Cattoliche, buddiste, evangeliche, luterane, metodiste, valdesi, pastore battiste, avventiste, esperte di studi ebraici, esperte di studi islamici, monache induiste rileggono i Testi sacri delle varie tradizioni religiose che risultano tutti e solo pensati per gli uomini, radicati su modelli patriarcali di relazione tra i sessi, alimentando una narrazione che condona le violenze di genere e anzi le rafforza attraverso il sessismo.
Grande potrebbe essere il riscatto di Lilih, la prima donna di Adamo che non fu mai serva né schiava.

Il libro è un invito a rileggere le scritture per rivoluzionare il punto di vista e rimettere in discussione alla radice il privilegio maschile predatorio e violento.
La prostituzione — dice Paola Cavallari dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, in onore di Elisa Salerno, femminista cattolica che ha compreso con lucidità e grande anticipo il dominio patriarcale e l’iniquità della Chiesa — è un fenomeno predatorio maschile che si ripete da millenni. Su questo problema la Chiesa non interviene in aiuto della donna, ma ne avvalla la colpevolezza e favorisce lo stupratore. La Chiesa ritiene il sesso un male minore, sulla scia di Agostino di Ippona e Tommaso d’Aquino che non riescono a vedere la sua ricchezza generatrice di tenerezza, amicizia, spiritualità, ma ne vedono solo sporcizia, benché utile alla procreazione.
Uno dei due sessi ha colonizzato l’altro imponendogli la sua visione del mondo.
Nell’Ottocento, benché in pieno positivismo scientifico, prevale ancora la lettura di Agostino che paragona la prostituzione a cloache necessarie allo sfogo, per evitare che si contaminino le parti sane della popolazione femminile, le cosiddette donne per bene e madri di famiglia. Le autorità devono sorvegliare le prostitute, relegandole in angoli bui, appositi bordelli, con controlli sanitari (effettuati solo sulle donne) affinché non trasmettano malattie. Per la società la prostituta è paragonata al maschio delinquente ed è appellata con termini saturi di disprezzo: troia, cagna, ecc.
Nelle letture a orientamento religioso (Dizionario ecclesiastico del 1954 e nel Dictionnaire de la Bible del 1912) non si parla mai né delle cause del fenomeno, né della disumanità verso le donne. Risulta evidente la collusione della Chiesa, che mostra con le donne un cuore di pietra, col sistema dominante e l’adozione della doppia morale, che ritiene la donna come provocatrice, senza mai vederla come umiliata e ingiuriata.
L’associazione Oivd (Osservatorio sulle violenze contro le donne) è un cantiere aperto che, attraverso laboratori, eventi e dibattiti, ha voluto estendere il suo sguardo sul tema “prostituzione e pornografia” alle principali religioni, con uno taglio femminista. Il pensiero di fondo è che la prostituzione debba essere abolita poiché viene considerata una forma di violenza permanente contro le donne. Il nesso, ripreso da tutte le visioni religiose prese in considerazione, è quello tra prostituzione e patriarcato dove l’uso dei corpi, attraverso il danaro, diviene un’istituzione fondante e portante in ogni tempo e in ogni luogo. Le autrici del testo sostengono che la compravendita dei corpi non sia lecita e debba essere equiparata alla schiavitù e, come tale, debba essere abolita. Le autrici hanno raccolto le testimonianze di donne uscite dalla prostituzione che loro chiamano sopravvissute per evidenziarne l’analogia con i sopravvissuti dei campi di concentramento in alcuni tratti simili e tra questi la vergogna per i crimini subiti è sopra tutti come anche il bisogno di rimozione delle umiliazioni e vessazioni subite, meccanismi di difesa sfruttati dall’oppressore.
La dissociazione è pure un meccanismo di difesa usato sia dalla vittima che dal carnefice presente nei campi di concentramento per evitare sensi di colpa, come lo è la decorporeizzazione che consiste nell’astrarsi dal proprio corpo.
