Sguardi sulle differenze. Frances Ha, storia d’una amicizia

Il sesto appuntamento del ciclo di incontri Parlarne tra amiche–raccontarsi e ri-conoscersi nella relazione con le altre, curato dal Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone-Sguardi sulle differenze della Sapienza di Roma, si apre con la proiezione del film Frances Ha. La parola chiave della discussione è creatività, e viene dopo: autocoscienza, sisterhood, ambivalenza, corrispondenze. A differenza degli incontri precedenti, il punto di partenza del seminario non è nei testi, ma nella visione condivisa della pellicola in bianco e nero americana del 2012. Diretto da Noah Baumbach, che ne ha anche curato la scrittura insieme a Greta Gerwig, il film indaga il rapporto di amicizia tra Sophie (Mickey Summer) e Frances, interpretata da Greta Gerwig stessa. Ripercorriamo brevemente la trama, prima di dare voce alle relatrici scelte per questo tema.
Frances Halladay è una giovane donna di ventisette anni che vive a New York e sogna di diventare una ballerina professionista, nonostante sia al momento un’apprendista presso una compagnia di danza. Condivide un appartamento a Brooklyn con la sua migliore amica Sophie; le due sono molto vicine e trascorrono gran parte del loro tempo insieme, condividendo sogni, aspirazioni e una forte connessione emotiva. È proprio in questo inizio che vediamo Frances rompere con il suo ragazzo, Dan, che le aveva proposto una convivenza negatagli dalla compagna che non voleva in nessun modo tradire il patto di amicizia con Sophie. Tuttavia, poco dopo, Sophie decide di trasferirsi in un appartamento più costoso con un’altra amica, Lisa, e la vita di Frances inizia a cambiare radicalmente. Si trova improvvisamente sola e comincia a lottare per trovare un lavoro stabile e per mantenere i suoi sogni artistici vivi, oltre che reinventare una socialità che non comprenda più la sua amica del cuore. La relazione con Sophie diventa infatti molto tesa quando quest’ultima si trasferisce in Giappone con il fidanzato Patch. Senso di abbandono e depressione sembrano pervadere la protagonista, che appare però danzare sui problemi con una malcelata superficialità di azioni e parole. Torna dai genitori a Sacramento, passa l’estate a lavorare nel vecchio college, trascorre un tristissimo fine settimana solitario a Parigi, per poi rientrare a New York, scoprendo di essere stata licenziata e di ricevere la proposta del posto da segretaria della maestra di danza. Rifiuta con sdegno, ferma nell’idea di meritare un ruolo nella compagnia come ballerina. Durante l’estate al college incontra casualmente Sophie, con la quale si riconcilia, ma che poi perde di nuovo di vista per molto tempo. Dopo numerosi altri tentativi di sopravvivenza, accetta il lavoro da segretaria, e questo le permette di dedicare del tempo alla creazione di coreografie per giovani esordienti. Il film si conclude proprio con la presentazione di una sua coreografia, con le persone a lei care in sala, e il trasferimento in una casa tutta sua, dove il suo nome, troppo lungo per la cassetta della posta, viene ridotto a Frances Ha.
Il dialogo intorno al film è mediato da Mariagabriella di Giacomo, che introduce le ospiti e il tema della giornata. La prima a prendere parola è Daniela Brogi, storica della Letteratura moderna e contemporanea, docente a Siena, studiosa delle forme narrative nella letteratura e nel cinema, di visual studies, autrice di scritti sul cinema. Esordisce dicendo che Frances Ha sembra un film facile e documentaristico, ma non lo è; ha, al contrario, una sceneggiatura molto interessante. La protagonista è definita “stramba”, “inguaiata”, nel senso che passa da un guaio all’altro, e lo fa con un’energia cinematica che scandisce il ritmo incalzante della storia. Non c’è mai un momento in cui Frances esterna il proprio dolore, avviene una completa estroflessione del suo male di vivere: mai un pianto, uno sfogo, un segnale di