I vicoli dell’illegalità 

Il pomeriggio della prima giornata del XII convegno nazionale di Toponomastica femminile, tenutosi nel Belvedere di San Leucio (Caserta) il 20 ottobre 2023, si intitola I vicoli dell’illegalità e vede la partecipazione di Daniela Santarpia, Sara Marsico ed Ester Rizzo, con la moderazione di Vera Parisi.  

Da sinistra: Ester Rizzo, Daniela Santarpia, Vera Parisi e Sara Marsico. Foto di Giovani Salvio 

Introduce Vera Parisi, dicendo che la mafia è una delle più forti espressioni del patriarcato, alimentata dall’indifferenza e dal silenzio di convenienza, e per combatterla in modo efficace occorre affrontare e risolvere i fenomeni di marginalizzazione e debolezze sociali, il terreno su cui essa poi prospera. Una delle forme che prende questa lotta è quella del tramandare storie, gli esempi di chi ha contrastato le logiche mafiose anche a costo della propria vita. 
La prima a prendere la parola è Daniela Santarpia, presidente di Eva Cooperativa Sociale, con un intervento dal titolo Le vie di fuga: l’inserimento come leva per l’autonomia. Santarpia e la sua associazione sono da anni impegnate a fronteggiare la violenza maschile sulle donne nei territori del casertano, al momento gestiscono tre case rifugio e cinque cav (centro antiviolenza) in tutta la Campania. Ogni anno sono centinaia le donne che si rivolgono alle loro professioniste affinché possano rifarsi una vita tramite l’inserimento in un processo di empowerment personale che ha l’obiettivo di farle sentire di nuovo adeguate a sognare un futuro migliore, sconfiggendo così la dipendenza da una condizione di subordinazione. La violenza economica è una delle tipologie di violenza più diffuse e difficili da riscontrare, spesso le donne neanche si rendono conto di esserne vittime: pensare di non avere necessità di lavorare al punto da scusarsi se devono trovarne uno per aiutare sé stesse e la propria famiglia, pregare il proprio compagno di avere i soldi necessari per le spese quotidiane, abbandonare l’idea di perseguire una carriera dopo anni di studi perché il proprio compagno non vuole, sono solo alcune delle forme che la violenza economica può assumere. Eva Cooperativa, nel suo lavoro di contrasto a questi fenomeni, segue alcuni punti cardine: sottolineare l’importanza di avere una rete di sostegno, lotta alla disparità di genere, strategie atte ad ampliare la propria capacità di azione, giustizia sociale e ambientale — non è un caso che chi sfrutta il territorio in modo indiscriminato è spesso anche chi abusa e causa degrado sociale — promozione di un’economia alternativa, concepire il lavoro come palestra di competenze ed esercizio di libertà decisionale. L’inserimento nel mondo del lavoro di queste donne maltrattate è sempre protetto da un regolare contratto, che garantisce loro maggiore stabilità economica e insegnando allo stesso tempo anche a maneggiare il proprio denaro, spesso per la prima volta; il poter produrre con le proprie mani qualcosa di bello alimenta il loro benessere e sicurezza nelle proprie doti, dà loro un nuovo scopo. Realtà nel territorio come la Reggia di Caserta e San Leucio danno il loro contributo: la frutta che cresce nei giardini della reggia viene trasformata in marmellata e profumi venduti nel negozio di souvenir, mentre i pregiati tessuti di San Leucio sono stati usati per creare mascherine date poi in dono ai centri antiviolenza durante la pandemia. 

Sara Marsico. Foto di Giovanni Salvio

Prende poi la parola Sara Marsico, con un intervento dal titolo Donne e legalità: un percorso attraverso i libri. Le ventuno Madri costituenti sono un punto di riferimento di legalità e azioni concrete: oltre che al diritto di voto per le donne esse si impegnarono affinché a esse fosse anche permesso essere votate alle elezioni. Provenienti da partiti diversi e con ideologie contrapposte, erano tuttavia unite dallo scopo di migliorare i diritti delle italiane dopo il disastro della guerra e del fascismo. La Costituzione a cui diedero un fondamentale contributo è un progetto di società nuova, anni luce in avanti rispetto a quella che lo ha prodotto e a cui è stata consegnata nella speranza di un futuro migliore. L’articolo 2 responsabilizza il singolo cittadino e la singola cittadina, garantisce la partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese senza alcuna distinzione di sesso e anzi impegnandosi a rimuovere qualunque ostacolo che impedisca la piena realizzazione della persona. Oggi la storia delle Madri costituenti è poco conosciuta, nonostante la loro sconfinata produzione: portare la loro eredità in giro per l’Italia e farla conoscere alla popolazione, dalla scuola alle carceri, è una delle missioni di Toponomastica femminile. 

