Barbara, Serena e Gabriella Seidenfeld

La biografia delle tre sorelle Seidenfeld è emersa solo grazie agli studi sull’emigrazione antifascista: pur avendo ricoperto ruoli di primo piano nella storia sociale e politica d’Italia e d’Europa per tutto il corso della loro esistenza, ci sono voluti anni per far luce sulle vicende di Gabriella, Barbara e Serena. Nate negli anni intorno al 1900, appartenevano a una famiglia ebraica ungherese trapiantata a Fiume durante il periodo di massimo sviluppo economico della città, coincidente con il dominio dell’Impero austro-ungarico. Istruite, poliglotte e cosmopolite, vissero da protagoniste il periodo della caduta dell’Impero a Fiume, della Rivoluzione russa (attratte dalle nuove idee femministe e innovative di cui si fecero promotrici), strinsero amicizie e relazioni di militanza politica, assunsero ruoli di primo piano all’interno del Partito comunista italiano, condussero ininterrottamente azioni di attivismo politico durante l’esilio e continuarono a spendersi in politica e nel sociale anche dopo essere rientrate in Italia e fino alla fine delle loro vite.
Vissero a Fiume fino al 1920 quando, nonostante avessero già intrapreso il percorso universitario, Barbara e Serena decisero di trasferirsi a Roma e di entrare a far parte del Partito comunista nel 1921. Gabriella, rimasta a Fiume, iniziò la sua militanza nel Partito comunista dello Stato libero di Fiume. L’attività politica la mise in contatto con Secondino Tranquilli (il grande scrittore in seguito noto come Ignazio Silone), di cui divenne compagna di vita e di impegno per molti anni.
Scrive Franca Magnani in Una famiglia italiana: «Si era iscritta da poco al Partito comunista, insieme alle due sorelle Serena e Barbara. […] Quando incontrò Silone faceva l’impiegata di banca a Fiume. Lui le chiese se sapeva il tedesco perché l’Internazionale giovanile comunista aveva sede a Berlino e cercava una compagna che conoscesse bene sia l’italiano che il tedesco e fosse disposta a trasferirsi a Berlino. Gabriella decise di lasciare la sua città, andò a Roma dove per un breve periodo lavorò insieme a Silone, e successivamente partì per Berlino. Le vicende sentimentali di Gabriella e Silone si intrecciarono con quelle politiche, caratterizzate da un susseguirsi di attività clandestine, arresti, fughe, galera, documenti falsi, cambiamenti di nomi, soggiorni all’estero, esilio. […] L’aspetto florido, l’espressione sorridente e i suoi modi affabili contrastavano con le storie emozionanti di cui era stata protagonista.[…] Li evocava con l’umorismo inconfondibile degli ebrei mitteleuropei».
A seguito dei continui atti di persecuzione subìti dalla polizia, nel 1922 Gabriella decise di raggiungere le sorelle a Roma. Insieme, militarono nel Partito comunista per circa dieci anni prima di diventare emigrate e di compiere scelte di vita e di politica divergenti.
Gabriella viaggiò in Europa fino al 1925: si recò a Berlino, Trieste, Renania, in Spagna (dove venne arrestata con Silone) e Parigi. Rientrata a Roma divenne funzionaria del Partito comunista. Nel 1926 si recò in Svizzera dove rimase fino alla fine del conflitto mondiale. Intorno al 1930, a seguito di delusioni e conflitti, sia sociali sia interni al Partito e alle sue correnti, si avvicinò, insieme al compagno, all’antifascismo socialista tanto da decidere, poco dopo, di abbandonare per sempre il Partito comunista d’Italia. Nel frattempo, Silone scelse di dedicarsi completamente alla carriera d’intellettuale come scrittore, abbandonò la politica e pose fine alla relazione con Gabriella.
Terminata quella storia, Gabriella attraversò un periodo di grande difficoltà e sofferenza personale. Nel 1933, persa la protezione del Partito, fu costretta a unirsi, con un matrimonio combinato, a Eduard Maier per non diventare clandestina e poter raggiungere la sorella Barbara, nel frattempo emigrata a Parigi.
Gabriella divenne una fondamentale attivista del Soccorso operaio svizzero, promosso dal Partito socialista, che la rese protagonista di azioni determinanti quale fu l’organizzazione del piano di aiuti alla popolazione civile e ai partigiani della Val d’Ossola in ritirata a seguito dell’offensiva lanciata dai tedeschi contro la Repubblica partigiana.
Alla fine della guerra rientrò in Italia, prima a Milano e poi a Roma, dove continuò il suo impegno nell’assistenza ai profughi di guerra, soprattutto bambini e bambine. Gabriella fu l’unica delle sorelle a scrivere una biografia, fondamentale per la ricostruzione delle loro vicende, intitolata Le tre sorelle. Morì nella capitale il 12 luglio del 1977.
Barbara, come Gabriella, dal 1923 iniziò a viaggiare nel continente europeo e diventò una figura di riferimento apicale del Partito comunista. Si spinse fino in Russia, dove incontrò il dirigente di cui diventò compagna di vita: Pietro Tresso. L’inasprirsi della repressione fascista la costrinse a entrare in clandestinità a partire dal 1926. Divenne, insieme alla sorella Serena, figura di collegamento tra esponenti, sostenitori e perseguitati del Partito rimasti in Italia e quelli emigrati all’estero. Si stabilì a Parigi con il compagno, si impiegò  in un’industria bellica e nel 1937 sposò Élioz Stratiesky per ottenere documenti regolari. Sempre con Tresso, iniziò ad avvicinarsi alle posizioni politiche trockiste, in contrasto allo stalinismo dominante nel Partito. Quando Tresso venne espulso dal Partito comunista anche lei scelse di abbandonare la causa. Questa decisione comportò la fine della protezione di cui avevano goduto durante l’esilio e l’inizio di un periodo di grandi difficoltà. Restarono insieme a Parigi fino al 1941, anno in cui la guerra li costrinse a fuggire in differita a Marsiglia dove furono comunque arrestati dalla Gestapo. Mentre la donna fu rilasciata, Tresso venne condannato ai lavori forzati. Liberato nel 1943 dai comunisti, fu in seguito da loro stessi assassinato perché dissidente.
Perse le tracce del compagno, Barbara cercò per diversi anni di far luce su quanto accaduto e rientrò in Italia solo nel 1946 dopo essersi rassegnata alla sua morte. Senza mai porre fine alla volontà di far emergere motivazioni e mandanti dell’omicidio di Tresso, negli anni del dopoguerra si avvicinò al Soccorso operaio svizzero. In particolare, fondò a Rimini, una delle città più devastate dai bombardamenti, il Centro Educativo Italo Svizzero (tutt’oggi esistente come scuola dell’infanzia e scuola primaria parificata) con Margherita Zöebeli. Morì a Rimini il 3 novembre 1978.   

