Fabiola Gianotti, fisica. Una protagonista del nostro tempo

Al confine tra la Francia e la Svizzera, nel comune di Meyrin, che si trova alla periferia ovest della città di Ginevra, è situato il più grande laboratorio del mondo per la fisica delle particelle.
Fu costruito all’inizio degli anni ‘50 col contributo di 12 stati europei, con l’intento di restituire al nostro continente il primato nella fisica, che si era drammaticamente dissolto durante la Seconda guerra mondiale, quando le menti più brillanti della Scienza si erano dovute trasferire negli Stati Uniti.

Attualmente comprende 7 acceleratori principali, il più grande dei quali è entrato in funzione nel 2008 e ha una circonferenza di 27 Km: in un enorme anello sotterraneo due fasci di protoni sono accelerati fino a raggiungere una velocità prossima a quella della luce e poi fatti scontrare. Studiando i frammenti ottenuti è possibile capire come è fatta la materia nei suoi componenti fondamentali. Al suo funzionamento contribuiscono attualmente 20 stati, con un bilancio annuo di circa 1 miliardo di euro. Vi lavorano stabilmente circa 4000 persone, ma molto maggiore è il numero di appartenenti a università ed enti di ricerca sparsi in tutto il mondo che vi svolgono in parte i loro studi.
Dal 1° gennaio 2016, una fisica italiana, Fabiola Gianotti è stata nominata Direttrice Generale del Cern. È stata la prima donna a ricoprire questo incarico, e anche la prima a essere riconfermata per un secondo mandato. Guiderà il centro di ricerca fino al 2025.

Fabiola Gianotti è nata a Roma il 29 ottobre 1960. A 7 anni si è trasferita con i genitori a Milano, dove ha compiuto tutto il suo percorso di studi. Il padre era un geologo e fin da bambina le ha ispirato l’amore per la natura e l’interesse per la scienza. La madre era una letterata, appassionata di musica e arte. A lei, Gianotti riconosce il merito di averle trasmesso il culto del bello e la passione per la musica.
Dopo il Liceo Classico e il diploma in pianoforte al conservatorio, Fabiola deve scegliere fra l’arte e la bellezza da una parte e il rigore scientifico dall’altra. Non è una scelta facile, ma lei riesce a trovare una sintesi armoniosa fra le sue due anime: «Dobbiamo abbattere i silos culturali. Troppo spesso le persone considerano la scienza e le arti completamente disaccoppiate, compartimentate. Per me non sono cose diverse. Sono entrambe le massime espressioni della creatività, della curiosità, dell’ingegno dell’umanità» ha dichiarato in un’intervista.
È la lettura di una biografia di Maria Skłodowska, meglio nota come Maria Curie, a ispirare la sua scelta: scopre che la ricerca scientifica faceva parte integrante della vita domestica della grande scienziata e che grazie alla fisica una persona apparentemente normale aveva potuto fare cose eccezionali per l’umanità. Comprende che è questa la strada che può aiutarla a soddisfare la sua curiosità di capire come è fatto il mondo. E sarà la fisica delle particelle elementari, per andare a scavare dentro alla materia e indagarla fino ai suoi componenti più elementari, il suo campo di ricerca.
Ma Fabiola non smette mai di amare la musica. Dichiara: «Ho dovuto scegliere. Ho deciso che avrei potuto coltivare la musica, ma non la fisica, come hobby». E ancora: «Il rigore, la precisione e la creatività che ho imparato nei miei studi musicali sono importanti quanto i miei studi di fisica in quello che faccio oggi come scienziata».
Dopo la laurea e il dottorato in fisica subnucleare partecipa a un concorso per una borsa di studio bandito dal Cern e parte per Ginevra con l’idea di restarvi solo per i due anni di durata della borsa di studio, ma ottiene un’assunzione come ricercatrice e vi rimane definitivamente. La passione per la scienza, la totale dedizione alla ricerca e il lavoro di squadra saranno per sua stessa ammissione i segreti del suo successo. «Tra queste mura mi sento come una bambina in un negozio di dolci», ha dichiarato «È il laboratorio più importante nel nostro campo, non c’è altro luogo dove desideri stare».
Le particelle elementari rappresentano l’avanguardia della fisica e richiedono un così alto grado di specializzazione che moltissime persone collaborano alla stessa ricerca: Fabiola Gianotti dimostra sul campo non solo le proprie doti di ricercatrice, ma anche la sua grande capacità di guidare e organizzare il lavoro del gruppo.
Nel 1992 inizia a lavorare ad Atlas, il più grande esperimento scientifico mai realizzato: il 1° marzo 2009 i quasi 3000 studiosi e studiose che vi collaborano la scelgono come loro coordinatrice. In questa veste, il 4 luglio 2012, presso l’auditorium del Cern, è lei ad annunciare la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs.
L’esistenza di questa particella era stata ipotizzata nel 1964 dal fisico teorico britannico Peter Higgs per spiegare il meccanismo attraverso il quale si origina la massa delle particelle. Ci sono voluti quasi 50 anni per rivelarne l’esistenza, il che ha permesso di confermare la validità del Modello Standard e di fare un grande balzo in avanti alla comprensione dell’Universo.

