Sarah Vaughan. Tre ottave di bellezza

«Non è esattamente bella da vedere, ha una faccia piena di denti con un naso appiattito da salto con gli sci, occhi quasi orientali e una fronte bassa oppressa da un mucchio di capelli neri»: questo il malevolo commento sessista di un recensore newyorkese nei confronti di Sarah Vaughan, all’inizio della carriera di lei, negli anni Quaranta. Parole, evidentemente, dettate dal razzismo nei confronti delle persone coloured, parole che peseranno per la vita intera su questa straordinaria cantante (per altro bella e attraente): in una intervista del 1961, rilasciata alla giornalista Barbara Gardner, Sarah (che ha trentasette anni ed è un’artista affermata) dice infatti di sé: «Ho spesso desiderato essere di un colore di pelle marrone medio. Immaginavo che le persone di quel colore fossero apprezzate più di me. Per la maggior parte delle persone che mi conoscevano – pensavo – ero solo un’altra ragazzina nera per la quale il futuro era oscuro come lo era per migliaia di altre come me». L’insicurezza, del resto, è un tratto del carattere che si ripresenta a ogni esibizione: prima di salire sul palco è colta da attacchi di panico, crampi all’addome, conati di vomito: eppure – dice di lei Billy Eckstine – «Escludendo la musica lirica, Sarah possiede il più bel suono che io abbia mai ascoltato da una voce umana. E le cose che può fare con la sua voce! E inoltre è una musicista, come ho sempre affermato». Vaughan ha, infatti, una estensione di tre ottave, con una varietà di suono e di timbro impressionanti e una padronanza delle armonie assoluta, che le permettono variazioni e improvvisazioni ardite.
Billy Eckstine è per Sarah Vaughan mentore e punto di riferimento («il mio amico, mio padre, il mio sangue», così lei lo definisce); in realtà, il cognome all’anagrafe è Eckstein, (considerato troppo “ebreo”, dunque anagrammato), è un cantante dalla voce di baritono calda e profonda, tanto di moda negli anni Quaranta, cresciuto nell’orchestra di Earl “Fatha” Hines, una delle cinque più importanti degli Stati Uniti. Musicista capace, oltre che cantante, è un discreto arrangiatore e suona la tromba, il trombone a pistoni e la chitarra; inoltre è dotato di un gusto eccellente e di una curiosità che lo porta a cercare continuamente nuovi talenti. Proprio questa curiosità lo conduce, nell’autunno del 1942, al Teatro Apollo di Harlem, ove si tiene una delle ricorrenti serate dedicate a giovani dilettanti in cerca di notorietà o, più prosaicamente, di una possibilità di mettere in tasca qualche dollaro per tirare avanti. Ed è lì che Billy assiste all’esibizione di Sarah, diciottenne e timidissima, che deve fare ricorso a tutto il suo coraggio per salire sul palco a interpretare Body and soul, un brano difficile e impegnativo capace di mandare in crisi professioniste e professionisti navigati; la giovane non solo vince il concorso, ma Eckstine la prende sotto la sua tutela e convince Earl Hines, il suo capo orchestra di allora, a ingaggiarla come seconda cantante e, all’occorrenza, come pianista. È l’inizio di una carriera straordinaria. E forse non è un caso che, dieci anni prima, la stessa cosa fosse capitata all’allora sconosciuta Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan a Chicago nel 1948; foto di Ted Williams

