Cesenatico, estate 1966.
Nel mare ci sono ancora cavallucci, stelle, paguri.
Sulla spiaggia non ci sono gli ombrelloni, forse qualcuno in prima fila: ci sono le tende. Ve le ricordate quelle tende che il bagnino passava quattro volte al giorno a ruotare, legandole ai paletti piantati nella sabbia?
Alla spiaggia della parte “povera” della cittadina, quella chiamata di Levante, più vicina a Cervia, si arriva lungo una strada sterrata lunga circa un chilometro, per fortuna parzialmente alberata; a un certo punto, tramite un ponticello di legno, si attraversa una palude, ricca di canne, ranocchi e sanguisughe.
Sono tre, allora, gli stabilimenti nella riviera di Levante: il bagno Wanda (io l’ho conosciuta la signora Wanda, e avevo fatto amicizia con uno dei suoi figli, Terzino), il bagno Pasquina e, ovviamente, il bagno Levante. Poi tutta spiaggia libera, fino ad alcune colonie, prima di arrivare, guadando un fiumiciattolo, alla pineta di Cervia che nel 1966 è ancora una vera pineta. È bellissimo, per me sedicenne, essere in quel posto dalla fine delle lezioni alla riapertura della scuola, alloggiando in una pensione alla buona, ma vivace, ben tenuta e confortevole, coccolato dalla signora Ida– cuoca strepitosa anche se non propriamente attenta alla dieta–e dal marito Armando.
E poi c’è il dancing Florida, con la musica dal vivo; mi piace tantissimo andarci ma raramente ho abbastanza soldi, visto che buona parte della paghetta finanzia l’acquisto di qualche volumetto Urania, le partite a calciobalilla e, con parsimonia, una pizza
serale a Ponente.
Ma una sera mi accorgo che il bassista del complesso non suona, fa solo finta: me ne accorgo perché io il basso lo suono già da un paio d’anni, male, ma lo suono veramente.
Così mi faccio coraggio e vado a parlargli, rivelandogli che ho scoperto il suo segreto; lui mi supplica di non dire niente, ha bisogno di rimpolpare le sue entrate. Io gli propongo di insegnargli quello che posso, in cambio di qualche ingresso gratuito al dancing per me e magari per qualche ragazza.
È così che una sera vado a ballare, anche se come ballerino faccio pena, con una coetanea molto carina e ancora più impacciata di me: in vacanza nella stessa pensione dove sto io, quella sera ha avuto il permesso di uscire, ma non avrebbe mai potuto permettersi l’ingresso.
Ma la cosa straordinaria è che, a un certo punto, stanchi del dancing, andiamo in spiaggia e ci sediamo su un pattino a guardare il mare e le stelle.
Non ricordo bene: ma ricorderò per tutta la vita quel primo bacio, un vero bacio con tutti gli annessi e connessi; nulla di più, per quell’epoca era il massimo possibile della trasgressione. Una dolcissima trasgressione.
Dimenticavo: alla fine dell’estate il bassista del complessino suonava il suo
strumento davvero.
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Articolo di Roberto Del Piano

Bassista (elettrico) di estrazione jazz da sempre incapace di seguire le regole. Col passare degli anni questo tratto caratteriale tende progressivamente ad accentuarsi, chi vorrà avere a che fare con lui è bene sia avvertito.
