Lo sguardo strabico dell’Occidente 

L’Occidente porta scritto il proprio destino nel suo stesso nome, la posizione del sole al tramonto e quindi una terra destinata a declinare e a finire. L’egemonia dell’Occidente e della potenza più forte, gli Usa, è in crisi da tempo. Si colgono molteplici segnali di questo declino ma pare che l’Occidente non voglia vederli, cercando di mantenere il vecchio ordine internazionale ormai defunto. 

Prendiamo in esame l’ultima riunione dei G7 che si è svolta in Puglia. Erano presenti due potenze che non sono più tra le prime del mondo, Italia e Canada, ed erano escluse la seconda, la Cina, e la quinta, l’India, che sta diventando sempre più forte. Non era presente nemmeno il Brasile, ottava potenza mondiale.

Sessione di lavoro dei G7 in Puglia. 14 giugno 2024 (Foto Ricardo Stuckert. PR, Palácio do Planalto)

Il G7 è un organismo in evidente crisi di rappresentanza, come sottolinea Alfredo Somoza, giornalista ed esperto di politica internazionale nel suo blog, Ragionando, come sempre. Che senso ha avuto questa riunione che ha tenuto fuori le grandi potenze? Dare qualche avvertimento alla Cina sulle sue relazioni con la Russia e sul commercio internazionale, esprimere preoccupazioni sui diritti Lgbt e la salute procreativa, auspicare un vago coordinamento tra i Paesi contro i traffici di migranti e la cosiddetta “inclusività” dell’Intelligenza Artificiale, che, come sappiamo, dipende dagli oligarchi (cominciamo a chiamare così anche quelli occidentali, non solo quelli del “nemico” russo) della Silicon Valley. Continua Somoza: «Oggi (il G7 n.d.r.) è un club disomogeneo che comprende potenze ancora forti, come gli Stati Uniti, ex potenze coloniali in cerca di una nuova identità, come la Francia e il Regno Unito, Paesi che rimangono importanti soltanto sul piano economico, come la Germania e il Giappone, e medie potenze regionali come Italia e Canada. In comune, i 7 hanno fronti caldi aperti con la Cina: dipendenza delle materie prime strategiche, dipendenza industriale o dipendenza dagli investimenti in titoli di Stato effettuati da parte di Pechino. E in futuro anche l’India potrebbe assumere un ruolo, se non ugualmente importante, almeno paragonabile a quello della Cina. Escluderle significa fare i conti senza l’oste: non è solo sbagliato sul piano teorico ma rende fumosa ogni possibilità di governare in modo davvero serio la scena mondiale». 

Il G7 ormai conta pochissimo ed è una sfilata di vecchie glorie che non hanno più il controllo del mondo ottenuto, pur in assenza di ogni legittimazione democratica, dagli anni ’90 del secolo scorso. Ne è escluso senza alcuna ragione il cosiddetto “Sud globale”, realtà cui l’Occidente ha dato questo nome ridicolo ma che si compone di più di 50 entità sociali ed economiche estremamente diverse tra loro.  
Un altro evento che evoca “il mondo alla rovescia” è stata la Conferenza di pace di Lucerna in Svizzera che, per la prima volta nella storia e senza alcuna riflessione in merito sui media mainstream, si è svolta senza invitare uno dei due contendenti, il governo russo. Il documento finale del summit non è stato sottoscritto dai Paesi Brics, dalla Cina all’India, dal Sudafrica al Brasile e anche all’Arabia Saudita. Che valore può avere tale risoluzione? 

È inutile nasconderselo. Il vecchio ordine internazionale, fondato sull’egemonia degli Usa, è finito e sarebbe bene che l’Occidente, con umiltà, se ne rendesse conto, cercando di ascoltare le ragioni dei nuovi soggetti emergenti, che propongono un nuovo ordine multipolare. Invece quello che emerge è una ὕβρις senza limiti, il tentativo di resistere a ogni costo sulle proprie posizioni, col rischio di provocare una terribile escalation nucleare. 
Anche la narrazione dei due conflitti a noi più vicini denuncia lo strabismo dell’Occidente. Una narrazione distorta e storicamente decontestualizzata. Non si possono infatti ignorare quando si racconta quanto sta avvenendo in Medio Oriente, come ricorda Roberto Jannuzzi, l’occupazione israeliana, il fallimento del processo di pace avviato dagli accordi di Oslo del 1993 e la nascita ed evoluzione del movimento di Hamas, la cui ascesa è stata favorita dagli stessi governi israeliani in opposizione al partito palestinese “laico” di Fatah. Prosegue Jannuzzi nella sua analisi: «In Occidente, i principali mezzi di informazione hanno dato voce soprattutto alla narrazione ufficiale israeliana. All’immane catastrofe abbattutasi su Gaza, soverchiante quantomeno in termini numerici, è stata contrapposta la descrizione minuziosa delle storie delle vittime israeliane di Hamas. Si è dato risalto alle singole tragedie personali, oltre che al trauma collettivo degli israeliani. Le vittime palestinesi, invece, sono perlopiù rimaste senza volto. A Hamas è stata attribuita essenzialmente sia la colpa dell’attacco del 7 ottobre che quella delle conseguenze prodotte dalla devastante invasione israeliana di Gaza nei mesi successivi. Sebbene presentasse diversi punti oscuri, la narrazione ufficiale del governo Netanyahu è stata accolta e rilanciata senza tentennamenti da gran parte dei media occidentali. Chi ne metteva in discussione taluni aspetti è stato tacciato di cospirazionismo, se non di negazionismo, e accusato di parteggiare per i “terroristi” di Hamas». Esattamente come è avvenuto per il conflitto tra Russia e Ucraina, armata dai cobelligeranti occidentali e sempre più spinta a violare le linee rosse destinate a evitare l’escalation nucleare.  

Prendiamone atto: l’Occidente ha perso il monopolio della narrazione delle guerre. Tutto il mondo non occidentale non vi aderisce e ha avuto il coraggio, diversamente dai Paesi Nato allineati alla potenza egemone declinante, di proporre iniziative a livello internazionale. Sono note le risoluzioni promosse da Russia, Cina e altri paesi in sede Onu e la mozione sudafricana, sostenuta da numerosi esponenti del Sud del mondo, alla Corte Internazionale di Giustizia per fermare il massacro in corso a Gaza. 
Sembra che i Paesi occidentali stentino a rendersi conto che l’egemonia statunitense sta venendo meno e che i Brics, cui recentemente si sta unendo anche la Turchia, stiano legittimamente cercando un nuovo ordine internazionale fondato sul multilateralismo

Che cosa sono i dazi del 100% imposti alla Cina sulle auto elettriche (si veda qui il bell’approfondimento di uno studente del professor Vento dei Giga) se non una forma sconsiderata di protezionismo da parte di Paesi che hanno fatto del libero scambio il loro mantra?  
Viviamo in un’epoca di caos e grandi cambiamenti, tra cui la “deglobalizzazione” e la “dedollarizzazione,” di cui si è già parlato su questa rivista in occasione delle recensioni di alcuni numeri di Limes. Su questi temi mi piace richiamare qui gli approfondimenti del gruppo dei Giga (Gruppo di Insegnanti di Geografia Autorganizzati) a cura del professor Andrea Vento e di alcuni suoi e sue brillanti studenti. 
Chi volesse leggerli capirà quanto è importante oggi parlare nelle scuole di geopolitica e relazioni internazionali e diffondere gli scritti delle persone delle nostre classi. 

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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