Ester Rizzo. Foto di Giovanni Salvio

 Ester Rizzo interviene sul tema Donne contro le mafie. Un argomento molto vasto che Rizzo affronta sin da quando era studente all’università e faceva gavetta per diventare giornalista, durante gli anni delle stragi di mafia a Palermo. Uno dei primi omicidi riconducibili a Cosa Nostra avvenne nel 1896 ed ebbe tra le sue protagoniste una donna che oggi chiameremmo una testimone di giustizia: Giovanna Girillo Rambolla non venne creduta quando denunciò la mano della mafia dietro il suicidio del marito, venne anzi costretta alla fuga dal suo paese, una storia molto simile a quelle odierne. Per avere un’idea del rapporto tra donna e mafia illuminanti sono a riguardo le parole di due pentiti durante il Maxiprocesso: Leonardo Messina disse che le donne non sono mai affiliate a Cosa Nostra ma hanno comunque dei ruoli ben precisi, sono controllate fin dall’infanzia, educate a sentire ma non a parlare, e i loro matrimoni sono usati per stringere alleanze. Gaspare Cutolo, invece, affermò che le mogli e le figlie dei mafiosi, poiché ciecamente obbedienti alle figure maschili della loro famiglia, fanno tutto quello che viene detto loro di fare, dalla consegna di messaggi in carcere al trasporto di droghe e armi. Durante il Maxiprocesso molte donne si radunarono davanti i tribunali rinnegando i pentiti, ma è difficile dire se lo fecero per convinzione personale o perché volevano mettere in sicurezza i figli e le figlie. Certo è che molte di loro lottarono contro la mafia sfruttando l’anonimato, invitando le altre a ribellarsi. La lotta continua: grazie a Rita Bartoli, moglie del procuratore Costa, sono presenti sempre più progetti di legalità nelle scuole, mentre giornaliste come Diletta Bellotti, che ha denunciato le mafie agroalimentari in Puglia nonostante paura e tentennamenti, tutt’oggi manifestano pubblicamente contro la criminalità organizzata, chiedendo maggiore fermezza da parte dello Stato.  

Segue poi una tavola rotonda, Vie di fuga nel casertano, condotta da Cinzia Battista con la partecipazione di Simone Maria Da Conceição, Carmela de Lucia, Drusilla de Nicola, Floriana Malagoli e Sabina Martino de Carles.  

Da sinistra: Simone Maria Da Conceicao, Floriana Malagoli, Cinzia Battista, Drusilla De Nicola,
Sabina Martino De Carles, Marilù D’Angelo