Al contrario delle sorelle maggiori, Serena rimase all’interno dell’organizzazione comunista fino alla fine dei suoi giorni. Intrapresa l’emigrazione politica si recò prima a Parigi, dove rimase per cinque anni, poi rientrò in Italia per organizzare il Centro interno e contribuire alla costituzione della rete di comunicazioni internazionali che aveva coinvolto anche le sorelle. Nel 1928 si spostò in Svizzera, a Basilea, dove fu trasferita insieme alla sede del Centro interno. Lì ebbe modo di trascorrere del tempo con Gabriella finché non decise di emigrare in Unione Sovietica dove condusse vent’anni di militanza attraverso missioni all’estero e collaborazioni con gli esponenti più importanti del Partito.
La sua perseveranza nel condurre le politiche comuniste la costrinse ben presto a chiudere ogni tipo di rapporto e corrispondenza con le sorelle, prima con Barbara e poi con Gabriella, a causa delle divergenze insanabili cui abbiamo accennato e, probabilmente, anche per una forma di tutela reciproca. Serena rientrò in Italia solo a conflitto finito, si stabilì a Milano dove lavorò al quotidiano L’Unità e morì il 2 dicembre 1961.
Per approfondire le notizie presenti nell’articolo consigliamo la lettura del libro Le tre sorelle Seidenfeld. Donne nell’emigrazione politica antifascista di Sara Galli, edito da Giunti nel 2005.

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Articolo di Michela Di Caro

Originaria di Matera, vivo a Firenze da 15 anni. Studente, femminista, docente di sostegno di Scuola Secondaria di II grado, sono fisioterapista libera professionista e mamma di tre piccole donne.

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