Il numero 5 di Limes è incentrato sull’ Iran e le sue strutture interne, di cui sappiamo veramente poco e sul cosiddetto “impero persiano informale” che va dall’Afghanistan al Libano con ramificazioni regionali e internazionali che comprendono lo Yemen e i territori palestinesi. Vi si parla però anche di Israele e Turchia, le vere potenze del Medio Oriente. Curatore del volume è Daniele Santoro, cui si deve un articolo eccellente: Declino e ascesa dell’impero persiano, vivamente consigliato ai e alle docenti di storia, geopolitica e relazioni internazionali. Un numero interessante e misterioso, pieno di storia. Da conservare nella propria libreria, consultandolo un po’ per volta.
L’editoriale, Il club dei suicidi, è come sempre molto istruttivo, soprattutto nella parte in cui ricorda che Israele e Iran un tempo erano alleati, insieme alla Turchia, con un accordo segretissimo, chiamato Trident, realizzato anche grazie ai buoni uffici di Reuven Shiloah, uomo dalla personalità misteriosa, fondatore incompreso dai contemporanei/e del Mossad.
Oggi Iran e Israele sono nemici e hanno bisogno l’uno dell’altro per rafforzare la propria identità.

Come ricorda Caracciolo, «Stiamo vivendo una rivoluzione geopolitica mondiale segnata da quattro dinamiche strutturali. In ordine di importanza: transizione degli Stati Uniti dalla deterrenza all’autodeterrenza; rinuncia di Russia e Cina a integrare il sistema egemonico americano e decisione di sfidarlo in modalità bellica calda o latente; drastica riduzione dell’Occidente a declinante minoranza mondiale, assai anziana e infiacchita, destabilizzata dalla crisi di credibilità del capo ; emersione biologico-demografica del «Sud Globale», giovane, disposto alla violenza, diviso su tutto ma fraternizzato dal risentimento anticoloniale stile neo-dannati della terra. L’insieme di questi fattori produce l’equazione della Guerra Grande…»
La prima parte, Il fronte interno e lo scontro con Israele, comprende molti contributi, tra cui si segnalano, per comprendere la complessità del sistema politico iraniano, La carica degli ultraconservatori, di Nicola Pedde; Manuale del Difensore della Rivoluzione, commento a un testo scolastico iraniano, annualmente aggiornato, destinato alle classi del primo anno delle superiori che illustra le minacce alla Repubblica Islamica e come sventarle. Lo scià di Persia vi è descritto come un burattino degli Stati Uniti d’America. Da questo Manuale basti uno stralcio: «Sicurezza politica è, per un Paese, l’essere sicuro dal punto di vista politico; quando vige la sicurezza politica, il governo, lo Stato e le personalità politiche possono godere della necessaria stabilità e le persone che compongono i vari gruppi sociali potranno contribuire in totale serenità all’avvenire politico (del proprio Paese, n.d.t.). Garantire la presenza del popolo alle attività politiche, prevenire i disordini politici e opporsi alle ingerenze estere negli affari del Paese fanno parte dei doveri del governo nella difesa della sicurezza politica. Sicurezza politica significa che gli stranieri non hanno il diritto di prendere decisioni al posto del popolo e che spetta al popolo il compito di determinare il proprio futuro.
Sicurezza socioculturale: quando una nazione si mostra in grado di difendere i propri modelli sociali e tradizionali come la lingua, la religione, i costumi, il vestiario eccetera si può dire che gode di sicurezza sociale e culturale; di conseguenza, se alcuni membri di una società abbandonano le proprie radici culturali e le proprie credenze, finiranno per allontanarsi progressivamente dai propri princìpi e dalle proprie basi e creeranno un terreno fertile per la distruzione sociale e politica (del proprio Paese, n.d.t.)». Un excursus storico ricco e articolato sul nucleare iraniano e sulla rete che lo assiste, sulle sanzioni a cui la Repubblica islamica è stata sottoposta e sulla sorte degli accordi seguiti al discorso di Dwight D. Eisenhower denominato Atoms for Peace (Atomi per la pace, sull’uso del nucleare a scopi civili) è contenuto nell’approfondimento Storia del nucleare iraniano.

Nell’ottimo intervento di Paola Caridi, forse il migliore di tutto il volume, I due volti di Hamas, si approfondiscono le ragioni della maggiore popolarità dell’ala militare su quella politica. «Sul fronte israeliano — scrive Caridi — Binyamin Netanyahu si è autoritagliato il ruolo di ago della bilancia di una coalizione in cui si sono immediatamente scontrate non due, ma almeno tre idee sulla Palestina e sul futuro di Israele. La vendetta, poi il traguardo di una nuova Nakba (espulsione di massa dei palestinesi) e del Grande Israele, infine la distruzione di Gaza per un nuovo, diverso congelamento delle istanze nazionali palestinesi».

