«Vedere l’acqua che zampilla da una fontana o che esce da un qualsiasi tubo dà sempre l’impressione che sia nuova, che stia uscendo ora per noi. Invece l’acqua, tutta quella che abbiamo, è antichissima. E senza di essa non si sarebbe formata la vita».
Laura Canali

Mi piace iniziare questa seconda parte della recensione del volume primaverile di Limes con una firma femminile importante, quella di Laura Canali, cartografa e artista, che ha inventato le carte geopolitiche e geopoetiche di questa rivista, tanto importanti per le lezioni di storia, geografia, geopolitica, economia politica e relazioni internazionali. Questa volta i temi del cambiamento climatico e della cura del paesaggio, in particolare di quello italiano, sono affrontati nel delizioso approfondimento dal titolo Seguendo l’acqua in salita. Ne consiglio vivamente la lettura a chi ha a cuore il nostro paesaggio, i ghiacciai e l’acqua ricordando che sta per iniziare una rubrica, dal titolo Le mappe parlanti sul sito di Limes, in cui Canali commenterà le sue cartine e interagirà anche via mail con lettori elettrici.
Continuiamo a esaminare gli spunti più interessanti del secondo numero del 2024 di Limes, riportandone le parti più significative, che aiutano nell’esercizio del pensiero.
Quando si parla di Italia e di freni al suo sviluppo non si può evitare di confrontarsi col tema delle mafie. L’articolo di Rosario Aitala e Antonio Balsamo è una buona sintesi della storia della mafia italiana, che si sofferma in particolare su Cosa Nostra. Richiama il testo fondamentale di Giovanni Falcone, Cose di Cosa nostra e l’apologo del cretino, ormai diventato famosissimo. Non è male riportarlo per chi ancora non lo conoscesse. Racconta Falcone a Marcelle Padovani, che lo intervista: «Uno dei miei colleghi romani, nel 1980, va a trovare Frank Coppola appena arrestato, e lo provoca: “Signor Coppola, che cosa è la mafia?”. Il vecchio, che non è nato ieri, ci pensa su e ribatte: “Signor giudice, tre magistrati vorrebbero diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia”».

I due autori si soffermano sulla novità, per i tempi in cui fu approvata, della legge Rognoni-La Torre, sulla creazione del pool antimafia voluto da Rocco Chinnici, sul maxiprocesso di Palermo e la sentenza a opera di Pietro Grasso, sulle stragi del 1992 (segnalo che recentemente una puntata di Caro marziano di Pif ha aggiunto informazioni importanti). Rammentano a un popolo smemorato, come quello italiano, le leggi, gli incontri, le Conferenze internazionali e i documenti che, su iniziativa dell’Italia, hanno fatto scuola nella lotta alle mafie e sono stati anticipatori di riforme importanti sia a livello europeo che internazionale. La parte più “nuova” rispetto a quanto già sa chi di antimafia si occupa da sempre, riguarda i nuovi strumenti utilizzati in particolare dalla ‘ndrangheta. Scrivono Aitala e Balsamo: «L’evoluzione più pericolosa delle mafie in Italia è la normalizzazione e la quasi istituzionalizzazione di architetture sociali nelle quali si riuniscono in geometrie variabili e si confondono mafiosi, criminali comuni, politici, funzionari pubblici, imprenditori, professionisti, faccendieri, notabili. […] Già negli anni Novanta, alcune organizzazioni mafiose, mentre mantengono un solido rapporto con il territorio, trasferiscono una parte delle attività nel mondo virtuale. Negli anni recenti prendono a servirsi di piattaforme sociali, criptovalute, dark web con i server in paesi ostinatamente ostili a ogni forma di collaborazione investigativa. Spostano ricchezze con il sistema informale dell’ḥawāla che elude transazioni bancarie formali e spostamenti fisici. Comunicano con “criptofonini,” dispositivi nei quali restano disattivati videocamere, microfoni e sistemi di geolocalizzazione che non funzionano sulle tradizionali reti telefoniche e telematiche ma su piattaforme informatiche crittografate non intercettabili. L’utilizzo a fini probatori dei messaggi scambiati su queste reti è al centro di controversie su cui devono ancora pronunciarsi Cassazione, Corte di giustizia dell’Unione Europea e Corte europea dei diritti dell’uomo: un nuovo e delicatissimo fronte all’ interno del già incandescente dibattito sui rapporti fra i mezzi di ricerca della prova e le nuove tecnologie».
Questo articolo che contiene, come tutti quelli di questo numero, anche una parte propositiva per la lotta alle mafie, è un ottimo punto di partenza per lo studio della criminalità organizzate nelle scuole anche se, come sostiene da tempo uno dei massimi conoscitori del fenomeno, il prof. Nando dalla Chiesa, che tante e tanti di noi docenti ha formato, la storia delle mafie dovrebbe entrare necessariamente a far parte dei programmi dei corsi di storia.

É auspicabile che approfondimenti di questo tipo, anche relativi alle diverse mafie autoctone e a quelle straniere, diventino sempre più numerosi nella rivista diretta da Lucio Caracciolo, magari a scapito di quelli dedicati a questioni militari, come L’Italia riarma lentamente e Game over nel Mar Rosso, che possono appassionare unicamente le e gli addetti ai lavori.