cedimento. Lei è, come si definisce e come viene definita, undatable, infrequentabile, sempre fuori posto, fuori tempo, fuori spazio, inadatta, senza limiti. Ha una relazione simbiotica con Sophie molto infantile e possessiva, e vive una condizione di dislivello materiale ed economico con le persone che frequenta. È isolata dal mondo che la circonda anche perché non ha i mezzi per goderne o per farne realmente parte. Nonostante tutto ciò, Frances danza con vitalità sulla sua frustrazione. Brogi ci regala un interessante spunto riflessivo che parte da un’osservazione tecnica su una scena in campo e controcampo: durante una cena, Frances fa un breve monologo che riportiamo di seguito. «Quello che voglio è quel momento, è questo che voglio da una relazione, questo spiega perché sono single adesso […] è quella cosa per cui quando stai con qualcuno e lo ami, e lui lo sa, e lui ti ama e anche tu lo sai. Come essere a una festa ed entrambi state parlando con altre persone, e tu sei lì e sei splendida, e poi guardi dall’altra parte della stanza ed incroci il suo sguardo, ma non perché siete possessivi o per qualche istinto sessuale, ma perché lui è la persona giusta per te in questa vita. Ed è divertente e triste insieme, perché questa vita finirà e c’è un mondo segreto che esiste proprio qui. In pubblico non ce ne rendiamo conto, nessun altro lo conosce, è come quando ci dicono che ci sono altre dimensioni tutte intorno a noi, ma non abbiamo la capacità di percepirle. È questo che voglio in un rapporto di coppia, o dalla vita suppongo… l’amore». Ecco, dopo lo spettacolo coreografato da Frances, lei e Sophie avranno questo scambio di sguardi, che viene sapientemente girato in campo e controcampo, non in un’unica inquadratura, proprio a indicare che la simbiosi è rotta, ognuna ha il proprio spazio, ma possono ugualmente contare l’una sull’altra.
La seconda relatrice è Annalisa Perrotta, docente di Letteratura italiana e Studi di genere presso la Sapienza. Si concentra, in prima battuta, sull’infantilismo di Frances, che ha sogni da bambina (fare la ballerina e passare la vita con la sua migliore amica) e relazioni da bambina. È impacciata, eccedente, incapace di occupare tempi e spazi nel modo giusto. Al contrario, Sophie si trova nella scala mobile della relazione con Patch, che comprende fidanzamento, convivenza, trasferimento, matrimonio. Il percorso della protagonista è di successo, anche se non ci viene mostrato nel dettaglio come ci arriva, attraverso quali tappe di crescita.
La terza e ultima ospite è Nicoletta Di Paolo, dottoranda a Zurigo e laureata in Filologia moderna. Ha la stessa età di Frances e propone un’analisi che prende le mosse dalle parole di Greta Gerwig in un’intervista. L’attrice rivela che uno dei testi alla base della stesura del film è La linea d’ombra di Joseph Conrad, nel quale si citano delle linee che ci si accorge di aver percorso soltanto dopo averlo fatto. Così Frances supera la linea della giovinezza senza neanche rendersene conto, raggiunge inconsapevolmente l’età adulta; e nel passaggio di questa linea, a mancare è il riconoscimento nella sua amica storica. Non si tratta di una storia di crescita perché probabilmente Frances è già adulta, deve solo accettarlo, fare pace con l’imperfezione, stringersi un po’ per entrare nello spazio del mondo, così come farà con il suo cognome, del quale rimane soltanto la sillaba della risata: Ha.

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Articolo di Emilia Guarneri

Dopo il Liceo classico, si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino. In seguito si trasferisce a Roma per seguire il corso magistrale in Gestione e valorizzazione del territorio presso La Sapienza. Collabora con alcune associazioni tra le quali Libera e Treno della Memoria, appassionandosi ai temi della cittadinanza attiva, del femminismo e dell’educazione alla parità nelle scuole.

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