Emmy Noether e il suo teorema, la poesia delle idee logiche 

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del ‘900 la città tedesca di Göttingen era giustamente considerata la “mecca” della matematica. Vi operarono figure come Felix Klein, David Hilbert, Hermann Weil e Emmy Noether, che gettarono le basi dell’algebra moderna e contribuirono alla rivoluzione scientifica della fisica del ‘900 insieme ai più importanti fisici teorici dell’epoca, primo fra tutti Albert Einstein. 
In particolare, la collaborazione fra David Hilbert e Albert Einstein permise di trasformare la geniale intuizione di Einstein sulla struttura dello spazio-tempo in una teoria formalmente e matematicamente completa e coerente: la relatività generale. 
A Emmy Noether, unica donna del gruppo, si deve la formulazione e la dimostrazione di un teorema talmente profondo e universale da essere considerato uno dei più fecondi per lo sviluppo della fisica ancora ai giorni nostri. Esso svela un legame profondo fra l’invarianza formale delle leggi e i principi di conservazione delle grandezze e nella sua formulazione più generale permette di comprendere il rapporto fra le leggi della fisica e la struttura dello spazio—tempo, il che gli conferisce una straordinaria capacità di previsione di nuovi fenomeni. 
Tuttavia, fino alla fine del secolo scorso questa grande matematica è rimasta quasi sconosciuta anche alla maggior parte degli addetti ai lavori: il suo teorema era presente nei testi di meccanica analitica senza una particolare attribuzione, anche se a partire dagli anni ’60 era diventato uno strumento fondamentale per lo sviluppo della teoria quantistica dei campi e della fisica delle particelle. 

Emmy Noether nacque a Erlangen il 23 marzo 1882 da una ricca famiglia ebrea. Suo padre Max era un matematico e insegnava nella locale università. Fu educata come le ragazze di buona famiglia dell’epoca: le furono impartite lezioni di pianoforte e di economia domestica e conseguì l’abilitazione all’insegnamento del francese e dell’inglese nelle scuole femminili. 
All’epoca in Germania le scuole femminili si fermavano al 14—esimo anno d’età, ma Noether non diventò mai un’insegnante di lingue: decise invece di seguire le orme paterne e dedicarsi allo studio della matematica. Come è noto, a quel tempo le università tedesche non consentivano alle donne di iscriversi regolarmente. Potevano seguire le lezioni come uditrici, ma a condizione che il docente lo permettesse. È in questo modo che Emmy proseguì i suoi studi universitari fino al 1904, quando le regole finalmente cambiarono.  
Dopo tre anni, nel 1907, ottenne la laurea summa cum laude, con una tesi sulla teoria degli invarianti algebrici, il cui relatore fu l’importante matematico Paul Gordan. Se Emmy fosse stata un uomo, dopo aver sostenuto un altro esame, la cosiddetta habilitation, avrebbe intrapreso una carriera accademica, ma Emmy era una donna e la legge le precludeva questa possibilità. Tuttavia non si perse d’animo, restò a Erlangen, come assistente di suo padre, ormai anziano e malato: le capitava spesso di tenere lezioni al posto suo, ma in modo non ufficiale e a titolo rigorosamente gratuito. 
Questa condizione le permetteva di continuare ugualmente le sue ricerche, prima con Gordan e poi con il suo successore Ernst Fisher, con il quale si appassionò all’algebra astratta, di cui oggi è ritenuta una delle pietre miliari. 
Riuscì a pubblicare svariati lavori, grazie ai quali ottenne il pieno riconoscimento nel mondo accademico dell’epoca, al punto da essere ammessa nel 1909 alla Deutsche Mathematiker-Vereinigung, la società matematica tedesca, e iniziò a partecipare a conferenze e convegni in Germania e all’estero.  
Intanto, nel 1915, all’università di Göttingen, Hilbert stava collaborando con Einstein alla stesura definitiva della teoria della relatività generale, ma c’era un aspetto che causava loro non poche perplessità: l’energia sembrava non conservarsi localmente come nelle teorie classiche. Noether era ormai considerata la massima autorità sugli invarianti algebrici e non a caso David Hilbert e Felix Klein la invitarono a trasferirsi a Göttingen, dove avrebbero voluto offrirle una cattedra da privatdozent (libero docente). Non avevano fatto i conti con la chiusura mentale di molti membri del Senato accademico, ai quali l’idea che una donna potesse assumere il ruolo di professore appariva inconcepibile. È famosa l’affermazione di Hilbert: «Non vedo come il sesso del candidato possa essere un argomento contro la sua ammissione come libero docente. Dopo tutto questa è un’università, non uno bagno pubblico». Ad ogni modo, lo stesso Hilbert aveva pronta una scappatoia: le lezioni di Fisica matematica—Teoria degli invarianti, annunciate col nome del prof. Hilbert, erano in realtà tenute da fräulein Noether, naturalmente ancora a titolo rigorosamente gratuito. 
Nel 1918 Einstein scrisse a Hilbert: «Ieri ho ricevuto dalla signorina Noether un lavoro molto interessante sugli invarianti. Mi impressiona molto il fatto che qualcuno riesca a comprendere questioni di questo tipo da un punto di vista così generale. Non sarebbe stato male mandare la vecchia guardia di Göttingen a scuola da Fräulein Noether. Conosce bene il suo mestiere!» 
Nel luglio dello stesso anno Felix Klein presentò all’Accademia reale delle scienze di Göttingen un lavoro di Emmy Noether, contenente due teoremi e i loro inversi che chiarivano in modo definitivo la profonda connessione tra simmetrie e principi di conservazione in fisica: si trattava dei teoremi che oggi vengono complessivamente indicati come “teorema di Noether”. Fra le altre cose essi permettevano di sciogliere il nodo della conservazione dell’energia in relatività generale chiarendo in modo definitivo il significato e i termini del problema. 

