L’Amore senza volto di Camille Mallarmé compie un secolo 

Si deve alla pazienza, all’ingegno, alla dedizione di Diego Salvadori, professore di Letterature Comparate presso l’Università di Firenze, se possiamo conoscere il terzo e ultimo romanzo di Camille Mallarmé, pronipote del poeta Stéphane, scrittrice, giornalista e prima traduttrice di Pirandello in Francia.

Si tratta di un personaggio interessante e originale, una donna affascinante e controversa, oggi praticamente ignota al grande pubblico che Salvadori da tempo studia tanto da averne pubblicato una monografia nel 2019: Camille Mallarmé. La scrittura senza volto. Il suo impegno si è rivolto poi alla traduzione di questo romanzo inedito in Italia, uscito in Francia il 23 gennaio 1924, giusto un secolo fa, quando l’autrice, reduce da continui successi, aveva trentotto anni. L’Amore senza volto è stato pubblicato nel 2023 (Effigi edizioni) ed è il primo della collana Ellisse diretta dallo stesso Salvadori e curata dall’Archivio per la memoria e la scrittura delle donne “Alessandra Contini Bonacossi”; si tratta di una associazione culturale nata nel 1998, che prende il nome dalla fondatrice e presidente, importante figura di storica e archivista prematuramente scomparsa, ma cara a tutte le studiose che si occupano del recupero di fonti archivistiche, di documenti inediti, di testi femminili dimenticati.

Il volume è arricchito da una bella e dettagliata introduzione che fa il punto sulla scrittrice, ma soprattutto sulla genesi e le caratteristiche del romanzo. E meno male, perché se andate a cercare notizie su di lei troverete pochissimo, qualcosa in francese e inglese, ma neppure una foto, mentre del marito, lo studioso e senatore Paolo Orano, si sa davvero molto.

 Ma proviamo a conoscerla meglio. Camille Mallarmé nasce in Algeria nel 1886, figlia di Victor Eugène – avvocato della corte di Algeri – e Marie Mathilde Bippert, con la quale si trasferisce a Parigi, alla morte del padre. Nella capitale francese termina gli studi in materie letterarie, diplomandosi nel 1903, per dedicarsi da subito alla scrittura. Nel 1909 compie il primo viaggio in Italia e si stabilisce a Siena, dove conoscerà il futuro marito, allora insegnante di filosofia. I due cominciano presto una relazione, nonostante lui sia sposato e abbia due figli. Inizia a scrivere il primo romanzo,

Le Ressac, ambientato tra Siena e Firenze, che le frutterà il Prix Montyon dell’Académie Française nel 1913; esce in Italia nel 1914, col titolo Come fa l’onda… Romanzo senese, anche se alla lettera la traduzione sarebbe “la risacca”. Grande consenso sulla stampa, per questa giovane straniera innamorata dell’Italia che, di lì a poco, diventerà apprezzata conferenziera quando al Teatro Argentina di Roma, davanti a un pubblico di fini intellettuali e nobildonne, parlerà della letteratura per l’infanzia, mentre stava lavorando a un originale libro di fiabe a tinte gotiche: La leggenda d’oro di Mollichina, uscito per Rocco Carabba con le pregevoli illustrazioni di Duilio Cambellotti in quello stesso 1915.

Il testo francese si intitolava La légende dorée de Mie Seulette e verrà stampato solo nel 1923, dopo la Prima guerra mondiale. Il 7 aprile 1915 è una data cruciale: Camille, ventinovenne, incontra Eleonora Duse, anni 58; sarà l’inizio di una amicizia forte, intima e velatamente ambigua che finisce solo con la morte della grande attrice a Pittsburgh il 21 aprile 1924, cioè a tre mesi dalla pubblicazione di L’Amore senza volto.  

Nel 1916 esce in Francia il romanzo ‘spagnolo’ La Casa Seca, tradotto in italiano nel 1921 col medesimo titolo e quindi in inglese, apprezzato da Giovanni Verga e da Maurice Maeterlinck.

