Memorie d’artista. Cento anni dopo. Seconda parte 

Prosegue l’iniziativa Memorie d’artista di Vitamine vaganti dedicata a donne del passato dimenticate o poco conosciute; in questa occasione vogliamo presentare due artiste e un’importante collezionista venute a mancare nel secondo semestre del 1924.  
La pittrice Dora Hitz (Altdorf bei Nürnberg, 30 marzo 1856 – Berlino, 20 novembre 1924) è stata una figura fondamentale del panorama artistico tedesco, purtroppo rapidamente dimenticata dopo la Prima Guerra Mondiale.  

Dora Hitz


Figlia di un insegnante di disegno che le trasmette i primi rudimenti del mestiere, Dora Hitz si forma a Monaco in un istituto d’arte femminile; nel 1876 in occasione di una mostra incontra tra il pubblico Elisabetta di Wied, scrittrice conosciuta con lo pseudonimo di Carmen Sylva e futura regina consorte di Romania, la quale, colpita dal suo lavoro, le offre l’incarico di pittrice di corte; qui dipinge opere da cavalletto, disegna illustrazioni e realizza i pannelli decorativi per la Sala della Musica del Castello di Peleș, residenza estiva di Elisabetta di Wied e del consorte Carlo I, costruita tra il 1873 e il 1883. Negli imponenti lavori di decorazione dei vari ambienti del castello vengono coinvolti molti artisti e artiste, tra cui anche Gustav Klimt, i cui dipinti sono ancora visibili nel teatrino.

Castello di Peleș, Sala della Musica, in alto a destra i pannelli realizzati da Dora Hitz
Dettaglio dei pannelli realizzati da Dora Hitz

Negli anni Ottanta dell’Ottocento Hitz continua a lavorare tra la Romania e Parigi, dove espone regolarmente al Salon e aggiorna il suo stile verso il simbolismo. Nel 1892 si trasferisce a Berlino divenendo presto membro della Vereins Berliner Künstlerinnen und Kunstfreundinnen, la prima associazione tedesca di sole artiste fondata nel 1867, dedita alla formazione e promozione di talenti femminili; negli anni Novanta l’associazione era già avviata e ben inserita nell’ambiente artistico berlinese, permettendo così a Dora Hitz di ottenere presto nuova clientela tra la borghesia cittadina, per la quale realizza molti ritratti, in particolare figure femminili solitarie e scene di maternità, spesso ambientate all’aperto, in boschi o giardini.

Dora Hitz – All’ombra, 1900 circa
Dora Hitz – Il bambino del sole

Nel 1893 espone alcuni suoi lavori all’interno del Woman’s Building, padiglione progettato e decorato interamente da donne per la World’s Columbian Exposition di Chicago, a proposito del quale avevamo già accennato nella prima parte di questo articolo https://vitaminevaganti.com/2024/06/22/memorie-dartista-cento-anni-dopo-prima-parte/ .  
Nel 1898 partecipa alla Secessione di Berlino, momento in cui artisti e artiste più giovani e sensibili alle nuove correnti stilistiche si dissociano definitivamente dall’Accademia per poter lavorare ed esporre con più autonomia e libertà, come era già accaduto due anni prima a Vienna con Gustav Klimt e altri diciotto artisti e architetti d’avanguardia.  
Ancora nei primi anni del Novecento, Dora Hitz continua ad aggiornare il suo stile, non perde occasione per unirsi e collaborare con colleghi e colleghe più giovani, entrando a far parte anche del Novembergruppe, collettivo di artisti e artiste di fede politica socialista e dalla provenienza eterogenea, dal futurismo al dadaismo fino al disegno industriale.  
Proseguiamo con Isabella Stewart Gardner (New York, 14 aprile 1840 – Boston, 17 luglio 1924), collezionista e mecenate statunitense molto conosciuta a Boston con lo pseudonimo di Mrs Jack.

Isabella Stewart Gardner in 1888

Nata a New York da una famiglia benestante, riceve un’educazione europea studiando a Parigi e viaggiando per l’Italia. Nel 1860 sposa John Lowell Gardner jr, discendente di una delle famiglie più agiate degli Stati Uniti, arricchitasi con il commercio di spezie dall’Asia, con il quale si trasferisce a Boston.  
Per cercare sollievo da un periodo di depressione dovuto alla morte dell’unico figlio, dal 1867 Isabella e John Gardner si dedicano a lunghi viaggi che saranno l’occasione di acquisto dei primi pezzi per la loro prestigiosa collezione, opere d’arte ma anche manoscritti antichi e souvenirs curiosi; del loro primo tour si conosce poco ma incuriosisce la scelta delle mete (Scandinavia e Russia), apparentemente inusuale per una facoltosa coppia statunitense, anche se, come ha dimostrato Rossella Perugi nei tanti articoli dedicati all’argomento (https://vitaminevaganti.com/category/studi-e-ricerche/viaggiatrici-del-grande-nord/), l’Europa del Nord diviene nella seconda metà del XIX secolo una meta alternativa alle tappe più canoniche del Grand Tour o a quelle più esotiche nei territori colonizzati, grazie alle tante pubblicazioni al riguardo comparse soprattutto in ambito anglosassone.