Prosegue la scrittrice: «La vendetta contro Ḥamās e l’attacco del 7 ottobre — di certo terroristico nei risultati — è stata, nei primi otto mesi di guerra, il vero filo rosso, la continuità con cui leggere l’uso dell’arsenale a disposizione delle Forze armate israeliane, il comportamento dei soldati, i crimini di guerra e contro l’umanità che sono stati compiuti senza mai recedere di un passo. Il secondo obiettivo, una nuova, definitiva, irreversibile Nakba è il traguardo mai nascosto del sionismo religioso, suprematista e razzista rappresentato — in ordine di rilevanza politica e ideologica — da Bezalel Smotrich e da Itamar Ben-Gvir. Cacciare i palestinesi da Gaza e Cisgiordania, realizzare la pulizia etnica, definire Israele — già formalmente dal 2018 un’etnodemocrazia, dunque una democrazia in aperta contraddizione con sé stessa — come uno Stato monoetnico. La terza idea, presente non solo nella coalizione di governo ma anche nella flebile opposizione a Netanyahu, è il tentativo, scomposto e traballante, di tornare al business as usual attraverso l’araba fenice della distruzione di Ḥamās (cioè della Striscia, nei fatti conclamati), della gestione delle macerie di Gaza da parte degli arabi «buoni» e degli alleati occidentali, e infine del congelamento della vita palestinese in quella lingua di terra. Significa consolidare l’occupazione israeliana sul Territorio palestinese occupato, la vera costante da oltre mezzo secolo. Come se, in questi otto mesi, non fosse successo nulla».

Altri articoli, nella seconda parte, I clienti dell’impero, approfondiscono i rapporti tra Iran e Iraq e Iran e Giordania, Paese moderato il cui territorio si è trovato, suo malgrado, coinvolto nello scontro tra Iran e Israele; quelli tra Ḥizbullah e Iran, oltre all’ Agenda degli Huthi, i Partigiani di Dio, che non possono in alcun modo, come precisa Emily Tasinato, essere definiti «proxy di Teheran», se con questo termine si intende indicare «un attore o un cliente che esegue le direttive di un patrono o di uno sponsor nell’ambito di una relazione di dipendenza o subordinazione». Gli huthi stanno agendo nel Mar Rosso soprattutto per acquisire credibilità. Interessantissimo il saggio sulla Siria, su cui è stato steso un silenzio misterioso dal 7 ottobre scorso, nonostante proprio a Damasco siano avvenuti l’assalto e la distruzione del consolato iraniano, in spregio di ogni norma di diritto internazionale, spiegati al mondo con l’intenzione di colpire leader e milizie della Repubblica islamica. Eppure, La Siria non è una provincia persiana. Gli assi della sua sicurezza sono, più che la Repubblica islamica, Russia, Cina e Hizbullah.

La terza parte del volume, Nemici e amici, racconta dell’avvicinamento della Russia all’Iran, soprattutto dopo le sanzioni occidentali che peraltro si sono rivelate molto meno pericolose per il Cremlino di quanto sostenessero i nostri improvvisati commentatori da talk show. «Russi e iraniani si sono dunque studiati e hanno imparato gli uni dagli altri. Un rapporto di Kommersant’ affermava infatti che “l’Iran può insegnare alla Russia l’arte dell’importazione parallela e delle operazioni in zona grigia”. Da alcuni documenti emerge infatti che, nei primi giorni del febbraio 2023, l’allora capo del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano Ali Shamkhani ha avuto un lungo colloquio con Putin. Ordine del giorno: come compensare l’impatto delle sanzioni occidentali che colpiscono Russia e Iran. Successivamente, Igor’ Levitin — un uomo di Putin — si è recato a Teheran per incontrare Shamkhani e supervisionare i progressi del progetto di dedollarizzazione. Anche Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida suprema iraniana, ha riconosciuto come “le sanzioni siano diventate il contesto che facilita le collaborazioni tra Russia e Iran”. Questo e molto altro racconta l’approfondimento tradotto da Giuseppe De Ruvo, Mosca e Teheran unite contro l’Occidente. Su quello che dovrebbe fare l’Italia in questo frangente è interessantissimo il contributo finale della rivista, a cura di Lorenzo Noto, Per non finire soffocata dalla crisi medioceanica Roma riscopra Teheran.

Un volume denso, ricco di storia su una parte di mondo di cui i nostri testi eurocentrici si sono, con lodevoli eccezioni, spesso disinteressati, fondamentale per capire il mondo, dilatando lo sguardo. Da consigliare alle biblioteche delle nostre scuole secondarie di secondo grado, come ausilio alle lezioni di storia, geopolitica e relazioni internazionali.
Qui i link alle “mappe parlanti“ di Laura Canali, la nuova rubrica del sito e dell’App di Limesonline
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Articolo di Sara Marsico

Abilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLIL. È stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione , la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donne. È appassionata di corsa e
