Editoriale. Ricordatemi come vi pare

Carissime lettrici e carissimi lettori,
santi, poeti, politici ed esploratori, come secondo il famoso adagio: «un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori» che il duce d’Italia ha consegnato ai romani e a chi visita la città eterna. Scolpito a caratteri cubitali su ciascuna delle quattro facciate del Palazzo della Civiltà Italiana, soprannominato il Colosseo quadrato, nel quartiere dell’Eur (sì quello creato dal regime per l’Esposizione universale prevista per il 1942 e mai attuata per l’inizio della seconda guerra mondiale) a Roma. Una frase pronunciata, a rigor di fedeltà storica, il 2 ottobre 1935 davanti alla Società delle nazioni per difendere la colonizzazione (l’invasione?!) italiana dell’Etiopia. Una frase estrapolata, dunque, da un discorso intero e arricchita, guarda caso, anche dal termine “colonizzatori”, atteggiamento, spiegabile con i principi della psicologia delle masse, che noi italiani e italiane abbiamo, comunque, praticamente sempre, rimosso.
Parlando di intitolazioni e, nella causalità della cronaca, di intitolazioni ad aeroporti, purtroppo uno scivolone verso il fascismo e le guerre coloniali sta bene al caso. Ce ne informa, facendo un elenco dettagliato, Francesco Spini, giornalista di un quotidiano torinese che descrive, in un’analisi più ampia sull’argomento nata a proposito dell’idea caldeggiata dall’Enac (l’ente nazionale per l’aviazione civile) e approvata dal ministro dei Trasporti, di intitolare a Silvio Berlusconi lo scalo di Malpensa, vicino Varese: «Parliamo, ad esempio, di Corrado Baccarini a cui è dedicato l’aeroporto di Grosseto. Fu un aviatore, volontario — comincia l’elenco di Spini — dell’Aviazione Legionaria, con cui prese parte alla Guerra civile spagnola, ovviamente a supporto del golpe fascista del generalissimo Francisco Franco. Morì sul fronte spagnolo precipitando a causa di un’avaria del suo velivolo. Altro nome del regime – continua — è quello di Tito Minniti, a cui è dedicato l’aeroporto di Reggio Calabria: fu abbattuto durante un volo di ricognizione nel corso della Guerra d’Etiopia (1935-1936), campagna in cui gli italiani si macchiarono di diversi crimini di guerra e a cui prese parte come volontario. Stesso curriculum di Mario Mameli (non Goffredo, quello dell’inno: tutt’altra storia), cui oggi è dedicato lo scalo di Cagliari-Elmas: combatté la guerra di Etiopia nella squadriglia La Disperata e vi trovò la morte nel 1936. Legato a tale conflitto è anche Vincenzo Magliocco, ritenuto tra i responsabili dei bombardamenti con il gas iprite sulla popolazione etiope» Insomma, non tutti i nomi, e tra l’altro tutti al maschile, sono così degni di intestazione condivisa. Di condivisione infatti si tratta. Un nome che rappresenti la collettività non deve, non può, essere divisorio, ma rappresentativo di tutti e tutte. Poi può essere artista o poeta, statista o scienziato/a.
Ritorniamo a Malpensa. L’eventualità di una intitolazione all’ex premier scomparso il 12 giugno 2023 è un punto molto, come dire, delicato. Perché, se analizziamo bene, Berlusconi di certo è stato, al di là del suo successo imprenditoriale e politico, una delle figure più divisive dell’Italia e anche altrove (vi ricordate il diverbio sul “kapò” al Parlamento europeo?!)
