Villa Antonietta, per statuto una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale), è molto più di una struttura d’accoglienza. È una “casa”. Dove Antonio, cuoco ormai in pensione, torna per dare una mano. Dove Mirella, a sua volta felice pensionata, arriva appositamente in aereo dal Salento per organizzare tutti gli aspetti logistici.
Perché oggi, 10 luglio 2024, a Milano è un gran giorno di festa in onore di Antonietta Biffi, la donatrice che con il suo lascito testamentario ha voluto creare questo luogo per donne sole, attempate, bisognose di cure. Il suo ritratto, dipinto da Ugo Vittore Bartolini, campeggia nell’atrio dell’ingresso. Mostra un volto composto e serio, ma con qualche spiritoso accorgimento grafico in stile Andy Warhol si trasforma in immagine della locandina che reclamizza l’evento. Non giunge al punto di strizzarci l’occhio, ma ha l’aria di divertirsi e di anticipare momenti di allegria.


Fu Ignazio Gardella, ingegnere, architetto e designer milanese tra il 1963 e il 1966, a curare il progetto e la costruzione della villa, inaugurata due anni più tardi, e a lui si devono anche alcuni arredi, tra cui i tavoli circolari delle sale da pranzo, che colpiscono per il loro design sobrio e leggero. Gardella fu una figura di spicco dell’architettura italiana del XX secolo e con alcune sue opere — il Teatro Carlo Felice di Genova, il Padiglione di Arte Contemporanea (Pac) e la stessa Villa Antonietta — la sua fama varcò i confini nazionali.
Attento ai dettagli e alla cura dei materiali, Gardella mostrò sempre una grande sensibilità artistica nell’adattare i volumi ai contesti ambientali in cui andavano a collocarsi: lo si nota anche qui osservando il doppio livello del salone, le cui finestre lambiscono il solaio, la grande parete vetrata della sala da pranzo, affacciata sul giardino, il bovindo che sovrasta l’ingresso, il fine rivestimento in klinker della facciata…
Per saperne di più sulla villa si rimanda al prospetto ufficiale della Fondazione Biffi, che la descrive nei dettagli (link: https://www.fondazionebiffi.it/?page=struttura).
Antonietta Biffi, appartenente a una ricca famiglia che numerosi e ingenti contributi finanziari aveva elargito per sostenere l’Ospedale Maggiore e per istituire asili, era nota a una cerchia assai ristretta di persone. Nel suo lungimirante operare a sostegno delle donne in difficoltà aveva preceduto gli intenti espressi nella frase con cui Rossella Köhler introduceva il suo libro Possiamo cambiare il mondo: «I progressi devono essere ottenuti per ogni individuo e per l’intera umanità, con particolare attenzione per i più deboli: i bambini, le donne, gli anziani, i disabili».
Di Antonietta sappiamo ben poco oltre al fatto che è “semplicemente” una benefattrice, una che rientra nell’universo filantropico di “Milàn col coeur in man”, come si dice in dialetto meneghino.
È questa l’impronta di sé che ha lasciato. Di lei non rimangono che due lettere indirizzate allo zio Serafino — illustre frenologo anticipatore del metodo Basaglia per l’abolizione degli ospedali psichiatrici e del concetto tradizionale di malattia mentale — e il testo del generoso lascito testamentario, un testo che vale 1000 pubblicazioni letterarie. Il suo è un valore doppio, per il fatto di concretizzarsi in una intitolazione che, come dichiara l’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, «si inserisce nel costante impegno dell’Amministrazione per la parità di genere anche in ambito toponomastico e rappresenta la nostra volontà di continuare a valorizzare le donne che hanno contribuito alla crescita di Milano. Le loro storie, le loro lotte e i loro successi meritano di essere celebrati e ricordati».