La prima a prendere la parola è Carmela de Lucia, dell’associazione Libera, con un intervento dal titolo Educare alla legalità. Quando si parla di violenza, soprattutto di quella giovanile, spesso si parla più per preconcetti che basandosi sui fatti. Libera è un movimento laico che opera assieme ad altre associazioni in un territorio certo non facile, salito alla cronaca nazionale per i motivi sbagliati: nella società del consumo e dell’apparire, il più grande ostacolo al lavoro di realtà come Libera è il progressivo svuotamento del termine “legalità”, una parola che sta rimanendo sempre più priva di significato di fronte ai continui attacchi ai diritti umani. Temi come quelli del diritto, della mafia e delle sue vittime, dell’ambiente inquinato che falcia via vite ogni anno, vengono introdotti nelle scuole grazie al lavoro dei e delle docenti, desiderosi di mantenere viva l’unica vera arma che abbiamo a disposizione per prevenire le guerre: la memoria. Le mafie sono il frutto di una società malata, afflitta da molteplici problemi tra i quali quello della disparità di genere. A differenza della Sicilia in Campania non è così inusuale che le donne siano a capo dei clan, ma ciò non deve far pensare che ci sia alcuna intenzione emancipatoria da parte loro: imitano passivamente i modelli maschili e patriarcali, ne sono attive promotrici. Solo lo sviluppo di un adeguato senso critico può permettere di combattere la criminalità, di sfuggire alla trappola della generalizzazione che spesso imprigiona i territori nelle briglie degli stereotipi e che condanna ragazzi e ragazze a ripetere il ciclo di violenza.  
L’intervento di Floriana Malagoni ha come titolo Le ragioni delle homeless. Malagoni è presidente del movimento l’Aura, che nasce dall’iniziativa di un gruppo di amiche, indipendente sia da movimenti religiosi che da partiti politici. L’Aura si occupa di assistere chi è senza fissa dimora garantendo pasti caldi, luoghi chiusi in cui sostare e docce in cui lavarsi. La solitudine è un’emozione che tutti e tutte noi conosciamo, ma pochi la provano in maniera così viscerale da cadere nel baratro senza più avere le forze e la volontà di rialzarsi; un sentimento comune tra i clochard, vittime di eventi così traumatici che non sono stati/e in grado di rimettersi in piedi e andare avanti, intrappolati/e in un immobilismo creato dal senso di impotenza. Non c’è bisogno di biasimo o di pietà da parte della cosiddetta società civile, che spesso si chiede come si possa evitare che le persone finiscano per strada più per attenzione al decoro che per genuino interesse del benessere di queste persone. L’unica vera risposta è l’amore incondizionato: abbiamo perso la capacità di ascoltare e aiutare il prossimo senza chiedere nulla in cambio, viviamo nella società dell’ego che ha perso la sua umanità e la cultura dell’accoglienza. Ironicamente, gli esempi maggiori di solidarietà sono spesso presenti tra chi, come i clochard, ha poco o nulla da dare.  
Prende poi la parola Simone Maria Da Conceição, del Movimento e Unione nazionale interetnica Onlus (Muni), con un intervento dal titolo Integrazione e pari opportunità. Muni opera nel territorio di Castel Volturno e porta la cultura attraverso la lettura, anche con l’aiuto di scrittori e scrittrici. Nasce tra le persone della cosiddetta seconda generazione di italiani e italiane, che fanno da ponte tra le comunità straniere e il Paese. Nel caso di soccorso alle donne vittime di violenza la situazione è particolarmente delicata quando non sono italiane: oltre alle barriere linguistiche e culturali c’è la questione della prole — chi ha una famiglia è più difficile che cerchi aiuto – delle minacce di rimpatrio tramite il sequestro del permesso di soggiorno, dell’essere dipendenti da uomini in un paese straniero; spesso neanche sanno che possono rivolgersi ai cav e alle onlus per sfuggire a queste situazioni. A tutto ciò si aggiunge il problema sempre più grave del razzismo in Italia, che ancora fa fatica a riconoscere i suoi cittadini e cittadine con genitori stranieri e li lascia in un limbo giuridico fino al compimento dei 18 anni. È quindi molto importante l’adozione di un’ottica intersezionale per poter garantire il successo dei progetti di aiuto. Drusilla de Nicola, dell’associazione Spazio Donna, parla di titolo Difendere contro la violenza. De Nicola, che è un’avvocata oltre che un’attivista, non riesce a non esprimere una certa frustrazione e delusione che l’ha colta nel corso della giornata: ascoltando gli interventi delle varie partecipanti non ha potuto non notare il contrasto tra i discorsi fatti e la realtà che vive tutti i giorni, una realtà che più volte le ha reso difficile non valicare i limiti che le sono imposti dalla sua professione. L’Italia ha molte leggi fantastiche che o non servono a nulla o sono applicate male: solo la continua attività di associazioni e gruppi impegnati nell’attivismo impediscono il degenerare della situazione, evitando la tragedia. Spazio donna gestisce vari cav e case rifugio nel casertano, offrendo sostegno e modi per uscire dal circuito di violenza, che è trasversale e non conosce limiti di classe. Molte donne fanno fatica a denunciare perché si vergognano, e in mancanza di segni visibili di violenza le sevizie vengono nascoste sotto il tappeto dal resto della società, che preferisce non vedere invece che invitare le vittime a ribellarsi. Nonostante le difficoltà, De Nicola è fiduciosa e prosegue la lotta senza remore.  
Prende poi la parola Sabina Martino de Carles, vicepresidente dell’Anpi, con un intervento dal titolo Pari opportunità: la Resistenza continua. Nel novembre del 1943 a Milano un gruppo di donne di diverse fede politica e appartenenti ai diversi partiti del Cln si riuniscono per definire il programma di lotta per la liberazione: nasce così il Coordinamento nazionale donna Anpi, saldamente ancorato alle radici della Resistenza, che svolgeranno un ruolo fondamentale nelle lotte di emancipazione e pari opportunità negli anni a venire. Spesso si ritiene che l’Anpi sia un qualcosa di vecchio e statico, estraneo alla donna, ma nulla è più lontano dalla verità: al suo interno le donne sono state coinvolte sin dall’inizio e riconosciute per il loro lavoro, hanno sempre goduto di pari trattamento, la loro ascesa è avvenuta senza alcuna spinta esterna. Non orpelli per statistiche o specchi per le allodole, ma attive promotrici di uguaglianza e memoria, di cambiamento, come mostrano De Carles e Fosca Pizzaroni nell’Anpi di Caserta.  

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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