Ma cosa c’è al centro della Terra?  

È di qualche giorno fa la notizia che il nucleo della Terra sta rallentando la sua velocità di rotazione. L’articolo scientifico originario è uno studio dei movimenti del nucleo attraverso le onde sismiche ed è stato pubblicato su Nature. I giornali, per creare interesse, hanno lanciato la notizia con titoloni allarmanti che facevano immaginare scenari, simili a quelli di alcuni di film di fantascienza, catastrofici e apocalittici. Di solito l’eroe di turno trova il modo di arrivare sul posto e far esplodere un numero imprecisato di bombe atomiche, costringendo il nucleo, con le buone o con le cattive, a comportarsi da bravo ragazzo.  

Non è una grande rivelazione se dico che non funziona così.  
Molti di noi, però, saranno rimasti stupiti nel sapere che il nucleo si muove indipendentemente dal resto della Terra. 
Che cosa vuol dire e che conseguenze può avere per noi che viviamo sulla superficie? Cosa abbiamo sotto piedi, molto sotto, nel centro del Pianeta? 

Il professor Lidenbrock e suo nipote Axel compiono un viaggio davvero avventuroso: entrano da un vulcano islandese, lo Snæfell, si fanno un giro all’interno della Terra, trovano laghi, dinosauri e giganteschi umanoidi, escono dallo Stromboli risalendo in superficie spinti da una sorta di ascensore magmatico. Questo scriveva Jules Verne nel 1864 nel suo celebre Viaggio al centro della Terra, considerato uno dei primi romanzi di fantascienza.  
La realtà è differente, ma forse altrettanto affascinante.  
La superficie della Terra e il suo interno sono strettamente connessi

Tutto iniziò, minuto più minuto meno, 4,6 miliardi di anni fa, quando da una nube di polvere calda che orbitava intorno a un sole, si formò la Terra. Mano a mano che il pianeta si raffreddava, gli elementi più densi e pesanti —  metalli —  si concentrarono nel centro, il nucleo, di questa palla ancora incandescente. Alcuni elementi più leggeri andarono a stratificarsi in quella zona che è chiamata mantello e avvolge il nucleo.  
Con il proseguire del raffreddamento, in superficie si formò una crosta rigida, quella su qui mettiamo i piedi. Il nucleo emette calore e il mantello è animato da un ciclo costante di riscaldamento e raffreddamento, il motore che frattura e sposta le placche irregolari che compongono la superficie.  
Per semplificare l’Usgs —  il servizio geologico degli Stati Uniti —  paragona la terra a un uovo sodo, con un centro (nucleo), una fascia intermedia (il mantello) e la sottile crosta esterna.  

Rappresentazione dell’origine della Terra da NASA

 È un po’ più complesso di cosi.  
La Terra ha un diametro di circa 12.750 km. e partendo dalla superficie troviamo:  
Crosta. Lo strato più esterno della Terra è costituito da due tipi di crosta: continentale e oceanica. La crosta continentale è composta da rocce ricche di silice e ha uno spessore medio di 70 km. La crosta oceanica è costituita da rocce scure e povere di silice, come il basalto. È più sottile e più flessibile di quella continentale, e ha uno spessore di soli 5 km. 
Mantello. La maggior parte del volume della Terra si trova nel mantello. Questo strato ha uno spessore di circa 2.880 km. È composto da roccia scura e densa, simile al basalto oceanico. Più si scende in profondità, più la Terra diventa calda. Il mantello vicino alla fredda crosta esterna ha una temperatura di circa 700℃, mentre la roccia vicino al nucleo arriva fino a circa 4.000℃. 
Nucleo esterno. È liquido, ha uno spessore di circa 2.100 km. Sia il nucleo interno che quello esterno sono costituiti principalmente da ferro e nichel e sono estremamente caldi, con temperature che vanno dai 4.000 ai 5.000℃. 
Nucleo interno. Ha uno spessore di circa 2.400 km, qui fa decisamente caldo, con temperature intorno ai 5.000℃. Il nucleo interno è sottoposto a un’intensa pressione che lo mantiene solido nonostante le altissime temperature. 
La parte superiore del mantello, per molti versi, si comporta come la crosta sovrastante. Insieme formano uno strato rigido di roccia chiamato litosfera (da lithos, in greco, pietra). 
Gli scienziati ritengono che al di sotto della litosfera vi sia, nel mantello superiore, una zona mobile piuttosto sottile, che è stata chiamata astenosfera (da asthenes, che in greco significa debole). Questa zona è composta da materiale caldo e semisolido, che può ammorbidirsi e fluire dopo essere stato sottoposto, in tempi geologici, a temperature e pressioni elevate. La litosfera rigida si muove sull’astenosfera che scorre lentamente.  

Interno della Terra da Ingv

Torniamo al nostro nucleo “impigrito” e all’articolo che ha prodotto tanti titoli fantasiosi. Wang, Vidale e i loro colleghi della Chinese Academy of Sciences e dell’University of Southern California, non disponendo della mappa del professor Lidenbrock per il più vicino vulcano con accesso diretto al centro della Terra, hanno usato le onde sismiche. Questo perché le onde sismiche variano la loro velocità a seconda del materiale che attraversano: a spanne, più il mezzo attraversato è denso e compatto più le onde sono veloci. Ad esempio rallentano dove trovano il magma. Con i sismometri è abbastanza semplice misurare i tempi di arrivo delle onde in un certo punto e quindi la loro velocità. Inoltre le onde chiamate P (da Prime) attraversano tutto il globo, nucleo compreso e quindi trasportano informazioni sulla sua densità. Proprio dall’analisi dei tracciati dei sismogrammi di terremoti differenti e per un tempo di diversi anni, i ricercatori hanno ipotizzato che il nucleo interno solido, sospeso nel nucleo esterno liquido, ruoti rispetto alla superficie della Terra e che cambi velocità e verso di rotazione nel corso del tempo.  
La complessa struttura interna del nucleo influenza il modello di convezione del nucleo esterno e, di conseguenza, il campo magnetico terrestre.  

Sismogrammi con curve sovrapposte da University of Southern California

L’intuizione degli autori di questo articolo è stata quella di utilizzare i sismogrammi di repeating earthquakes, ovvero terremoti che vengono causati ripetutamente dalla rottura delle stesse faglie e che hanno più o meno le stesse magnitudo e caratteristiche. Hanno analizzato i sismogrammi di 121 terremoti avvenuti  tra il 1991 e il 2023 nelle Isole Sandwich Meridionali e registrati in varie stazioni degli Stati Uniti. Confrontando le forme delle onde P (un tipo specifico di nome Pkikp) hanno riscontrato che il nucleo interno dal 2003 al 2008 ha aumentato la sua velocità di rotazione rispetto al mantello e alla crosta sovrastanti. Nel 2010 si è fermato ed è ripartito nella direzione opposta con una velocità due o tre volte minore.  

Gli scienziati non hanno chiaro perché questo avvenga o quale sia la sua ciclicità e stanno studiando il fenomeno, lo studio è importante soprattutto perché è un passo avanti nella comprensione delle dinamiche dell’interno della Terra. 
Ma che effetto ha per noi miseri mortali? Probabilmente un effetto scarsamente percepibile.  
Si suppone che questi cambiamenti di velocità di rotazione possano influire sulla durata del giorno di qualche frazione di secondo. Bisogna sempre tenere conto che i tempi planetari hanno una scala immensamente più grande dei tempi dell’uomo e magari è una fortuna per noi. 

In copertina: rallentamento del nucleo da University of Southern California. 

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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

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