Già conoscevo Katia Acquafredda, ma è stato il destino a rimettermi in contatto con lei. L’avevo incontrata nel 2011/2012 durante le riunioni preparatorie alla nascita della Casa delle Donne di Milano e, una volta realizzato quello straordinario progetto, ci eravamo incrociate solo saltuariamente. Nemmeno ricordo come e quando Katia, divenuta nel frattempo responsabile medica della Rsa Villa Antonietta, mi raccontò della donazione all’origine di tutto.
Maturai l’idea che una donna come Antonietta Biffi dovesse avere un pubblico riconoscimento per rimediare a un oblio ingiusto: Toponomastica femminile non poteva tacere. Inizia così la serie di contatti con il Municipio 6 e poi con l’Assessorato alla Cultura per perorare la causa della “nostra Antonietta”.
Intanto le ospiti della Rsa, con età variabili da 90 a 107 anni, si riuniscono in assemblea e concordano che il parco pubblico adiacente alla loro struttura ha da chiamarsi Giardino Antonietta Biffi. In una seconda assemblea, ormai a delibera decretata, presentano alla loro dottoressa Katia Acquafredda la richiesta che quando avverrà l’intitolazione si organizzi una grande festa.
«Obbedisco», diciamo io e Katia, pur sapendo che rimangono alcuni ostacoli da superare. Il più grosso è che al catasto il parco risulta intitolato a Moravia.
No, no, obiettiamo alle autorità competenti noi, vestali dell’iniziativa. Un vialetto separa due porzioni di parco, una delle quali effettivamente con targa dedicata ad Alberto Moravia. Ma l’altra, la seconda sezione subito attigua a Villa Antonietta, “deve” essere svincolata. Passano i mesi e le trattative continuano.
D’altronde per noi la storia è lineare e lapalissiana: basta cambiare la scheda catastale.
Risultato: il 10 luglio 2024 viene inaugurato il Giardino Antonietta Biffi.
Credete che le vispe nonagenarie/centenarie si accontentino? Macché.
Altra assemblea, altra petizione: per una vera festa ci vuole la banda.
Ok, ladies. Contatto la Banda degli Ottoni a scoppio, famosissima a Milano perché dà voce ai senza voce e suona a tutti gli eventi importanti della città. È una banda dalla formazione variegata e di primo acchito non si può sapere quanti saranno gli elementi partecipanti alla mattinata del 10 luglio, giornata lavorativa per molti di loro. Ci fidiamo. Basta che vengano. Già ci fanno un piacere! Infatti musiciste/i subito accettano di scortare la sfilata delle signore in carrozzina che assisteranno alla cerimonia.


Arriva il momento fatidico: banda e carrozzine guidate dallo staff infermieristico si schierano vicino al luogo della celebrazione, nel bel parco alberato. “Ta-da 🎶”. Scende il drappo, si scopre la targa: questo è ora il Giardino Antonietta Biffi, benefattrice.
Discorsi, battimani, commozione… ma non è finita!

Il programma prevede: aperitivo e pranzo all’aperto con l’accompagnamento musicale del trio Effetto Notte (fisarmonica, violino, contrabbasso). Qui la dottoressa Katia Acquafredda si scatena e, aggirandosi fra i tavolini, porge il microfono alle commensali in carrozzina che con lei intonano la Canzone di Antonietta sulla musica di Ciao ciao bambina.
Poi, riposino delle residenti, risveglio con merenda di frutta, spettacolo delle celeberrime marionette della Compagnia Carlo Colla & Figli che mettono in scena a fili corti un estratto dal Gerolamo finto orso. Seguono i burattini di Paolo Sette e il gran finale con motivi d’operetta secondo un repertorio d’antan cantato da Vanna Carella. In cartellone: La romanza della Vilja e Tace il labbro dalla Vedova allegra di Franz Lehar; dello stesso autore Il fox-trot delle gigolettes e La danza delle libellule; Al cavallino bianco di Benatzky, Il fox della luna da Il Paese dei campanelli di Lombardo e Ranzato. Conclude la medley Tu che m’hai preso il cor da Il paese del sorriso di Franz Lehar.



Le voci tremule delle nostre meravigliose nonagenarie/centenarie si uniscono al canto e le braccia disegnano piccole volute di note nell’aria.
Lacrime di gioia.
Sipario.
Una gentile signora di 103 anni nel salutare dopo lo spettacolo, mentre le carrozzine sfilavano, pilotate dallo staff sanitario verso le tre sale da pranzo, mi ha stretto forte forte la mano dicendo con voce dall’articolazione incerta: «Tornerete, vero? Vi aspettiamo». Un invito che non si può rifiutare.
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Articolo di Nadia Boaretto

Nadia Boaretto, residente fra Milano e Nizza (Francia). Laureata in lingue e letterature straniere all’Università Bocconi. Ex insegnante di inglese, traduttrice, attiva partecipante a testi del teatro di figura, nella fattispecie di una importante compagnia marionettistica. Femminista, socia fondatrice della Casa delle Donne di Milano. È attualmente attiva nel movimento a tutela dell’acqua pubblica, contro la privatizzazione.