Nel 1919, all’età di 37 anni, le venne infine concesso di sostenere e superare brillantemente l’esame per l’abilitazione e da allora continuò a insegnare col formale riconoscimento del suo ruolo, ma senza percepire alcuno stipendio fino al 1923. 
Il suo interesse per la fisica fu un miracoloso intermezzo nella sua attività di matematica. Negli anni successivi si dedicò allo studio dell’algebra astratta, di cui i suoi lavori al giorno d’oggi possono essere a ragione considerati i fondamenti e fra i quali possiamo annoverare: la teoria degli invarianti algebrici e differenziali, la geometria di Riemann e il calcolo delle variazioni nel contesto della relatività generale, della meccanica e della teoria dei campi e la teoria dei gruppi, in particolare la teoria dei gruppi di Lie per risolvere o ridurre le equazioni differenziali per mezzo dei loro gruppi di invarianza. 
Emmy Noether è stata anche una grande “maestra” per una generazione di matematici, con buona pace dei dinosauri del Senato Accademico che pochi anni prima le avevano negato il diritto alla docenza, fermamente convinti che una donna avrebbe “distratto” gli studenti e che questi non avrebbero potuto riconoscerne fino in fondo l’autorevolezza. Le aule in cui svolgeva le sue lezioni si riempivano di giovani di tutto il mondo, ma le sue lezioni non erano alla portata di tutti. Non si accontentava di ripresentare i concetti in modo ripetitivo, ma li approfondiva ogni volta, esplorando col pensiero sentieri sempre nuovi, che le allieve e gli allievi migliori avevano l’opportunità di percorrere insieme a lei.  
Senza aspettarsi per questo alcun riconoscimento, seminava con grande generosità i suoi suggerimenti nella loro mente e questi li mettevano a frutto col proprio lavoro. Del resto amava affermare: «I miei metodi riguardano il lavoro e la capacità di comprensione e quindi la loro affermazione avviene in modo anonimo». 
Franz Mertens, che l’aveva conosciuta a Vienna nel 1913, così la descriveva nella sua biografia: «Ricordo chiaramente una persona in visita che, sebbene una donna, mi sembrò simile a un cappellano cattolico di una parrocchia di campagna. Vestita con un indescrivibile pastrano nero che le sfiorava la caviglia, un cappello da uomo da cui spuntavano capelli corti (ancora una rarità all’epoca) e con una borsa a tracolla sistemata di traverso simile a quella dei ferrovieri all’epoca dell’impero. Era una ben strana figura. Avrà avuto circa trent’anni allora. L’avrei facilmente scambiata per un prete di qualche villaggio dei dintorni». 
Nel 1933, dopo l’avvento del Nazismo, venne promulgata una legge che escludeva dalle università tedesche chiunque non fosse di razza ariana e il grande patrimonio culturale costituito dalla scuola di Hilbert, di cui facevano parte le più grandi menti della matematica e della fisica teorica della prima metà del secolo scorso, fu disperso: molte eccellenze furono costrette a espatriare perché di origine ebraica, la maggior parte negli Stati Uniti; altre ancora, pur non essendo “ariane”, emigrarono pur di non vivere sotto il regime nazista. Durante un banchetto, il nuovo ministro dell’educazione chiese a Hilbert: «Come va la matematica a Göttingen, ora che l’abbiamo liberata dall’influenza ebraica?» «Matematica a Göttingen? Non se ne vede più neppure l’ombra!» fu la risposta. 

Noether ottenne un posto al Bryn Mawr College in Pennsylvania, dove conservò il suo originalissimo stile, le sue abitudini spartane e ripetitive e di nuovo cominciarono a raccogliersi intorno a lei le allieve e gli allievi migliori. 
Improvvisamente, all’età di soli 53 anni, Emmy morì in seguito a un banale intervento chirurgico. Qualche giorno dopo, Albert Einstein scrisse di lei, in un necrologio che fu pubblicato sul New York Times del 4 maggio 1935, «…secondo il giudizio dei matematici viventi più competenti, Fräulein Noether è stato il genio matematico creativo più significativo finora prodotto da quando è iniziata l’istruzione superiore delle donne. Nel campo dell’algebra, nel quale da secoli si dedicano i matematici più dotati, ha scoperto metodi che si sono rivelati di enorme importanza per lo sviluppo delle giovani generazioni di matematici di oggi. La matematica pura è, a suo modo, la poesia delle idee logiche. Si cercano le idee operative più generali che riuniscano in forma semplice, logica e unitaria il più ampio circolo possibile di rapporti formali. In questo sforzo verso la bellezza logica si scoprono le formule spirituali necessarie per una più profonda penetrazione nelle leggi della natura». 

In copertina: Emmy Noether e il matematico Dubreils nel 1931. 

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Articolo di Maria Grazia Vitale

Laureata in fisica, ha insegnato per oltre trent’anni nelle scuole superiori. Dal 2015 è dirigente scolastica. Dal 2008 è iscritta all’Associazione per l’Insegnamento della Fisica (AIF) e componente del gruppo di Storia della Fisica. Particolarmente interessata alla promozione della cultura scientifica, ritiene importanti le metodologie della didattica laboratoriale e del “problem solving” nell’insegnamento della fisica.

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