Una scuola decoloniale e antirazzista è possibile 

È sempre complesso iniziare a scrivere di un libro letto, ancora di più quando accade che in quel testo vengano spiattellate con calma e schiettezza due generi di questioni: quelle vissute e quelle non viste.  

Mi spiego meglio. In Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana (People, 2023) Marilena Umuhoza Delli racconta fatti, pensieri, pratiche che ho vissuto come docente e come madre (di figli razzializzati) e altri che, pur riflettendo da anni sui temi del razzismo, colonialità, migrazioni, ancora non riesco a vedere. Questo mio scritto è prima di tutto dunque un ringraziamento a Marilena e poi un invito a educatori ed educatrici, insegnanti, famiglie e studenti a leggere quanto l’autrice ha esposto, in dieci capitoli che fungono da decalogo, su quello che non va nella scuola, su quello che si potrebbe fare, partendo da come gli studenti e le studenti razzializzate si sentono e si sono sentite, rievocando il proprio percorso scolastico e di vita.  

Il volume è infatti non solo una lettera, ma una serie di nomi, consigli, temi, libri, link, video, siti, consigli pratici per chi insegna. Citazioni e una lista di materiali di approfondimento fondamentali e adatti per essere utilizzati direttamente in classe con gli e le studenti, ma anche naturalmente per andare a costruire una bibliografia necessaria per i docenti e le docenti attente che vogliono continuare a formarsi, che vivono e esercitano una sana educazione multiculturale e antirazzista, senza paura di cambiamento, conflitto, con l’obiettivo di creare aule che siano luoghi sicuri, di discussione e scambio, dove tutti e tutte sono visti. Perché, diciamocelo, uno dei grandi problemi della scuola italiana è forse (anche) la formazione dei docenti e delle docenti, spesso essa stessa ancorata a stereotipi e generalizzazioni, con di certo non tutti gli insegnanti e le insegnanti pronte ad accogliere le cosiddette “diversità”. E, beninteso, non si tratta di una critica aprioristica, senza fondamenta e sterile, ma di un passaggio quantomai doveroso, nella società contemporanea, e al contrario, una mano tesa e un aiuto a tutto il personale della scuola che si trova in difficoltà nella gestione di situazioni complesse di classi eterogenee, multilingue, multiculturali e multietniche. Ce lo dice bell hooks, in molti dei suoi scritti pedagogici, che il problema di chi insegna molto spesso è la paura: di cambiare strada, di non avere più certezze, di affrontare i conflitti in classe. Ebbene, cerchiamo strumenti per superare, insieme, queste paure. L’agevole volume che ho tra le mani è uno di questi, perché risponde a domande enormi in modo semplice, riassume concetti complessi con parole vicine, attraversa gli ultimi decenni (l’autrice è italiana e cresciuta in Italia e sempre in Italia ora sta crescendo sua figlia) e ha quindi il pregio di offrirci una lettura diacronica del fenomeno. Non solo: Marilena Umuhoza Delli, con all’attivo altri libri assolutamente da leggere, si è inserita oramai nel gruppo, per nostra fortuna nutrito, di autrici e autori con background migratorio (attenzione, uso questa espressione consapevole di quanto sia problematica e non sempre condivisa, ma al momento mi sembra la migliore, di gran lunga preferibile – sempre a mio parere – a “seconde generazioni” o, quando si parla di scrittrici e scrittori a “esponenti della letteratura della migrazione”) e quindi grazie a loro possiamo sentire e leggere di questi argomenti da una fonte primaria, da chi ha vissuto, e non fare l’antipatico passaggio del “dare voce”, una voce mediata – spesso da uomini molto adulti, bianchi, borghesi – che inferiorizza chi attraversa tutto ciò in prima e primissima persona. 

Ma come si manifesta il razzismo? Questa è la domanda che Marilena Umuhoza Delli ritiene necessaria e che le dà la possibilità di parlare di micro-aggressioni quotidiane, di totenismo, razzismo istituzionale, profilazione razziale, violenze di vario tipo, privilegio, negazione dello stesso. Quello che l’autrice ci tiene a sottolineare è che il razzismo è un sistema (che privilegia gli uni a scapito degli altri all’interno di un sistema economico-sociale-culturale di matrice coloniale) e non una debolezza episodica o individuale o una stortura di pochi crudeli e ignoranti, come spesso accade che lo stesso venga pensato. L’obiettivo della scuola dovrebbe essere inoltre quello di cambiare prospettiva nelle narrazioni partendo da come la tematica migratoria viene trattata dai media, dall’opinione pubblica e dai più, partendo soprattutto dal linguaggio. Ed è al linguaggio che nel libro viene dedicata un’ampia parte, portando in rassegna i vocaboli e le espressione chiave nel discorso sulla diversità, il razzismo e le migrazioni anche relativamente a fenomeni come colorismo, white passing, white fragility ancora poco noti e discussi nel dibattito pubblico in Italia ma essenziali nella comprensione dei fenomeni a essi connessi. Perché il linguaggio è fondamentale, è la nostra interpretazione del mondo, e una lingua fallace, non precisa, disattenta, è la quinta colonna di un pensiero coloniale, razzista, deumanizzante nei confronti delle persone razzializzate.  

L’invito è uno, quello di iniziare a vedere, ascoltare, riconoscere. E poi agire, personale scolastico e famiglie, in primis ammettendo il proprio privilegio (di essere bianchi, di essere uomini, di essere autoctoni ecc. – con un approccio intersezionale, ça va sans dire) e poi parlando apertamente di discriminazioni e razzismo. Solo poi potremo aprire la via sicura a una scuola realmente inclusiva, decostruendo programmi, “sbiancando storia e cultura”, dare valore a tutte le storie. Parlare più spesso al plurale, guardare al plurale. 

Grazie Marilena, sperando che debbano ringraziarti tante e tanti altre e altri, dopo averti letta. 

Marilena Umuhoza Delli
Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana
People, Busto Arsizio, 2023
pp. 153

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Articolo di Sara Rossetti

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Sara Rossetti ha conseguito un dottorato in Storia politica e sociale occupandosi di migrazioni femminili nel Novecento e un master in didattica dell’italiano a stranieri. È coautrice di “Kotha. Donne bangladesi nella Roma che cambia” (Ediesse, Roma, 2018). Si occupa di intercultura, migrazioni passate e presenti, didattica dell’italiano a stranieri, questioni di genere e opera come formatrice su questi temi. Lavora inoltre come insegnante.

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