Editoriale. Quanto è triste Venezia, soltanto un anno dopo

Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come aveva lottato per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su sé stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944». «Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’Anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana».
Sarebbe andato in onda sabato scorso, durante la trasmissione Chesarà, su Rai3. Invece Antonio Scurati, classe 1969, scrittore, giornalista, docente di Letteratura italiana allo Iulm di Milano, vincitore del Premio Strega, due volte del Premio Campiello e chi più ne ha più ne metta, non ha potuto leggere il discorso chiesto dalla conduttrice e in un primo momento accettato dalla Rai e poi (la stessa Bortone, che conduce il programma se ne è meravigliata) disdetto all’ultimo momento, 24 ore prima, con il pretesto della cifra pattuita (1.800 euro, come per tutte/i gli scrittori).
Il perché, anzi i perché sono stati tanti, diversi e contradditori. Alla fine è intervenuta anche la premier che ha risposto sui social finendo, però, per provocare, pur riconoscendo la libertà di parola allo scrittore napoletano, una reazione di Scurati forte e dissenziente: «Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria – ha commentato subito il premio Strega che ha scritto ben quattro libri su Benito Mussolini e con il primo “M” ha vinto appunto lo Strega –. Io non ho polemizzato con nessuno, né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda. Io ho solo accolto l’invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall’agenzia che mi rappresenta e perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto. La decisione di cancellare il mio intervento è evidentemente dovuta a motivazioni editoriali, come dichiarato esplicitamente da un documento aziendale ora pubblico. Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato. Continua a esserlo ora che si sposta il discorso sulla questione evidentemente pretestuosa del compenso. Pur di riuscire a confondere le acque, e a nascondere la vera questione sollevata dal mio testo, un capo di Governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo. Questa – prosegue Scurati – gentile Presidente, è una violenza. Non fisica, certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?».
A distanza di giorni, e con il 25 aprile ormai celebrato, non si sa chiaramente, comunque, ancora da chi sia partito questo categorico niet alla messa in onda di ciò che Scurati aveva scritto per la ricorrenza. Un boomerang che, però, è tornato indietro e in modo talmente efficace che non solo è stato letto, comunque e coraggiosamente, dalla stessa Serena Bortone, ma ha dato vita, in un’eco infinita, a tutta una serie di letture e di ascolto, è rimbalzato di rete in rete, anche nelle televisioni private (lo ha recitato, tra gli altri, subito dopo, Roberto Vecchioni insieme a Massimo Gramellini, su La 7), di giornale in giornale, che puntualmente hanno pubblicato discorso integrale e commenti importanti. Sui social la riflessione di Scurati sulla Liberazione e sul fascismo è diventata decisamente, di ora in ora, virale, rendendo altissimo il numero di lettori e lettrici.
Tanto che si è coniato addirittura il termine Telemeloni per indicare la Rai “sorvegliata” dal governo. Il tam-tam è arrivato a fare notizia anche sulla stampa estera. Su giornali, televisioni e siti d’oltralpe i commenti sono stati numerosissimi e hanno fatto interpretare, con preoccupazione, la vicenda fuori dai nostri confini. «Niente antifascismo in Rai: ecco quello che Meloni non vuole sentire»: è il titolo diretto di Die Tageszeitung, che nel testo sottolinea come la presidente del Consiglio italiano non vuole che le si ricordi il fascismo e che per questo Antonio Scurati ne avrebbe fatto le spese. Di «Accuse di censura contro la televisione pubblica italiana» parla anche la Frankfurter Allgemeine la quale, raccontando la vicenda nei dettagli scrive che: «il caso Scurati si è trasformato in uno scandalo mediatico per la presidente Meloni». E che racconta la vicenda nei dettagli. «Scandalo per il discorso cancellato alla Rai» con tanto di pubblicazione integrale del discorso censurato, per lo Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti quotidiani tedeschi, che pone l’accento su «La parola che non si vuole dire». RedaktionsNetzwerk Deutschland titola: «I problemi di Meloni con il giorno della Liberazione». Insomma, mentre qui Scurati subisce censura e la Rai porta motivazioni colorite e di dubbia verità, lo scrittore gode di grande considerazione all’estero «scrittore stimato, e non solo in Italia, insignito di numerosi premi».
«Onore a Scurati» si legge, infatti, sul sito della rivista francese di letteratura, filosofia, politica e arte La Règle du jeu dove troviamo pubblicata la traduzione in francese del testo censurato dello scrittore. «Il romanziere e intellettuale italiano ha appena vissuto un episodio brutale – si legge – una sovraesposizione mediatica di cui avrebbe certamente fatto a meno – continua – (questo succede) … da quando il governo Meloni è salito al potere, i licenziamenti e le dimissioni forzate di alcune delle figure più emblematiche della Rai».
