Narni. Un itinerario femminile

C’è un tempo e un luogo per ogni cosa, e quando si viaggia, o meglio ancora, quando si esplora, l’intersezione tra tempo e luogo deve essere davvero fortuita se si vuole riuscire a trovare qualcosa. Sul luogo non ci sono molti dubbi: Narni, borgo medievale situato nella bassa Umbria, patria di donne e uomini illustri, le prime spesso messe in ombra da questi ultimi, come avviene in tanti luoghi del mondo, e le loro storie aspettano solo di essere scoperte. È proprio alle donne di Narni che questo percorso è dedicato. Per quanto riguarda il tempo, esso può piegarsi alle esigenze e ai capricci che regolano le nostre vite mondane, ma certamente è in primavera e in estate che la città si anima davvero e si mostra al meglio.

Scendiamo ora dal treno alla stazione di Narni-Amelia. Potremmo accorgercene per puro caso, mentre ci affrettiamo ad attraversare la strada per raggiungere il servizio navetta che ci porterà verso il centro storico; oppure potremmo non accorgercene affatto, ma sulla sinistra, a pochi passi di distanza dalla stazione, si trova la prima via femminile del nostro percorso. Nessuna donna è ricordata qui, o perlomeno, nessuna donna mortale: questa piccola via secondaria è intitolata alla dea romana Minerva. Non ci sono storie da raccontare se non quelle tratte dal nostro antico repertorio mitologico, e soprattutto non ci sono vite da riportare alla luce. Certamente, però, nel mezzo del proliferare di toponimi religiosi, è bello che una via sia intitolata alla dea pagana della saggezza.

Via Minerva

Non è necessario spostarsi subito per trovare altre vie femminili: alcune sono sparse per la piccola, moderna, affaccendata cittadina di Narni Scalo, polo operaio e industriale di Narni. In effetti, basta avviarsi per il viale lungo il quale si sviluppa la città e fare una breve passeggiata verso l’area verde, il Parco dei Pini, per iniziare a notare che molte vie sono intitolate a personaggi del grande cinema italiano. Il motivo è che all’interno del parco, in estate, si svolge la rassegna cinematografica Le vie del cinema, che dal 1998 propone proiezioni all’aperto di grandi classici cinematografici restaurati.

Anna Magnani

E proprio nel parco ci imbattiamo in altre due vie femminili: la prima è intitolata ad Anna Magnani, iconica attrice che, insieme con Alberto Sordi, Aldo Fabrizi (a cui è dedicato il viale alberato adiacente) e Nino Manfredi, fu una delle figure più rappresentative della romanità cinematografica del XX secolo. Celebri le sue interpretazioni, soprattutto in film come Roma città aperta, Bellissima, Mamma Roma e La rosa tatuata. Quest’ultimo le valse nel 1956 un Oscar alla miglior attrice protagonista, e fu la prima attrice non di lingua inglese a ricevere il premio.

Gulietta Messina

La seconda via è invece intitolata a Giulietta Masina: considerata una delle migliori attrici italiane della sua generazione, lasciò un’impronta indelebile nella storia del cinema italiano soprattutto grazie alle sue grandi interpretazioni nei film La strada e Le notti di Cabiria. Durante la sua lunga carriera vinse numerosi premi tra cui un David di Donatello, quattro Nastro d’argento, un Globo d’oro, il premio alla migliore interpretazione femminile sia al Festival di Cannes che a quello di San Sebastián e un premio onorario al Festival di Berlino. A essi si aggiungono anche due candidature ai premi Bafta, a riprova del successo che ebbe anche all’estero; di lei Charlie Chaplin disse «è l’attrice che ammiro maggiormente». Purtroppo, le targhe delle due artiste sono andate distrutte, probabilmente vandalizzate. Un fatto demoralizzante, se si considera che lo scopo dell’intera rassegna cinematografica è quello di restituire alla comunità i classici restaurati a cui quelle stesse donne hanno contribuito.  

