Nietos y Nietas

La raccolta di saggi Nec Nomine. Nell’Argentina delle stragi: Menzogne, Verità, Identità presenta e fa conoscere, sotto diversi punti di vista disciplinari, la terribile vicenda delle bambine e dei bambini “appropriati”, cioè rapiti e adottati illegalmente da militari o da famiglie facenti parte o fedeli alla dittatura civico militare argentina del generale Videla, dopo la “scomparsa” dei genitori vittime della repressione, diventati desaparecidos. In realtà ora si sa che per cittadine e cittadini ritenuti sovversivi vi furono arresti, sequestri, torture e uccisioni, il più delle volte volutamente tenuti nell’ombra, nel periodo dal 1976 al 1983. Proprio qualche giorno fa, il 30 agosto, si è celebrata la “Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate”, istituita ufficialmente il 21 dicembre 2010 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il libro è a cura di Marco Francesconi, medico, psicoanalista IIPG e supervisore della Scuola di psicoterapia psicoanalitica (Spp) di Milano, autore dell’introduzione Perché il libro, e Daniela Scotto di Fasano, psicologa, psicoanalista, componente della Società psicoanalitica italiana (Spi), autrice della postfazione Oltremai. Diversi gli interessanti e documentati saggi, che presentano I fatti (parte prima), raccontano L’esperienza (parte seconda) e ne danno una lettura alla luce della Psicoanalisi (parte terza). Fra i tanti autori e autrici, fra cui vogliamo ricordare Silvia Vegetti Finzi, psicologa e psicoterapeuta per i problemi dell’infanzia, già docente di Psicologia dinamica all’Università di Pavia, e Mariano Horenstein, psicoanalista della federazione psicoanalitica dell’America Latina, abbiamo incontrato Paola Garbarini, psicologa e psicoterapeuta di Lodi, autrice del saggio Nietos y Nietas: nipoti.

Paola Garbarini

Per entrare ancora meglio in un tipo di approfondimento psicoanalitico e sociologico, poniamo quindi alcune domande a Paola, nella convinzione che un’interpretazione dei fatti che vada oltre la cronaca storica, capace di confronto e di critica, possa dire molto anche per la comprensione della nostra realtà attuale, in un momento di ripresa delle tendenze sovraniste e nazionaliste.

Ci puoi innanzitutto spiegare il significato di questo titolo Nec Nomine?
Il titolo è stato pensato da Marco Francesconi e Daniela Scotto di Fasano. Nec Nomine sta a significare l’NN, senza nome, figlia/o di nessuno, cioè l’attacco alla identità degli appropriati: all’oscuro di essere figlie/idei propri genitori biologici, da un lato, e non figli dei genitori appropriatori. Con il dilemma psichico che ne consegue: di chi sono figlia o figlio? Infatti, è stato molto difficile (per alcune/i impossibile) staccarsi dai genitori appropriatori. E comunque ha comportato in ciascuna/o degli appropriati, dal punto di vista psichico, un dilemma identitario di appartenenza.
A questo proposito è interessante richiamare il capitolo Un mosaico con poche tessere di Hilario Bourg de La Cuadra, nipote di Abuela Licha, Alicia Zubasnabar De La Cuadra, sua nonna materna, cofondatrice di Abuelas de Plaza de Mayo insieme a Chicha Mariani. Hilario, familiare di desaparecidos e cugino di Ana Libertad, la Nieta 115 ritrovata in Olanda, è cresciuto in esilio in Italia con la sua famiglia biologica, conoscendo la sua identità e quella dei suoi genitori. Nonostante ciò, sottolinea come, anche per lui, le violenze perpetrate durante la dittatura hanno creato una scissione identitaria la cui ricostruzione è passata attraverso la ricomposizione di frammenti, tasselli e memorie tramandate attraverso il lessico familiare e “tracciate”, letteralmente, anche sul corpo: «la mamma ricostruiva sul mio corpicino la mappa genetica della famiglia: il naso dello zio Roberto Josè, le gambe di Lautaro, l’eleganza del abuelo Peteto, la bellezza e l’intelligenza della mamma. Questo rito andò avanti, fino a quando cominciai a trovarlo un po’ infantile per la mia età».
Rimando anche alla parte del mio contributo relativa all’Archivio biografico familiare, con la commovente e intensa testimonianza di Marcela Solsona Sintora, Nieta 129, recuperata in Spagna.