Isabella Stewart Gardner e John Lowell Gardner jr in Norvegia, agosto 1867

I loro viaggi successivi saranno in Egitto (1874-75), Cina e Giappone (1883), nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente, nelle principali città d’arte europee e in Italia, con un’attenzione particolare per Venezia; per ogni viaggio, Isabella Stewart raccoglie dettagliati resoconti sui suoi diari, arricchiti da acquarelli da lei realizzati e molto fotografie, cartoline, fiori locali essiccati tra le pagine. 
Grazie alla sua posizione sociale, Isabella Stewart Gardner ha modo di frequentare la classe intellettuale americana e assistere a qualche lezione all’Università di Harward (che dal 1879 vantava il programma Harward Annex, un primo tentativo di aprire la formazione universitaria anche alle donne, finanziato per altro dalla stessa Isabella); segue in particolare i corsi del professore Charles Eliot Norton sulla letteratura e l’arte italiana nel tardo Medioevo e nel Rinascimento. È Norton inoltre a presentarle John Ruskin, illustre storico dell’arte inglese autore de Le pietre di Venezia, pubblicato in tre volumi nella prima metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento, lettura che influenzerà molto Isabella Stewart e orienterà le sue scelte come collezionista.  
Venezia diventa per la coppia una meta fissa, sempre ospitata a Palazzo Barbaro sul Canal Grande, ritrovo di pittori quali John Singer Sargent, James McNeil Whistler e Claude Monet e autori e autrici come Henry James e Vernon Lee.

John Singer Sargent – Ritratto di Isabella Stewart Gardner, 1888

Sul finire del XIX secolo Isabella e John intraprendono i lavori di costruzione per un edificio a Boston che potesse accogliere la loro ormai immensa collezione d’arte, la quale, con il contributo del conoscitore Bernard Berenson, era arrivata a comprendere dipinti di inestimabile valore come Il ratto d’Europa di Tiziano o l’autoritratto del giovane Rembrandt del 1629.

Isabella Stewart Gardner Museum, Dutch Room. Si riconoscono sulla destra l’autoritratto di Rembrandt e Uomo in pelliccia di Albrecht Dürer
Isabella Stewart Gardner Museum, Titian Room. Il Ratto d’Europa di Tiziano è ben visibile al centro, in primo piano a sinistra Cristo che porta la croce di Giovanni Bellini

Nel 1898 Isabella resta improvvisamente vedova ma decide comunque di portare avanti il loro progetto; nel 1901 l’edificio viene completato, un palazzo di quattro piani con una corte rettangolare centrale e le facciate in pieno stile veneziano.

Isabella Stewart Gardner Museum, veduta del giardino


Ancora oggi il museo, che porta unicamente il suo nome, è visitabile e conserva capolavori di Beato Angelico, Sandro Botticelli, Johannes Vermeer, Diego Velázquez, oltre a opere d’arte e manufatti provenienti dai suoi numerosi viaggi.   
Questa serie si conclude con un breve assaggio sulla vita e il lavoro di Louise Rayner (Matlock Bath, 21 giugno 1832 – St Leonards-on-Sea, 8 ottobre 1924), a cui Livia Capasso dedicherà un articolo intero nel prossimo numero.

Ritratto di Louise Rayner

Nata in una famiglia di artisti e artiste, ha modo di imparare fin da giovanissima le tecniche della pittura, ereditando dal padre Samuel la specializzazione in vedute cittadine e architetture realizzate perlopiù in acquarello. I suoi dipinti raggiungono una certa notorietà e ancora oggi sono molto apprezzati e riprodotti, soprattutto per la freschezza e l’ironia con cui popola le strade di Chester, dove ha vissuto dal 1865 al 1910, o di altre città inglesi che non perde occasione di visitare, animate da commercianti, animali, bambini.

Louise Rayner Chester Eastgate Street

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Articolo di Cecilia Babolin

Studio storia dell’arte contemporanea ma mi interesso anche di museologia, femminismo e postcolonialismo. Dopo aver studiato a lungo l’arte sotto il regime fascista, mi sto dedicando al secondo Novecento, in particolare agli anni Sessanta e Settanta. Da poco ho cominciato a esplorare campi nuovi come l’architettura e il cinema sperimentale.

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