Se L’America non può più essere il nostro grande protettore è bene interessarsi un po’ a quanto sta succedendo al suo interno. Lo fa, con un’analisi piuttosto complessa, Federico Petroniche sul sito di Limes cura la sezione Fiamme americane. Potremo trovare un nuovo modo di collaborare con gli americani garantendo nei Paesi a noi vicini, grazie alla nostra posizione strategica condizioni di sicurezza e di stabilità che in passato abbiamo contribuito a distruggere? Ai lettori e alle lettrici scoprirlo.
Dei molti problemi che sta attraversando l’altra potenza, di cui da tempo il Nord Italia è diventato economicamente dipendente, scrive invece Giacomo Mariotto, sottolineando che oggi un allentamento del rigore del patto di stabilità potrebbe trovare socialdemocratici, verdi e persino alcuni conservatori tra i nostri alleati.
Per la Russia il futuro è passato è l’ottimo pezzo di Moscatelli e De Bonis, che ricorda i rapporti storici della Grande Russia con il nostro Paese. La fascinazione «arriva da lontano, dai tempi in cui gli architetti italiani venivano invitati a costruire palazzi e torri al Cremlino e poi nella nuova capitale San Pietroburgo, concepita da Pietro il Grande come affaccio sull’Europa di una Russia finalmente dotata di una flotta con cui reclamare un posto nel consesso delle potenze». Si è da poco celebrato il centenario del riconoscimento ufficiale dell’Urss da parte del Regno d’Italia ma, dopo l’invio di 8 pacchetti di armi all’Ucraina, ormai la Russia ci definisce “paese ostile”. Molto rumore e moltissimi sospetti sono circolati dopo l’operazione From Russia with Love durante la pandemia, che tanto ci aveva inizialmente commosso; eppure con la Russia bisognerà tornare a parlare per non rassegnarsi alla guerra. A tale proposito un bell’approfondimento sulla Federazione Russa è contenuto nel libro di Maria Chiara Franceschelli e Federico Varese La Russia che si ribella. Repressione e opposizione nel paese di Putin, pubblicato nel 2024 da Altreconomia, che riporta questa affermazione importante e terribilmente vera di Padre Ioan, pope ortodosso scomunicato e rifugiato in Bulgaria per aver predicato esplicitamente un vangelo di pace: «Il sangue degli abitanti dell’Ucraina macchierà non solo le mani dei governanti della Federazione Russa e dei soldati che eseguono i loro ordini. Esso macchierà le mani di chi tra noi approva questa guerra, o semplicemente rimane in silenzio.»
Ci vuole una nuova Helsinki, secondo l’ambasciatore italiano presso la Federazione Russa, per porre fine alla «grave degenerazione dei sistemi verso le economie di guerra. E si sa, le economie di guerra, per crescere, sostenersi e legittimarsi hanno bisogno di conflitti». E di conflitti nello spazio si occupa Marcello Spagnulo in Spazio all’Italia, da leggere
con attenzione.

Particolarmente interessanti le conclusioni del francese Reverdin contenute in Che cosa può fare l’Italia per tornare una potenza vera: «In questo mondo multipolare, l’unità dell’Occidente di fronte alla Russia nasconde divisioni e vulnerabilità strategiche; il Sud si afferma e cerca di diversificare le sue partnership; l’Estremo Oriente diventa – o riemerge – centro del mondo. Per l’Italia, che ha a lungo sofferto dello spazio occupato dalle vecchie potenze europee, si tratta di un’opportunità unica, perché può affermarsi nel grande gioco globale offrendo un volto diverso della potenza europea e diventare il nuovo partner privilegiato di molti attori in cerca di diversificazione in Europa, Africa e Asia. Per farlo, deve aumentare la propria comprensione delle dinamiche internazionali, sia nel Sud Globale sia nell’Indo-Pacifico, rafforzando il proprio ecosistema di think tank in grado di monitorare questi importanti sviluppi. Ma deve anche produrre una narrazione che la distingua dagli altri paesi impegnati nella competizione internazionale che si è aperta intorno alla riconfigurazione strategica del mondo. L’Italia ha innegabili risorse per avere successo: ma deve imparare a comunicare meglio, tanto è forte l’inerzia che può circondare certi luoghi comuni e pregiudizi».
Il numero di marzo di Limes allarga lo sguardo ai rapporti dell’Italia con la Francia, la Turchia, l’Africa in generale e il Giappone, dopo l’allontanamento dalla Cina dovuto alla nostra politica atlantista. Da molti degli articoli emerge, soprattutto nelle soluzioni proposte, un po’ di ingenuità, dettata dalla voglia di riscatto della nostra Nazione che si respira in tutto il volume. Sarà ancora possibile evitare il declino dell’Italia? Facciamo parlare il Direttore: «Crediamo di sì, anche nel nostro carissimo Belpaese. Però forse ci illudiamo. La nube delle propagande incrociate ci ha intossicato». Non resta che imparare a “vedere in prosa”. Se solo una parte di queste tematiche riuscisse a entrare nel dibattito pubblico italiano, al posto del chiacchiericcio autocentrato che caratterizza la nostra politica, sarebbe già un bel successo.
Due sono le scrittrici richiamate nell’editoriale: Anna Maria Ortese e Sandra Lucbert, figura interessante soprattutto per il suo libro Personne ne sort les fusils e per la sua critica al neoliberismo e al mondo finanziario. Sicuramente è merito di questo numero di primavera se presto la leggeremo. Continuiamo ad augurarci un’attenzione maggiore ai contributi del pensiero femminista sui temi affrontati da Limes. Il ruolo riservato a Canali è determinante, ma non basta.
La copertina di questo numero, giocata sui colori del verde mela e dell’arancio è spiegata da Laura Canali a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=5paCGrjTRFg .
***
Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.