Giornalista, conferenziera, critica d’arte, «anche e soprattutto una mediatrice culturale» (come spiega Salvadori), amica stretta di Duse e D’Annunzio, Mallarmé è pure una importante traduttrice: si deve a lei l’accoglienza in Francia dell’opera di Luigi Pirandello, autore semi-sconosciuto la cui produzione era passata inosservata oltralpe. Il 20 dicembre 1922 la pièce Il piacere dell’onestà va in scena al Théâtre de l’Atelier, con il titolo La Volupté de l’honneur. All’inizio ci furono perplessità da parte della critica, ma poi il lavoro ebbe un grande successo di pubblico e rimase in cartellone svariati mesi. 

Alle molteplici attività Camille affianca quella di articolista, pubblicando su testate quali La Nuova Antologia e La Diana. Nel 1918 non manca di esortare le donne a raccogliere fondi per acquistare aerei, mostrando in pieno il suo spirito interventista. Tuttavia su di lei ha pesato fortemente il sodalizio con il marito Paolo Orano, collaboratore del Popolo d’Italia e fino dal 1923 iscritto al Partito Nazionale Fascista; è il suo pigmalione, ma anche curatore e traduttore delle sue opere su cui interviene con forme di censura e manomissioni. È sempre lui a farla diventare portavoce di giornali francesi di destra, come Aux Écoutes e Le Gaulois, persino dell’antisemita Je suis partout. D’altra parte Camille lo difende fino alla morte, ne tutela la memoria e ci mette del suo, quando ad esempio loda Mussolini per aver abolito la festa del 1° maggio.  

Ritorniamo dunque al romanzo che ci interessa da vicino: Camille aveva iniziato a lavorarci in Provenza nel gennaio del 1919 e lo concluse a Siena, nel giugno del 1923; nel frattempo si era sposata con Orano, rimasto vedovo, e, innamorata del testo pirandelliano, ne aveva cominciato la traduzione. Eppure in seguito arrivò al punto di sconfessare questa sua terza opera e di non citarla nelle lettere alla francesista Grazia Maccone, nelle quali esprimeva la propria soddisfazione piena solo per La Casa Seca, e un parziale riconoscimento per Le Ressac. È pur vero che il libro ebbe all’uscita poche recensioni e qualcuna assai velenosa, con l’accusa di essere «un romanzo a tesi che tuttavia sarebbe stato meglio evitare» (su Paris Soir, 10-5-24). Ma Salvadori, citando queste e altre parole pungenti, ricorda anche che Camille non era molto amata in patria per le sue simpatie, dirette e indirette, verso il regime fascista agli albori e per di più era donna! «Le scribacchine, le cerebrali, con C maiuscola, così ubriache di teorie esistenziali», scriveva un anonimo su Le Potins de Paris. Sembrerebbe dunque un’opera da cancellare, nonostante una ventina di anni dopo se ne parlasse ancora con l’intento di tradurla in italiano; poi non se ne fece nulla, se abbiamo dovuto aspettare così tanto. Ma perché tanta ostilità, tante distanze, tanta indifferenza? Salvadori ce lo spiega efficacemente nella sua introduzione: innanzitutto per l’evidente autobiografismo, infatti la protagonista è una scrittrice consapevole del proprio ruolo che, guarda caso, ha pubblicato due romanzi, e il secondo in particolare ha avuto un’ottima accoglienza. Questa donna, Andrée Dierx, forte e autonoma, è stata aiutata nella via del successo dal marito, famoso critico letterario ora defunto (piccola vendetta verso un uomo assai ingombrante?), che l’ha lanciata nell’editoria, ma le ha fatto cancellare il proprio passato. Non solo: il testo di Camille affronta varie tematiche scottanti e senz’altro scomode per l’epoca: «si va dalla questione di genere ― e quindi il ruolo della donna in una società patriarcale e maschilista ― alla sociologia letteraria tout court, in cui Camille porta avanti la sua levata di scudi contro il pubblico-ippopotamo e i critici letterari divoratori di sterco; dalla teoria dell’Amore senza volto, quasi un’estetica di invisibili rispondenze, alla tensione omoerotica che vede Madame Orano portare sulla pagina il legame tra Andrée e la musicista Béryl Baïamonti (trasfigurazione letteraria della migliore amica di Camille Mallarmé, cioè Eleonora Duse)», così scrive il prof. Salvadori (pag.9). E di ciò lei era ben consapevole se fa dire al suo alter-ego Andrée che le proprie opere non sono nate «per adulare i lettori»: «Voglio dare importanza ― scrive ― alle inquietudini dello spirito, alle emozioni fuggitive, ai sogni ad occhi aperti, alle passioni inclassificabili dei personaggi, perlopiù donne». 

