A gambe chiuse 

— E adesso, quando ti siedi, tieni le gambine chiuse — disse mia madre, con molto tatto ma con fermezza, dopo la comparsa del menarca. Io avevo dodici anni e fino ad allora avevo giocato con femmine e maschi; maggiormente con quest’ultimi. Erano più interessanti nei giochi e nei ruoli che potevano interpretare: diventavano principi a cavallo, avventurieri in terre sconosciute, scienziati che studiavano la Luna. I ruoli femminili erano relegati a principesse paurose, mamme affaticate dall’allevamento di figli e figlie, assistenti di menti geniali. Cosa significava quel richiamo così preciso per quello che era successo tra le mie gambe? Mi incupii, non chiesi niente; sembrava una precisa istruzione per comportarsi “da grande”: ero diventata una “signorina”! Quel traguardo, tanto atteso da tutte le bambine, adesso non mi sembrava così luminoso e sereno come l’avevo desiderato. Dentro, ero ancora quella che graffiava ginocchia e mani a rincorrere i cavalieri sul suo destriero; quella che osservava la luna con il telescopio dell’amico e passava le sere d’estate, sdraiata sull’erba, a cercare le stelle riconosciute sugli atlanti astronomici; quella che gareggiava con i maschi in piscina per ottenere il miglior tempo nello stile libero. Fuori, il cambiamento ormonale doveva frenare tutto questo? Riallineare il mio comportamento, distaccandomi dal mio sentire? Non capivo e non mi convinceva. 
Seguirono anni di rimuginii tra quello che dovevo essere e quella che ero; la ribellione, che naturalmente in quell’età viene a galla, si trasformò in una posizione meditata, consapevole, informata di protesta.
Quanto mia madre riuscisse a capire tutto questo, non mi è stato chiaro; a lei, molto meno. Ripensandoci oggi, mi domando quanta trasgressione verso quel ruolo che le era stato affidato fosse sopita dentro di lei: le scarpe rosse che adorava, i pantaloni che portava, lo spingermi e il trattenermi verso una crescita più libera, hanno lasciato tracce di una sua rivolta repressa, poco affinata da una formazione e istruzione appena accennata. 
Adesso, che entro nella fascia di coloro che pagano la riduzione al cinema, mi chiedo quanti percorsi femminili siano stati allineati su quel tenere le gambe serrate quando ci si siede, e fare le assistenti di eroi, scienziati e grandi uomini. Mi chiedo quanti mondi fantastici si sono persi nella rinuncia. E quanta energia sia stata necessaria per sostenere la ribellione.  

***

Articolo di Carla Cristini

Entrata in un’altra fase della vita, adesso si dedica a nuove attività dopo aver svolto la professione d’insegnante elementare seguendo progetti riguardanti la genitorialità, l’educazione alla legalità, la diversità di genere. Attualmente si dedica alla scrittura creativa, alla pratica del Taijiquan…

Un commento

Lascia un commento