«Il caso Scurati – riferisce il quotidiano da cui attingo questi commenti sui giornali esteri – finisce anche sul Financial Times» Il titolo è: «La tv di Stato nel mirino delle critiche». L’articolo ripercorre le tappe della vicenda che ha coinvolto «un autore critico con Giorgia Meloni al quale è stata staccata la spina». Il Times: «Meloni usa la tv di stato come suo megafono» titola il quotidiano, che pone l’accento su quello che definisce «l’asfissiante controllo politico» della premier sulla Rai.
L’articolo di La Repubblica cita anche De Groene Amsterdammer, il più antico settimanale d’opinione dei Paesi Bassi, dal 1877 considerato il faro dell’opinione liberale, che scrive: «La tv di Stato italiana cancella il discorso antifascista». Per il giornale olandese si parla del rifiuto di Giorgia Meloni «di menzionare la causa della Festa della Liberazione: la sconfitta della dittatura fascista». Sempre in Olanda, sul sito dell’emittente Bnnvara, «a corredo dell’articolo in cui viene riassunta la vicenda, c’è un ampio stralcio del discorso di Scurati, tenuto domenica scorsa a Napoli durante la giornata conclusiva di Repubblica delle Idee. Il discorso è posto anche nell’originale italiano». Infine, per il quotidiano belga De Standaard «il caso Scurati diventa l’occasione per riflettere sulla preoccupazione dei giornalisti italiani per la riduzione della libertà di stampa».
C’è da dire che questa della trasmissione di Serena Bortone (che è stata invitata comunque alle dimissioni e accusata «di fare meno ascolti di don Peppone su una tv di Mediaset») non è il solo episodio accaduto di silenziamento. Era successo con Roberto Saviano, al quale erano state cancellate le quattro puntate di Insider già registrate e programmate per essere messe in onda a novembre scorso, a Dargen D’amico, poi c’è stato il bacio gay nella fictioni Gloria e, da non dimenticare, le doppie mamme del cartoon Peppa Pig. Tutto dal 2022!
Dalla Roma di Viale Mazzini a Venezia. Nella città lagunare da oggi si entra a pagamento, con il biglietto, come al cinema. In effetti l’obbligo del ticket per entrare nella città dei dogi è partito giovedì 25 aprile e durerà per tutto il lungo ponte di questo fine aprile. A pagarlo (l’ingresso è di 5 euro a persona) sono le persone che entrano nel centro storico per un giorno solo, insomma, il/la cosiddetto/a turista mordi e fuggi che però si sente tradito sia dal peso economico (una famiglia con due figli sopra i 14 anni, pagherebbe ben 20 euro), sia perché contrasterebbe la «libera circolazione delle persone» dettata dall’Unione Europea e penalizzerebbe l’opportunità, che deve essere di tutti, di usufruire della cultura e della bellezza. E di bellezza e cultura Venezia certo non manca! In più è palese che una soluzione del genere andrebbe a penalizzare solo o soprattutto chi è meno abbiente, seppure gli under 14, i lavoratori e le/gli studenti siano escluse/i dal pedaggio. «Un esperimento – dicono dal Comune – che interesserà un certo numero di giorni dell’anno (ponti, come questo, e fine settimana)». Intanto solo per il primo giorno le persone entrate a Venezia paganti sono state circa 80 mila. Ora, comunque, tornare a Venezia avrà un altro sapore, farà sentire la bocca un po’ amara della disuguaglianza (l’articolo 3 della Costituzione di cui si parlerà in questo numero) e speriamo stimoli soluzioni diverse e si migliori per proteggere questa delicata città.
Dovevamo parlare anche di francobolli «quei quadratini di carta», oggi, ai tempi delle mail e della Posta elettronica certificata, un po’ fuori uso, ma che invece segnano la storia culturale, sociale e artistica dei paesi del mondo in cui sono e sono stati in uso. Ne volevamo parlare per la notizia, della settimana scorsa, riguardante quello dedicato a Silvio Berlusconi, uno tra i tanti presidenti del consiglio, scomparso da poco. E volevamo parlare della vera povertà di figure femminili presenti negli oggetti filatelici italiani e non italiani. Della fatica che Noi rete donna, l’associazione fondata da Marisa Rodano (per la quale da tempo si è proposta la dedica di un francobollo) e da Daniela Carlà, a far accettare la maggiore presenza femminile. Ma ci sarà tempo di ritornare a parlarne. Allora ben venga la mostra che si apre domani a Roma, nello spazio espositivo Esperienza Europa – David Sassoli (a piazza Venezia 6c) su Il voto delle donne raccontata attraverso le immagini dei francobolli di tutti i paesi aderenti all’Unione europea e dedicati proprio alle donne. Intanto sull’argomento una bella notizia: quella del francobollo commemorativo dedicato alla grande Eleonora Duse per il centenario della scomparsa, il 21 aprile. Ancora un anniversario, i 150 anni dalla nascita, hanno portato sul quadratino di carta delle Poste Italiane Guglielmo Marconi.
Le poesie per pensare a questo 25 aprile, ormai passato e sembra in maniera non cruenta, da festeggiare sempre nel cuore, sono di Gianni Rodari e di Giuseppe Ungaretti. La prima è sui fratelli Cervi, sette persone fucilate dai repubblichini a Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943 per rappresaglia.
Poi una riflessione di Ungaretti per i morti della Resistenza.