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, i coniugi Orano si stabiliscono a Firenze ed è qui che Camille resterà fino alla morte, avvenuta il 3 marzo 1960. È sepolta nel bellissimo Cimitero fiorentino delle Porte Sante, situato in collina presso la Basilica di San Miniato al Monte, e sulla lapide sono incise le parole con cui la definì D’Annunzio: «l’italiana di Francia».

Tombe nel Cimitero delle Porte sante

L’Amore senza volto, la cui non facile traduzione ha impegnato per vari anni Salvadori, si presenta a chi legge come un romanzo piuttosto ampio, suddiviso in tre parti e in capitoli titolati in cui è fitta la presenza di dialoghi, alternata a molte lunghe lettere e alle pause narrative e descrittive; «va da sé che […] la dominante risieda in una impalcatura fonica, musicale» (Salvadori, p.20) e come tale dobbiamo lasciarci andare e farci conquistare dall’armonia della parola, forse ancor più che dalla esile trama.

L’inizio della vicenda ha una data precisa: 15 gennaio 1914 in Costa Azzurra, e dopo poche pagine la stessa protagonista, rievocando la sua carriera, dichiara: «una specie di romanzo musicale colmava le mie ambizioni di artista»; torna dunque pressante il tema della musicalità, insieme alle riflessioni sull’arte e la scrittura. Le giornate scorrono placide, fra battute di pesca, scambi di lettere, chiacchiere, passeggiate, rari incontri, giochi con la piccola Maïzou. Non mancano colte osservazioni sul rapporto fra Petrarca e Laura oppure digressioni fantastiche come quella dedicata alla storia di Monna Kerbili, mentre Béryl («che pareva vivere fuori dalla realtà») è presa dalla sua musica e dalle sue esecuzioni al pianoforte e Maïzu si sente, fra queste adulte, un po’ trascurata. L’Amore senza volto ― spiega finalmente la protagonista (pp.190-193) ― è «scevro dalla bellezza carnale, dal possesso, dalla presenza […]. Talvolta non dipende nemmeno dall’esistenza di chi si ama. […] L’Amore senza volto è lo slancio più sincero del cuore, che non ha bisogno di gesti o parole per esistere: è l’emozione che, come un’anima, s’insinua nelle bellezze stesse della Natura». Da leggere con la massima attenzione il capitolo Béryl in cui l’autrice mette in scena un dialogo chiarificatore ricco di implicazioni sulla coppia, il matrimonio, la felicità, la solitudine, l’oppressione, la gelosia… riflessioni quanto mai moderne e attuali, riprese pure nella terza parte del testo, quando le due amiche proseguono i loro confronti e le loro confidenze, in pieno mese di maggio. «Se tu mi ami ancora…» «Io vi ho sempre amata». «Tu e io non smetteremo mai di essere tu e io». Un destino terribile intanto incombe sull’Europa e a fine luglio “il mondo di ieri”, parafrasando Zweig, finisce per sempre e con note dolenti si conclude anche il romanzo. Esperienza non facile, ma affascinante, questa lettura, come la personalità di colei che lo ha ideato e scritto, da far riemergere nel mondo letterario come merita.  

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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