Sulle modalità della scelta si esprime il sindaco di Milano, Giuseppe Sala: «Non è una questione di emotività, ma di razionalità – precisa il sindaco a chi gli chiede se è irritato di questa scelta —. Quello che discuto è che non ci sia più rispetto delle forme, della correttezza dei rapporti. L’intitolazione di un aeroporto non è una cosa che viene così. Chi la decide non può essere solo un presidente dell’Enac senza nemmeno consultare la Sea, la società che lo gestisce. Il presidente di Enac – rincara la dose Sala — va e viene, è pro tempore come tutti noi. La Sea è una società che lo gestisce da anni e investe, si dedica, rischia i suoi fondi. Nemmeno è stata consultata. Se questi sono i tempi barbari che stiamo vivendo ce ne facciamo una ragione ma non posso essere certo felice e questo a prescindere dall’idea e dal nome indicato.  È pazzesco che in Italia una decisione del genere venga presa da un presidente di Enac, è una cosa che proprio non riesco a comprendere. Non riesco a capire – conclude evidenziando il suo disappunto — come la politica possa mostrarsi correa di un modo di fare il genere». 
Allora perché non pensare altri nomi? E soprattutto perché non optare per un nome femminile? Infatti dei 126 aeroporti civili esistenti sul territorio italiano solo uno, quello di Ancona-Falconara risulterebbe dedicato a Maria Montessori, la medica pedagoga che ha diffuso il suo “metodo” di
insegnamento in tutto il mondo. Questa, per un’Italia così ancora segnata dal maschilismo, anche nelle nominazioni dei luoghi, sarebbe stata una bella notizia, seppure così “unica”. Invece sembra, anzi no, è assolutamente falsa perché lo scalo marchigiano è intitolato al grande Raffaello Sanzio, “il pennello di Urbino”. L’insegna (esteticamente non bellissima!) con il suo
nome è all’interno dell’aeroporto, in una parte oggi un po’ in disuso. Evidentemente la dedica a Montessori è un “abuso” desiderato da chi l’avrebbe voluto a suo nome visto che Chiaravalle, dove la valente medica è nata, è davvero a pochi chilometri di distanza!
Gli altri scali, senza dubbio alcuno, sono tutti intitolati a uomini, chiaramente famosi e rappresentativi della Storia e della Cultura nostrana. Dedicato a un politico c’è il Sandro Pertini di Torino Caselle e ad Aosta il Corrado Gex, deputato dell’Union Valdôtaine e pioniere italiano degli atterraggi sui ghiacciai. A Bari si atterra al Karol Wojtila, un papa, ma soprattutto un santo.
Poi ci sono i nomi diventati scontati per chi vola: dall’aeroporto Leonardo da Vinci, il più grande d’Italia (Malpensa dovrebbe essere il secondo) al Marco Polo di Venezia o al Guglielmo Marconi di Bologna e al Cristoforo Colombo di Genova. Meno noto il nome a cui è dedicato l’aeroporto napoletano di Capodichino, Ugo Niutta, asso dell’aviazione, nato a Napoli e abbattuto con il suo biplano a Borgo Valsugana, in Trentino, nel pieno della Grande Guerra.
Al Vate, Gabriele D’Annunzio, è dedicato l’aeroporto di Brescia, mentre quello di Trieste al meno conosciuto Pietro Savorgnan di Brazzà, nato a Castel Gandolfo da una nobile famiglia friulana, italiano ma naturalizzato francese, esploratore dell’Africa e in particolare del fiume Congo, tanto che a lui è stata dedicata la capitale dell’omonima Repubblica, Brazzaville, appunto.
Che dire poi delle dediche agli “eroi civili? Come l’aeroporto di Palermo dove si atterra al Falcone-Borsellino? Certo, qualcuno, forse con un pizzico di maliziosità, ha osservato che farebbe un certo effetto leggere su un biglietto della tratta Milano-Palermo la dicitura specifica: «dal Silvio Berlusconi al Falcone-Borsellino»!
Ma il piacere di volare non potrebbe essere più femminile? Al di fuori dei confini nostrani gli aeroporti dedicati alle donne ci sono. Nel subcontinente indiano se ne contano addirittura tre: a New Delhi l’aeroporto è intitolato a Indira Gandhi e in Pakistan, a Islamabad, la dedica è a Benazir Buttho, anche lei prima ministra del suo paese, uccisa da un atto terroristico. Ritorniamo in India, dove l’aeroporto di Indore è dedicato a Devi Ahilyabai Holkar la regina famosa per il suo governo giusto e per il suo impegno nella costruzione di templi e strade.