Dopo una bella passeggiata attraverso l’arboreto, dove ogni albero piantato da volontarie/i e comunità scolastiche ha un nome, è arrivato il momento di salire verso il centro storico. A prescindere dal mezzo che utilizziamo per spostarci, ci troveremo a superare un’anonima rotatoria, e potremmo non accorgerci che proprio lì a ridosso di un prato si trova una targa di nostro interesse: quella dedicata a Norma Cossetto, studente italiana uccisa, violentata e “infoibata” in un’altura vicino Trieste. Nel 2005 le venne conferita la medaglia d’oro al merito civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e a Narni si tiene ogni anno una cerimonia con deposizione di fiori in suo ricordo.

Norma Cossetto Targa

Lasciamo l’auto, o scendiamo dalla navetta al grande parcheggio del Suffragio, e prendiamo l’ascensore per salire verso la piazza dei Priori, lunga e stretta, sulla quale si affacciano bar ed esercizi commerciali. A metà della piazza, sulla destra, si apre una via che si snoda verso il basso attraverso fitti palazzi di pietra scura: è quella dedicata a Caterina Franceschi Ferrucci, letterata e poeta narnese nata nel 1803, nonché prima donna a essere nominata componente dell’Accademia della Crusca nel 1871. Conobbe e ricevette le lodi di Giacomo Leopardi per la sua traduzione del De amicitia di Cicerone, e nel 1836 si trasferì a Ginevra per insegnare letteratura italiana all’Università. Fu attenta e serrata la sua partecipazione alle travagliate vicende politiche dell’Italia risorgimentale e successivamente unitaria, e in quanto membro dell’Accademia della Crusca si occupò della questione della lingua con il discorso Della necessità di conservare alla nostra lingua e alla nostra letteratura l’indole schiettamente Italiana. Sepolta a Firenze, con una lapide che la ricorda quale donna per ingegno e virtù rara in ogni tempo / quasi unica nel nostro, a Narni le è dedicata una delle principali arterie del centro storico, e la sua targa svetta solenne su chiunque attraversi la piazza.

Caterina Franceschi Ferrucci

Facciamo un giro per le bellezze del centro cittadino, in particolare la famosa e suggestiva Narni sotterranea e il duomo della città, prima di dirigerci a piedi verso la piazza inferiore, piazza Garibaldi. Da qui, si avrà l’opzione di tornare al parcheggio e attraversare la piazza in auto, oppure di affrontare la salita che porta alla rocca albornoziana a piedi. Scegliamo la seconda via, che ci permette di raggiungere il belvedere e aprire lo sguardo sulla gola incisa dal fiume Nera, e anche soffermarsi su un’altra via femminile: percorrendo le ripide curve a gomito che costeggiano un vasto oliveto, dopo una bella passeggiata ecco sbucare la fonte Feronia, che dà il nome all’omonima via.

Targa Feronia
Fonte Feronia

Una targa posizionata sul lato della fontana ne ricorda la deposizione, avvenuta nel 1609. La sorgente è però molto più antica ed è tutto ciò che è rimasto del complesso di cui facevano parte anche un tempio e una statua in onore di Feronia, dea italica dei boschi, degli animali selvatici e della fertilità. Adorata in modo trasversale in tutto il centro Italia, tanto dai romani quanto dai loro predecessori umbri, sabini ed etruschi, si narra che i sacerdoti della dea potessero camminare sopra i carboni ardenti senza bruciarsi, miracolo avvenuto in seguito al fallito tentativo di appiccare un incendio in un bosco dove sorgeva il tempio a lei dedicato. Il tempio e la statua furono distrutti dai cristiani narnesi durante il Medioevo, e il sito fu dichiarato maccla mortua, cioè “macchia morta” in un documento, ma la sorgente è rimasta in piedi per tutti questi secoli e ci ha trasmesso il ricordo della dea selvaggia che qui veniva venerata.

Il nostro percorso si conclude dunque alla Rocca di Narni, il castello che si staglia imponente in cima alla collina e sovrasta tutta la città. Purtroppo non sono molte le vie intitolate a donne laiche, ma speriamo che in futuro si possano incontrare sui muri, nei giardini, lungo le strade molte altre figure femminili significative per la storia della città: operaie, levatrici, maestre, nutrici, imprenditrici… cancellate dalla memoria.

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Articolo di Ilaria Ricci

Laureata in Lettere moderne, si sta specializzando in editoria. Ama le storie, qualunque sia il mezzo con cui vengono raccontate, e ama coglierne l’architettura profonda. Gli amici la definiscono “quella razionale del gruppo”.

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