Nel 2012 il settimanale americano Time ha dedicato a Fabiola Gianotti la copertina, inserendola anche come quinta in classifica nella lista delle personalità più importanti dell’anno e nel 2017 è entrata a far parte delle 100 donne più potenti al mondo, nella classifica stilata da Forbes.
Nel 2020 Papa Francesco l’ha nominata membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze. Dal 2021 è membro del consiglio consultivo per l’uguaglianza di genere del G7, nato per assicurare alle donne un posto in prima linea dopo la pandemia.
Negli ultimi anni è andato sempre più crescendo il suo impegno sulla questione del ruolo delle donne nella scienza. Ha dichiarato di non essersi mai sentita discriminata nella sua carriera, ma di essere consapevole che non è così per tutte. Ricorda che al suo arrivo al Cern le scienziate che vi lavoravano come fisiche o ingegnere erano solo l’8%. Oggi la percentuale è salita al 20%, ma lei aggiunge con orgoglio che le donne ricoprono il 40% delle posizioni di vertice. A suo avviso il vero problema è rappresentato dallo scarso appeal che gli studi e le carriere scientifiche sembrano avere sulle ragazze, a causa degli stereotipi di genere, che pervadono la loro vita fin dai primi anni. «Ci sono ancora molti stereotipi e per decostruirli gioca un ruolo fondamentale l’educazione, a partire dalla famiglia e dalla scuola», sostiene «io sono stata fortunata e non mi sono mai sentita discriminata: ma so che invece molte mie colleghe hanno avuto esperienze più complesse. Quando si è una minoranza in un mondo dominato dagli uomini – nel nostro campo le donne sono il 20% – si è sempre sotto esame: non si ha diritto al minimo errore. Per questo bisogna lavorare per essere completamente inclusivi, non solo rispetto alle donne ma anche rispetto alla diversità più in generale».
E alla domanda su quali sono le soluzioni per superare il divario risponde: «Non basta una singola misura per fare la differenza, bisognerebbe agire a più e diversi livelli: in quello dell’educazione scientifica nelle scuole, attirando bambini e bambine; a livello di infrastrutture, implementando tempi di lavoro flessibili e asili nido; a livello di monitoraggio delle carriere per far sì che donne e uomini abbiano stipendi e possibilità di sviluppo uguali».

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Articolo di Maria Grazia Vitale

Laureata in fisica, ha insegnato per oltre trent’anni nelle scuole superiori. Dal 2015 è dirigente scolastica. Dal 2008 è iscritta all’Associazione per l’Insegnamento della Fisica (AIF) e componente del gruppo di Storia della Fisica. Particolarmente interessata alla promozione della cultura scientifica, ritiene importanti le metodologie della didattica laboratoriale e del “problem solving” nell’insegnamento della fisica.

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