Ad Amman, in Giordania c’è il Queen Alia International Airport dedicato alla regina Alia al-Hussein, conosciuta per il suo impegno nel campo delle arti, dell’educazione e dei diritti delle donne. Sabiha Gökçen International Airport è lo scalo di Istanbul e prende il nome dalla prima donna pilota di caccia al mondo e una delle prime aviatrici turche. A Tirana si atterra al Mother Teresa International Airport dedicato a Madre Teresa di Calcutta. Ai Caraibi, sogno turistico, i e le vacanziere scendono al Princess Juliana International Airport (a Sint Maarten) intitolato alla regina Juliana dei Paesi Bassi, nota per il suo regno durante un periodo di cambiamenti significativi nei Paesi Bassi.
Così il Maria Montez International Airport, nella Repubblica domenicana dedicato all’attrice dominicana Maria Montez, famosa per i suoi ruoli nei film di Hollywood degli anni ’40.
Anche a Tenerife, in Spagna, l’aeroporto è dedicato a una donna, alla Reina Sofía, nota per il suo impegno umanitario attraverso la Queen Sofía Foundation. Come in Georgia si atterra al Queen Tamar Airport dedicato a Tamar la Grande, la prima donna a governare il Regno di Georgia durante la sua età d’oro.
Arrivano notizie dai media. Ormai è cosa fatta. Voleremo e atterreremo a Milano, nel secondo aeroporto d’Italia per numero di viaggiatori e viaggiatrici, nel nome dell’ex premier che entro lo stesso anno della sua dipartita da questo mondo ha avuto la dedica di un francobollo, forse avrà a breve l’intitolazione della strada in cui è nato e ora ha, di fatto, come con un piccolo colpo di mano, alla “chetichella”, l’intitolazione di un aeroporto (ma la notizia è già scritta su Wilkipedia!).
Certo in quanto a intitolazioni l’aeroporto del Varesotto, nato nei primi del Novecento per iniziativa dell’ingegner Caproni, non ha una bella storia. Si dice, infatti, che il nome derivi da fatto che una cascina, sorta alla fine del secolo XVIII, fu costruita su un’area precedentemente mai sfruttata a causa dell’acidità del terreno che faceva morire qualsiasi pianta, proprio per questo
si guadagnò presto il nomignolo di “Mal pensàa” che in lingua lombarda significa “mal pensata”.
Potevamo, si poteva, però, intitolare a una donna. L’occasione era propizia. Di nomi belli ce n’erano, di petizioni ne avevamo fatte. C’era il nome di Rosina Ferrario la prima pilota italiana, che conquistò il suo brevetto nel 1913. C’era il nome della scienziata Margherita Hack che per tutta la vita ha guardato il cielo e le sue stelle. C’era Carla Fracci, regina dell’aria, sulle sue punte da ballo classico, milanese doc. C’erano nomi di donne che valevano il cielo. Invece si è fatto in fretta, troppo in fretta, per non far discutere. Perché discutere è democrazia. 
Si è discusso invece, e tanto, per il bel murale inaugurato giovedì scorso a Roma (su una delle facciate del palazzo sede del V municipio) e dedicato a Michela Murgia. Evidentemente la scrittrice sarda, morta la scorsa estate, non finisce di causare contestazioni, come quelle insistenti da parte ProVita e dalla destra di governo che proprio non volevano e si sono opposti fino all’ultimo a che si inaugurasse e fosse di dominio pubblico l’opera realizzata dalla street artist Laika (voluta dall’Arcigay e autorizzata dalla circoscrizione), raffigurante il viso di Murgia arricchito dell’arcobaleno simbolo di pace e del movimento gay che ci guarda dall’alto del muro del palazzo con il suo bel sorriso . «Ricordatemi come vi pare» è la frase scritta sul murale: un’ironia che vale per tutto…
Allora cantiamo, forse per dimenticare, probabilmente per consolarci. Cantiamo con Domenico Modugno. La sua canzone, solo apparentemente allegra, ci ha fatto davvero volare e atterrare metaforicamente in tutto il mondo!

