Disuguaglianza. Il potere al servizio di pochi

«Se è vero che solchiamo le acque dello stesso mare, alcuni sono però comodamente sistemati in super-panfili mentre troppi occupano un posto su imbarcazioni mal messe e alla deriva».
Antonio Gutierrez, Segretario Generale dell’Onu

Ogni anno dal 2006 la Ong Oxfam presenta il rapporto sulle disuguaglianze in occasione del Forum di Davos in Svizzera, l’appuntamento del World Economic Forum in cui si ritrovano nel mese di gennaio esponenti del mondo economico, politico, scientifico e culturale (quest’anno erano più di 2500).
Policrisi è il nome dato all’epoca che stiamo attraversando e se ne è discusso tanto proprio nella cittadina svizzera che ospita coloro che si confrontano sulle sorti del mondo. Il termine, usato per la prima volta da Edgar Morin per parlare della crisi climatica, era stato fatto proprio da Jean Claude Juncker quando era a capo della Commissione Europea; oggi, sulla base di alcuni approfondimenti da parte di Adam Tooze, storico dell’economia, e autore di Chartbook, una newsletter molto seguita dai giovani della sinistra statunitense, indica la concomitanza delle crisi climatica, alimentare, economica, energetica, inflattiva, sanitaria, bellica e delle conseguenze che ciascuna di esse ha sulle altre.

La principale chiave narrativa del rapporto 2023 è la dimensione economica del potere «la cui accresciuta concentrazione – si legge nel rapporto –sospinta dal rilassamento delle politiche di tutela della concorrenza e “agevolata” dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla sempre più marcata presenza del settore privato nella sfera pubblica, ha incrementato le rendite di posizione, indebolito il potere contrattuale dei lavoratori, soprattutto quelli meno qualificati, e prodotto forti sperequazioni nei premi distribuiti dai mercati». Siamo di fronte a una redistribuzione alla “rovescia”: le risorse sono state trasferite da lavoratori e consumatori a titolari e manager delle grandi imprese monopolistiche. Il risultato è l’accumulazione di enormi fortune nelle mani di pochi. Il potere politico, poi, si è progressivamente disinteressato ai temi della redistribuzione della ricchezza, della progressività delle imposte (che insieme a quelle di successione ha consentito in passato la riduzione delle disuguaglianze), al contrasto ai gruppi privilegiati e alle pressioni degli stessi in difesa dei loro privilegi.

L’Italia non fa eccezione, come si può leggere nel secondo capitolo del rapporto, Disuguitalia, e nel terzo che analizza e sottopone a esame i provvedimenti adottati nel primo anno del governo Meloni. Il tasso di occupazione al 61,3% per le persone tra i 15 e i 64 anni di età è un dato positivo, ma la stagnazione salariale rimane una costante del mercato del lavoro italiano, giovani e donne si trovano spesso in settori di bassa qualità lavorativa regolati da forme di lavoro povero e atipico che causa forti disuguaglianze retributive e «costringe 5,6 milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta». La saltuarietà, la discontinuità e le precarietà lavorative, maggiormente diffuse tra donne e giovani, continuano a essere favorite dalla liberalizzazione dei contratti a termine e del lavoro occasionale.
«L’assenza di una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, costituisce una rinuncia a contrastare l’indebolimento dell’economia nazionale e a riqualificare lo sviluppo del Paese in campo tecnologico e ambientale, secondo Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla giustizia economica di Oxfam Italia. Inoltre «L’opposizione al salario minimo legale è una scelta emblematica di un profondo disinteresse a tutelare i lavoratori meno protetti, impiegati in settori in cui la forza dei sindacati è minima». Dal punto di vista fiscale i provvedimenti del governo Meloni si sono rivelati non solo inadeguati ma anche controproducenti, come gli strumenti della lotta alla povertà, che non hanno tenuto in nessun conto i rilievi della Commissione Saraceno eliminando gradualmente il reddito di cittadinanza, che avrebbe potuto essere mantenuto, correggendone i limiti come evidenziato da quella stessa Commissione. Sulla tassazione degli extraprofitti il comportamento del Governo si è rivelato ondivago e sulle privatizzazioni privo di visione. Tra i paesi Ocse l’Italia si colloca oggi ai primi posti per la disuguaglianza di reddito disponibile.
La parte più interessante è come sempre quella propositiva, con una serie di indicazioni al Governo italiano, a cui Oxfam chiede di intervenire con misure di contrasto alla povertà a vocazione universale, ripensando profondamente le misure per l’inclusione sociale e lavorativa introdotte nel 2023. Occorre anche riconsiderare il rafforzamento della funzione redistributiva della leva fiscale, spostare la tassazione dal lavoro su profitti, interessi e rendite, prevedere l’introduzione di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni. Per contrastare il lavoro povero Oxfam propone l’introduzione di un salario minimo legale indicizzato all’inflazione, sottolinea la necessità di introdurre forti limitazioni all’esternalizzazione del lavoro e la riduzione al minimo delle forme contrattuali a tempo determinato.