L’era berlusconiana ha sedotto e plagiato una gran schiera di giovani creando un sistema dove sesso-potere-denaro-doni-favori in una economia asservita al potere maschile andava espandendosi in vari settori, come il riuscitissimo documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo ci ha mostrato. Si critica il modello tedesco e olandese di bordello di stato che ha creato la sex worker e che ripropone con grande razionalità il potere maschile. Di contro viene criticato anche quell’atteggiamento moralistico che irride al modello nordico, quello che disincentiva la domanda multando i compratori di sesso e istituisce percorsi di uscita dalla prostituzione, ma anche quello di chi discredita le donne del movimento Me Too.
Fondamentale per le autrici è la testimonianza di Rachel Moran raccolta nel suo libro Stupro a pagamento, riferito alla sua vita di prostituta dai 15 ai 22 anni. Si vuole riconoscere che molti siano gli uomini consapevoli a fianco delle donne, che non vogliono mantenere i privilegi, ma che cercano di evolvere la propria mascolinità, sapendo che la costruzione dell’identità maschile è frutto di modelli storici e non di dati naturali. Seguono poi le indagini nelle varie religioni sul tema della prostituzione, a cura delle diverse esperte. Sarah Kaminski, docente del pensiero ebraico moderno, presenta alcune figure di prostitute narrate nella Bibbia che sono donne sole e umili, non timide e con un forte senso di maternità come le due donne che vanno da Salomone affinché decida di chi debba essere il bambino o Tamar che si finge prostituta per avere un figlio da suo suocero Giuda. Nella Bibbia si impone un severo giudizio contro la prostituzione, il desiderio dell’uomo era giudicato incontrollabile e la prostituzione viene considerata il male minore che consente alle fanciulle di mantenersi vergini fino al matrimonio.
Attualmente in Israele la legge multa il consumatore, ma ritiene la lavoratrice del sesso un soggetto colpevole, senza alcun riconoscimento dei diritti di chi si vede sfruttata nel corpo e nell’anima. Nella visione islamica, dice Rosanna Maryam Sirignano, docente di cultura islamica, si analizzano svariati termini arabi che definiscono la prostituta nella tradizione islamica la quale vieta ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio. L’energia sessuale viene però considerata come dono di Dio, non solo come mezzo di riproduzione, ma utile anche per rinsaldare i vincoli matrimoniali attraverso il dono di reciproco piacere. Nel Corano si raccomanda di non costringere le schiave alla prostituzione, benché il più delle volte sia la povertà a farlo; tuttavia la misericordia di Dio, per un solo gesto di compassione della prostituta, anche nei confronti di un animale, perdonerà ogni suo peccato. Dice Maria Angela Falà, presidente della Fondazione Maitreya impegnata nella divulgazione e nella trasmissione dell’insegnamento buddhista, che la prostituzione assume valori diversi nelle varie realtà storico sociali dove il buddismo si è diffuso.
Benché la via spirituale sia aperta a tutti e tutte senza distinzioni, rimane una supremazia maschile anche nel mondo monastico, nel quale le donne spesso entrano per sottrarsi alla oppressione familiare. Il buddismo non offre insegnamenti su cosa bisogna o non bisogna fare, poiché i principi basilari riguardano l’evitare la sofferenza e il creare armonia e felicità; l’etica buddista è una questione di scelte riguardo a quello che facciamo: non vanno commesse azioni che possono provocare un dolore ad altri e la prostituzione è fra queste. Budda in un discorso ai brahmani affermò che è sbagliato avere rapporti con ragazze sotto la custodia dei loro genitori, con monache, con donne sposate con altri e se l’azione è remunerata, sarà ancora più negativa. Se una donna violentata non sviluppa desiderio o attaccamento non commette nessuna trasgressione karmica, così pure se la motivazione è di ordine economico; i clienti invece che sfruttano un’altra persona compiono un’azione estremamente negativa.