Tu hai intitolato il tuo saggio Nietos y Nietas, cioè nipoti, pensando alle Madres e soprattutto alle Abuelas (nonne) de Plaza de Mayo. Ne hai conosciuta personalmente qualcuna? Che cosa ci puoi dire di loro?
Los nietos y nietas sono figli e figlie dei desaparecidos appropriati durante l’ultima dittatura civico-militare argentina durata dal 1976 al 1983. Le bambine e i bambini, rapiti insieme ai genitori o fatti nascere in cattività durante la prigionia delle loro madri, venivano forzatamente separati dal loro contesto di provenienza e venduti o regalati a famiglie, il più delle volte consapevoli della loro provenienza, in un perverso progetto sistematico di rieducazione valoriale, trattati al pari di un “bottino di guerra”. Questi bambini, oggi persone adulte tra i 41 e i 49 anni, sono internazionalmente conosciuti come “Los Nietos y Nietas”, nipoti, in relazione al fatto che già in piena dittatura le loro nonne, madri dei loro genitori scomparsi, si attivarono per ritrovarli e identificarli creando così l’Associazione Abuelas de Plaza de Mayo. Queste donne si unirono ad altre, conosciute internazionalmente come le Madres de Plaza de Mayo, che per la prima volta il 30 aprile del 1977 erano scese in Piazza, sfidando i militari, per reclamare “l’apparizione con vita” delle loro figlie e figli, tristemente noti in tutto il mondo come i desaparecidos. Le due Associazioni sono attive in continuità ancora oggi. In tanta atrocità, quello di cui le alte cariche dell’esercito non avevano saputo tenere conto fu, infatti, il ruolo decisivo delle donne nel denunciare e sovvertire ciò che il regime tentava di occultare. Donne che, almeno inizialmente, vennero considerate inoffensive perché non riconosciute come portatrici di competenza politica e che al contrario, venivano derise dagli organismi militari che le definivano “las locas”, le pazze. Donne che invece, grazie anche alla loro perseveranza, si sono trasformate nel corso degli anni in un esempio di resistenza e lotta non violenta, riconosciute in tutto il mondo, capaci di re-agire all’odio e alla persecuzione con giustizia, legalità, amore e creatività, tramandandole alle generazioni future.
Ho avuto l’onore di conoscere personalmente alcune di loro. La presidente di Abuelas de Plaza de Mayo, Estela Barnes de Carlotto, lo scorso maggio a Roma, in occasione della cerimonia di conferimento della Laurea Honoris Causa in Lingue e letterature per la didattica e la traduzione, che le è stata riconosciuta dall’Università Roma Tre. In passato avevo conosciuto Taty Almeida, Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora, e Abuela Buscarita Roa, vicepresidente di Abuelas, che ha potuto riabbracciare sua nipote Claudia Victoria Poblete Hlaczik nel 2020, dopo 22 anni di instancabile ricerca. Intervistai Abuela Buscarita nel 2005 a Buenos Aires, nella sede di Abuelas in cui mi ero recata al fine di raccogliere interviste e testimonianze da inserire nella mia tesi di Laurea in Psicologia incentrata sulla ricostruzione identitaria di figlie e figli dei desaparecidos, appropriati dai militari che avevano potuto recuperare la loro identità.

