguenti brani: Concerti sacri, Venezia, 1642; O dulcis Jesu, 1649; Scherzi di Sacra melodia, di cui la parte del basso continuo è andata perduta, Venezia, 1648; Salmi à otto … motetti et dialoghi, Venezia, 1650. Anche l’aria No, no no che mare purtroppo è andata perduta. The Cozzolani Project (The Cozzolani Project) dal 2000 sta raccogliendo e rendendo accessibile tutta la produzione di questa eccellente compositrice e cantante, la cui bravura è stata recentemente riscoperta.
Per maggiori informazioni, vi consigliamo la visione di questo video.
Qui le traduzioni in inglese, francese, spagnolo.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.