Oggi in Tailandia e in Cambogia la prostituzione infantile è tollerata, se non addirittura fonte di reddito, ma uscire dal giro dello sfruttamento è praticamente impossibile. Nella Cina buddista la prostituzione è considerata un atto compassionevole riguardante il flusso migratorio dalla campagna verso la città dove le donne si offrono. Svamini Shuddhananda Ghiri, monaca induista italiana, ci ricorda nel pensiero induista tutti gli ambiti dell’esistenza sono espressione di sacralità; nella vita viene lasciata ampia libertà di scelta, ma ogni atto deve essere ispirato alla responsabilità personale nonché alla non violenza. Il corpo è considerato uno strumento per la realizzazione del dharma; esso può innalzare verso le vette dell’Assoluto, ma anche far sprofondare negli abissi. La prostituzione è una deviazione dall’ideale e quindi va condannata. Tuttavia fin dall’antichità le donne di cultura hanno gestito le attività sessuali remunerate a cui le vedove erano costrette per sopravvivere. Attualmente la prostituzione in India è legale e benché vietato sulla carta, è ammesso il traffico di bambine e bambini e donne nei mercati del sesso.
In ambito religioso la prostituta, se ha il cuore puro, vedrà perdonati tutti i suoi peccati e sarà accolta in paradiso. Per Lidia Maggi, teologa e pastora battista, denunciare non basta, come non basta una nuova normativa per arginare il fenomeno di donne prostituite. Senza un serio percorso educativo sulla sessualità maschile e le relazioni affettiva. Rendere illegale la prostituzione potrebbe solo spostare il problema nel sommerso e rendere più difficile l’aiuto all’uscita stessa dalla prostituzione. Sorprendente e carico di emozione risulta l’intreccio tra il tema trattato e la biografia dell’autrice che rivela di essere lei stessa figlia di una prostituta; la madre l’ha partorita, ma non cresciuta, lasciandola in un orfanotrofio con altre bambine figlie anch’esse di madri prostitute. Maggi affronta, dopo questa sincera confessione di cui le siamo grate, il mondo biblico di cui è esperta; la condanna della prostituzione non coincide con la colpevolizzazione delle donne prostituite, proprio come fu con la donna che andò da Salomone e riebbe indietro il bambino proprio perché era disposta a rinunciarvi, purché venisse salvato.
La Bibbia offre le pagine sull’amore più belle nel Cantico dei Cantici, dove la relazione è redenta dai meccanismi perversi di sopraffazione che la feriscono: solo la libera scelta paritetica, tra uomo e donna, può ingabbiare la bestia del patriarcato. Nel riferirsi al Nuovo Testamento Lidia Maggi ci mostra la modalità di Gesù nei confronti delle prostitute di cui vuole cogliere il volto di donna e di sorella, gettando via la maschera sociale. Purtroppo le chiese hanno zittito il racconto della prostituzione, hanno rimosso la questione, compreso quella della tratta e lo hanno fatto perché hanno dimenticato i corpi a favore delle anime e hanno condannato e represso il piacere sessuale. La prostituzione è solo un sintomo che richiede di investigare la vera malattia relazionale a monte. Occorre quindi, esorta Lidia Maggi, una vera rivoluzione culturale nelle chiese affinché la vita tutta possa entrarvi, libera da controllo e giudizio. È indispensabile uscire dal silenzio, per questo si auspica la creazione di spazi dove le donne che si prostituiscono, anche quando credono di farlo per scelta, e gli uomini che ne sono i clienti, come sostiene l’associazione Maschile Plurale, possano raccontarsi senza essere giudicate e giudicati. Questo di certo è uno degli impegni che l’Oivd intende promuovere.

P. Cavallari; D. Lupi; G. Villa,
Religioni e prostituzione. Le voci delle donne
VandA.edizioni, Milano, 2024
pp. 214
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Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.