Sette fratelli

Sette fratelli come sette olmi,
alti robusti come una piantata.
I poeti non sanno i loro nomi,
si sono chiusi a doppia mandata:
sul loro cuore si ammucchia la polvere
e ci vanno i pulcini a razzolare.
I libri di scuola si tappano le orecchie.
Quei sette nomi scritti con il fuoco
brucerebbero le paginette
dove dormono imbalsamate
le vecchie favolette
approvate dal ministero.
Ma tu mio popolo, tu che la polvere
ti scuoti di dosso
per camminare leggero,
tu che nel cuore lasci entrare il vento
e non temi che sbattano le imposte,
piantali nel tuo cuore
i loro nomi come sette olmi:
Gelindo,
Antenore,
Aldo,
Ovidio,
Ferdinando,
Agostino,
Ettore
Nessuno avrà un più bel libro di storia,
il tuo sangue sarà il loro poeta
dalle vive parole,
con te crescerà
la loro leggenda
come cresce una vigna d’Emilia
aggrappata ai suoi olmi
con i grappoli colmi
di sole.
(Gianni Rodari, 1955)

Per i morti della Resistenza

Qui
vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti
li avessero aperti
per sempre
alla luce

Buon 1 maggio e buona lettura a tutte e a tutti

Nella settimana in cui si è celebrata la liberazione dal nazifascismo, la rassegna si apre con Costituzione letteraria. Art. 3, il sogno di una società giusta che la Resistenza ci ha consegnato. Un articolo che si batte contro ogni discriminazione ma in particolare contro quella di sesso, come volle Lina Merlin, Madre Costituente, che, insieme alle altre 20 Madri della Repubblica aprì la strada alla conquista, non ancora raggiunta, della parità di genere. Di queste splendide donne parliamo anche in Rachele Bianchi e le 21 Costituenti il racconto della serata di inaugurazione della Mostra di Toponomastica femminile al Municipio 1 di Milano dedicata alle 21 pioniere della parità e del lavoro di squadra e all’artista che scolpì la prima statua dedicata a una donna a Milano.
Nell’arte più che di discriminazione deve parlarsi di misoginia. Ce lo ricorda l’autrice di La storia dell’arte senza gli uomini, contestando Gombrich, il mostro sacro della storia dell’arte, che nel suo testo più famoso, arrivato alla sua sedicesima edizione, si degna di ricordare tra le artiste solo una donna. Rimanendo nel mondo dell’arte, per “La targa che non c’è” incontriamo Via Angelo Brunetti n° 35: la casa della pittrice Deiva De Angelis, una figura fuori dagli schemi, per cui è impossibile non provare una grande simpatia.
Dall’arte passiamo alla carta stampata per scoprire tra le Attiviste e pioniere della carta stampata negli Usa. Jane Grey Cannon Swisshelm, donna-ponte. Quanto sono cambiati gli Stati Uniti ce lo racconta Mal d’America, la recensione mensile di Limes. Voliamo dagli States a Londra per incontrare Ethel Leginska, riscoperta di una musicista di talento e direttrice d’orchestra apprezzata soprattutto dopo la sua morte. 
Coma sa chi ci legge da tempo, ci piacciono le storie delle donne che ce l’hanno fatta. Dr.a Adele Sgarella. Prima Direttora del dipartimento di Chirurgia è una di queste!
Veniamo alla nostra sezione narrativaRacconti brevissimi di Daniela Piegai. Futuro anteriore è il regalo che questo mese ci fa la scrittrice di fantascienza che abbiamo imparato a conoscere. Per flash-back leggeremo invece una storia degli anni Sessanta: La figlia di un matrimonio misto.
Parliamo di decostruzione degli stereotipi di genere con l’autrice dell’articolo sulla mostra Da grande farò, che ce ne racconta la storia.
Il 19 aprile scorso c’è stata, nell’Aula Magna dell’Università di Roma tre la premiazione delle scuole che hanno partecipato al Concorso Sulle vie della parità. Una festa bellissima, presentata nel Report che ne ripercorre le fasi più salienti.
Prima di chiudere con la ricetta vegana della settimana, Crostata di lenticchie, annunciamo l’inizio di una nuova serie, con l’articolo che ne è l’introduzione: Femminismo/femminismi. Memorie di una femminista della seconda ondata.
Ci salutiamo augurando a tutte e tutti un primo maggio di festa e di lotta per una giusta retribuzione, uguale per uomini e donne e contro le troppe morti sul lavoro.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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