Uno dei box più interessanti del report, nella parte in cui si occupa della distribuzione del reddito a livello globale, riguarda le riflessioni sui numeri: «se la ricchezza dei 5 miliardari più ricchi continuasse a crescere al ritmo degli ultimi cinque anni, ci vorrebbero più di 230 anni per portare sotto l’1% l’incidenza della povertà globale. Se i 5 uomini più ricchi al mondo spendessero 1 milione di dollari al giorno, ci vorrebbero 476 anni per esaurire la loro ricchezza complessiva. A livello globale gli uomini detengono una ricchezza superiore di 105.000 miliardi di dollari rispetto a quella delle donne, differenza equivalente a 4 volte la dimensione dell’economia statunitense. Una donna che lavora nella sanità o nel sociale avrebbe bisogno di 1.200 anni per guadagnare quanto in un anno percepisce, in media, l’Amministratore delegato di una delle 100 imprese più grandi della lista. Tra luglio 2022 e giugno 2023, per ogni 100 dollari di profitto generati da 96 tra le imprese più grandi al mondo, 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari. In 52 Paesi i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il monte salari relativo ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022. Per la prima volta in 25 anni la disuguaglianza a livello globale si è ampliata. E il disastro climatico, di cui i super-ricchi sono tra i principali responsabili, sta drammaticamente esasperando questo divario. La ricchezza è fortemente concentrata nel Nord globale, dove vive soltanto il 21% dell’umanità, ma dove è localizzato il 69% della ricchezza netta privata e il 74% della ricchezza miliardaria globale nelle 350 più grandi imprese». Un altro box di cui si consiglia la lettura riguarda l’impero di Jeff Bezos. Se ne riporta un passaggio: «Jeff Bezos è uno degli uomini più ricchi del pianeta. L’azienda da lui fondata, Amazon, è stata citata in giudizio dalla Federal Trade Commission e da 17 Stati USA con l’accusa di pratiche monopolistiche illecite sugli acquisti online. Il patrimonio di 167,4 miliardi di dollari di Bezos è aumentato di 32,7 miliardi dal 2020. Investendo 5,5 miliardi di dollari, Bezos ha compiuto un viaggio nello spazio e ringraziato i lavoratori di Amazon per aver reso possibile tale avventura. Amazon è nota per reiterati tentativi di scoraggiare la sindacalizzazione dei propri lavoratori».

Tutto questo non può essere considerato ineluttabile: le disuguaglianze, sottolinea il rapporto di Oxfam, sono il frutto di precise scelte politiche e delle dinamiche della finanza globale. Da questo status quo si può uscire ed è compito della politica, oggi fortemente condizionata dal potere economico e finanziario. Il potere pubblico deve riacquistare centralità, la politica deve promuovere società più eque, investendo in servizi pubblici di qualità accessibili a tutti e tutte, contrastare i monopoli e gli oligopoli esistenti; diventa necessario tutelare la concorrenza, ridare dignità al lavoro, usare la leva fiscale che compete allo Stato per ridurre gradualmente le disuguaglianze, tassando gli enormi profitti aziendali, promuovere leggi orientate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale.
Un modo per contrastare il “Capitalismo cannibale”, come lo definisce Nancy Frazer in un suo libro omonimo, soprattutto per quanto riguarda i disastri prodotti dalla finanziarizzazione dell’economia, è affidarsi alla cosiddetta finanza etica.

Il rapporto Oxfam sulla povertà dovrebbe diventare oggetto di studio in tutte le scuole. Purtroppo, in Italia, se ne parla solo a fine gennaio, ogni anno, in occasione del World Economic Forum di Davos. Poi ce ne si dimentica, si torna a una narrazione della politica chiusa e provinciale e al gossip partitico quotidiano.

Per saperne di più:
https://www.youtube.com/watch?v=Wpw0r77VnkE.
A questo link è possibile scaricare l’ultimo rapporto Oxfam, previa richiesta: https://www.oxfamitalia.org/disuguaglianza-il-potere-al-servizio-di-pochi/.

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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