Sarah Vaughan nasce a Newark, New Jersey, il 27 marzo 1924, unica figlia di un falegname e di una lavandaia, entrambi appassionati di musica; poco dopo aver imparato a camminare, già esprime attitudine per la musica e i genitori fanno sacrifici per permetterle di prendere lezioni di piano. Da adolescente si esibisce come organista e solista del coro in una chiesa battista della città natale.
Dopo la fortunata esibizione all’Apollo, entra dunque a far parte dell’orchestra di Hines, poi di quella che Eckstine forma in proprio nel 1944, e ha occasione di lavorare con molti dei giovani talenti che stanno ponendo le basi per la rivoluzione musicale che resterà nella storia col nome di “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey e Dexter Gordon. Ed è registrando brani con questi artisti che si impone come una delle voci più stupefacenti del XX secolo. L’11 maggio 1945, a New York, registra Lover man, con Dizzy Gillespie & his All Stars, gruppo del quale fa parte anche Charlie Parker; il 25 maggio tre pezzi a suo nome «with Dizzy Gillespie Septet», che comprende, tra gli altri, ancora Charlie Parker, il pianista Tadd Dameron e il batterista Max Roach. Sono proprio questi i brani che la faranno considerare un’esponente dello stile jazzistico chiamato “bebop”; in realtà Sarah non è stata, e comunque non solo, una cantante di jazz, ma una cantante tout court, forse la maggiore interprete, dopo Ella Fitzgerald, di quello che può essere definito il «grande songbook statunitense».
Nel 1947 si sposa col trombettista George Treadwell, che le fa da manager (e che ridisegna la sua immagine) fino al divorzio, avvenuto nel 1957. Per tutti gli anni Cinquanta ottiene un successo dietro l’altro, conquistando il pubblico e la critica; è in questo periodo che le viene dato il soprannome ‘Sassy’, che la accompagna per il resto della carriera, nella quale pubblica una discografia di oltre un centinaio di titoli.
Nel 1951 debutta alla Carnegie Hall, accompagnata, tra gli altri, dal sassofonista Lester Young e dal pianista Errol Garner; nel 1954 effettua una celebre serie di registrazioni con lo straordinario quanto sfortunato trombettista Clifford Brown, che morirà giovanissimo in un incidente stradale, due anni dopo; l’anno successivo registra per la EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnata da un’orchestra diretta da Ernie Wilkins, che cura anche gli arrangiamenti, e che ha nelle sue fila grandi jazzisti come i trombonisti Kai Winding e Jay Jay Johnson, il sassofonista Cannonball Adderley e il batterista Roy Haynes. Due anni dopo, per la Mercury, incide un album dedicato alle canzoni del compositore Irving Berlin, nel quale duetta con Billy Eckstine, riportando così l’amico di sempre sotto le luci della ribalta.

Sarah Vaughan a Parigi, nell’abitazione di Quincy Jones, il 27 luglio 1958; foto di Jean-Pierre Leloir

Nel 1958 si sposa una seconda volta col giocatore di football Clyde Atkins: la coppia, non potendo avere figli, adotta una bambina; purtroppo, questo secondo matrimonio ha breve durata a causa del comportamento violento di lui.
A partire dagli anni Sessanta, i rapporti di Sarah Vaughan con il jazz si fanno sempre più rarefatti: la cantante include nel suo repertorio un po’ di tutto, dalla bossa nova ai Beatles, dalle canzoni di Henry Mancini e Burt Bacharach ai successi tratti dai musical. Nel 1974, per il suo cinquantesimo compleanno, la Carnegie Hall di New York, una delle più prestigiose sale da concerto degli States, organizza tre serate con ospiti d’eccezione, tra i quali i musicisti Count Basie e Gerry Mulligan, i cantanti Mel Tormé e Betty Carter.
Nel 1983 le viene consegnato il premio Grammy per l’incisione di un album monografico su musiche di George Gershwin: si tratta di un concerto nel quale è accompagnata dalla Los Angeles Philarmonic Orchestra diretta da Michael Tilson Thomas. È probabilmente l’apice artistico della sua maturità, un disco di immensa eleganza al servizio di una sontuosa track-listing.

Sarah Vaughan accompagnata dal Bob James Trio durante un concerto registrato in Svezia nel 1967

Data al 1986 uno straordinario incontro live, allo Storyville Jazz Club di New Orleans, con musicisti di estrazione diversissima, da Dizzy Gillespie a Ron Carter, a Herbie Hancock, fino al grande esponente del jazz d’avanguardia Don Cherry: la registrazione dà vita al film documentario Sass-n-Brass.

Sarah Vaughan e Billy Eckstine al Monterey Jazz Festival, il 18 settembre 1981; foto di Brian McMillen

Nel 1989 le viene assegnato un secondo Grammy, alla carriera; Sarah continua a esibirsi praticamente fino alla morte, che la coglie in California, a Hidden Hills, il 3 aprile del 1990, poco dopo il suo sessantaseiesimo compleanno.
Alla notizia della morte di Sarah Vaughan, Billy Eckstine, che le è sempre stato accanto, ha un primo infarto; poi il suo cuore non regge alla scomparsa di altri grandi amici: Dexter Gordon il 25 aprile 1990, Art Blakey il 16 ottobre 1990, Miles Davis il 28 settembre 1991 e Dizzy Gillespie il 6 gennaio 1993. Poche settimane dopo, l’8 marzo 1993, anche Billy inizia a sua volta l’ultimo viaggio.

Qui le traduzioni in francese, inglese, spagnolo.

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Articolo di Roberto Del Piano

RobertoDelPiano

Bassista (elettrico) di estrazione jazz da sempre incapace di seguire le regole. Col passare degli anni questo tratto caratteriale tende progressivamente ad accentuarsi, chi vorrà avere a che fare con lui è bene sia avvertito

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