Penso che un sogno così non ritorni mai più
Mi dipingevo le mani e la faccia di blu
Poi d’improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito

Volare oh, oh
Cantare oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
E volavo, volavo felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù
Una musica dolce suonava soltanto per me

Volare oh, oh
Cantare oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
Ma tutti i sogni nell’alba svaniscon perché
Quando tramonta la luna li porta con sé
Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli
Che sono blu come un cielo trapunto di stelle

Volare oh, oh
Cantare oh, oh
Nel blu degli occhi tuoi blu https://www.youtube.com/watch?v=t4IjJav7xbg
Felice di stare quaggiù
E continuo a volare felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano scompare negli occhi tuoi blu
La tua voce è una musica dolce che suona per me

Volare oh, oh
Cantare oh, oh
Nel blu degli occhi tuoi blu
Felice di stare quaggiù
Nel blu degli occhi tuoi blu
Felice di stare quaggiù
Con te

Buona lettura a tutte e a tutti

Volare …felice di stare lassù…felice di stare quaggiù!

«Ho lottato tutta la vita per la bellezza, perché è l’altro modo di dire la verità». Comincia con questa affermazione di Giulia Maria Crespi, riportata dall’autrice de Il Fai (Fondo ambiente italiano) la serie degli articoli di questa settimana. E la bellezza ci accompagnerà come il filo rosso di questo numero. La ritroveremo in Claudia Lars. La bambina che vide una salamandra, un’altra donna salvadoregna, scrittrice feconda; in Vitězslava Kaprálová, direttrice d’orchestra e compositrice, dalla vita breve e intensissima; in Jocelyn Bell, troppo giovane e graziosa per il Nobel, la scopritrice delle stelle pulsar; in Via dei Villini n° 18. Il salotto romano di Margherita Grassini Sarfatti, un’altra puntata della serie “La targa che non c’è” che ci racconta una delle personalità più importanti della storia novecentesca italiana: giornalista, scrittrice, critica d’arte e di letteratura, mecenate, raffinata collezionista, scopritrice di talenti, immeritatamente ricordata spesso solo per essere stata amante di Mussolini. Belle e sfortunate sono state anche le donne raccontate nella recensione del libro di Ilaria Rossetti, La fabbrica delle ragazze. Romanzo tristemente attuale, la cui storia fu narrata anche da Hemingway, come ricorda Raffaella Calgaro nel libro Adele Pergher, profuga. Una storia dimenticata, di cui abbiamo parlato in un pannello della nostra Mostra Le viaggiatrici. Belle e coraggiose sono anche le figure femminili descritte in Viaggiatrici straniere in Sicilia nell’Ottocento. Bello e commovente l’incontro con la donna ricordata dall’autore di Il matriarcato e le donne salveranno il mondo, per la nostra rubrica “Flash-back.” Di un mondo bello perché costruito sui principi della cura tratta l’ultima puntata della serie Democrazia, economia, cura, che delinea le basi di una rivoluzione silenziosa.
Esiste anche la bellezza di non essere d’accordo. Ne parla con garbo e pacatezza l’autrice di Diritto al dissenso. A sinistra, che recensisce Vietato a sinistra. Dieci interventi femministi su temi scomodi. 
Allarghiamo lo sguardo a una parte del pianeta di cui sappiamo poco, ma di cui forse riusciremo a capire un po’ di più, l’Iran, con Misteri persiani, la recensione del numero di giugno di Limes e con Ambiente. Luogo di vita azione, un’altra puntata della serie “Bibliografie vaganti”.
La recensione cinematografica di questa settimana è su Il fabbricante di lacrime. Chiudiamo, come sempre, con una ricetta vegana: Risotto al sedano, un piatto che si preannuncia gustosissimo, augurando a tutte e tutti Buon appetito.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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