Questo libro è frutto del tuo percorso di studi e delle tue esperienze, ce ne parli?
Il mio legame con l’Argentina è iniziato con la lettura del libro di Massimo Carlotto Le irregolari. Buenos Aires Horror Tour, che mi venne regalato da un’amica una ventina d’anni fa. Ricordo che rimasi piuttosto sorpresa perché non avevo mai manifestato un interesse particolare per questa tematica. Ne sapevo poco, a dire il vero, e anche a scuola e all’Università non avevo mai avuto modo di approfondirla. Curiosa, cominciai a leggerlo e poche ore dopo lo avevo già terminato. Lo lessi, ricordo, una seconda volta. Sapevo che in Argentina c’era stata una dittatura e avevo già sentito parlare dei desaparecidos, ma furono due le cose che in quel momento mi colpirono maggiormente: da un lato l’esistenza di centri clandestini, sappiamo oggi più di 600, veri e propri centri di sterminio, situati all’interno delle città dove le persone venivano rinchiuse, torturate e uccise mentre intorno, le città continuavano a muoversi e a vivere come se nulla stesse accadendo. La seconda cosa che mi sconvolse fu scoprire che durante questo periodo a sparire non furono solo gli adulti ma anche bambine e bambini, i loro figli. Circa 500, secondo le stime di Abuelas, che vennero rapiti insieme ai genitori, in alcuni casi, in altri fatti nascere nei centri clandestini dove funzionavano dei veri e propri reparti di maternità clandestina. Bambine/i che vennero poi “appropriati”, utilizzando un termine coniato da Abuelasin questa accezione e poi divenuto di uso comune per riferirsi nello specifico a situazioni in cui bambine e bambini venivano non solo adottati illegalmente, ma anche inscritti come figli propri delle famiglie che li avrebbero cresciuti nella menzogna individuale, familiare e sociale.
Bambini e bambine costrette a “lavorare come figli/e”, per riprendere una definizione della psicoanalista argentina Eva Giberti. Qualche mese dopo all’Università dovevo sostenere l’esame di Psicologia Dinamica con il prof. Marco Francesconi e uno dei testi era Volere un figlio di Silvia Vegetti Finzi, che nel capitolo Oscurità dell’origine ed etica della verità approfondiva il tema dei bambini e delle bambine appropriate durante l’ultima dittatura civico–militare argentina. Ne scrissi durante l’esame e fu proprio in quel momento che decisi di fare su questo argomento la mia Tesi di laurea. Credettero nel mio progetto il prof. Francesconi e la prof.ssa Scotto di Fasano, che accettarono di esserne relatore e correlatrice, supportandomi anche durante il viaggio in Argentina. All’epoca, infatti, il materiale disponibile in Italia era decisamente esiguo, volevo inoltre raccogliere personalmente le testimonianze di persone direttamente coinvolte, in particolare di nietos e nietas che avevano recuperato la loro identità. Decisi quindi di prendere contatto con l’Associazione e di recarmi a Buenos Aires, dove mi sono poi fermata per circa sei mesi.
Come è riportato nel mio capitolo, andai, accolta da Abuelas nella loro sede e anche se sono passati 19 anni, una parte di me è sempre rimasta lì. Negli anni ho mantenuto i contatti con alcune/i referenti dell’Associazione e nipoti recuperati/e, penso ad esempio ad Horacio Pietragalla Corti, Nieto 75, che nel 2019 è stato designato Segretario per i Diritti Umani della Repubblica Argentina, incarico che ha ricoperto fino al 2023. Nel libro è inserito un suo contributo intitolato Il dubbio. Dopo la laurea e la specializzazione in Psicoterapia sistemica relazionale, ho continuato ad approfondire gli studi e le ricerche su questo ambito, specializzandomi in dinamiche identitarie e transculturali.
Nel 2022 sono entrata formalmente a far parte di Rete per l’identità Italia che, in sinergia con Abuelas de Plaza de MayoCoNaDi (Commissione nazionale per il diritto all’identità), sostiene la ricerca anche fuori dall’Argentina dei figli e figlie dei desaparecidos, appropriate durante la dittatura. Nel capitolo Il diritto all’identità, Claudia Carlotto, direttrice di CoNaDi, racconta in modo approfondito ed esaustivo la creazione della Rete, nazionale ed internazionale, declinandone le attività.
Personalmente, in linea con la mia formazione, mi occupo del sostegno psicologico alle persone che si rivolgono alla Rete per poter contenere l’intensità emotiva che accompagna la scelta di voler approfondire i dubbi sulla propria identità e gestire i tempi e le fasi della procedura di ricerca, nonché la rivelazione dell’esito dell’esame genetico, sia esso positivo o negativo. Solo dal 2020 a oggi sono state 19 le richieste che abbiamo preso in carico. Inoltre, partecipo all’organizzazione e alla conduzione di incontri di sensibilizzazione su tale tematica, che spesso vedono la partecipazione diretta di referenti di Abuelas de Plaza de MayoCoNaDio altre associazioni di familiari di desaparecidos.

Per quanto tu ne sappia, nelle nostre scuole si discutono questi argomenti di attualità o ci si ferma, nello studio della Storia, alla prima metà del Novecento e non si va oltre?
Ammetto di non conoscere il Programma Ministeriale. Partendo dalla mia esperienza, veniamo contattate da alcune scuole secondarie e Università che hanno interesse ad approfondire l’argomento. Nelle scuole secondarie la cornice è prevalentemente storica, nelle Università dipende dalla Facoltà. È un tema che può essere affrontato da differenti prospettive: giuridico, genetico, psicologico, polito, storico, sociologico etc.
Per quanto riguarda nello specifico le Scuole secondarie, veniamo contattati il più delle volte da docenti sensibili alla tematica, cogliendone l’importanza e attualità. Ci rivolgiamo solitamente (ma non solo) a studenti delle classi quarte e quinte, proponendo una contestualizzazione storica e coinvolgendo anche familiari di desaparecidos, che condividono la loro personale esperienza. Ci rendiamo conto che la testimonianza diretta fa una grande differenza, perché le ragazze e i ragazzi hanno una grande capacità empatica e colgono molto bene l’intensità di quanto ascoltano. È incredibile partecipare a questi incontri e vedere con quanta attenzione e partecipazione le e gli studenti accolgano argomenti che potrebbero sembrare ostici e lontani, ma che in realtà toccano tematiche, legate ai Diritti, alla Memoria e all’Identità, che li riguardano molto da vicino. Lo sentono, lo percepiscono e ne nascono domande e conversazioni realmente di un livello molto alto.
Da un punto di vista formativo e didattico, oltre che umano, per le classi quinte può essere un’ottima occasione per affrontare, in vista dell’Esame di Stato, una parte di storia recente di cui altrimenti non si parlerebbe. Anche considerando che l’Argentina è molto più “vicina” di quello che possiamo immaginare, visti i flussi migratori e i legami che da sempre connettono i nostri Paesi.
L’obiettivo è quello di far conoscere ciò che è accaduto durante la dittatura e le sue conseguenze, anche nell’attualità; di sensibilizzare circa la promozione e tutela dei Diritti umani e riguardo la ricerca dei nietos e nietas che ancora mancano, circa 300. Donne e uomini che, come viene anche dettagliato nel libro, potrebbero vivere in Italia, ignari della loro identità.

Pensi che proseguirà questo tuo impegno e hai già in mente delle azioni future?
Personalmente sono referente di Rete per l’identità Italia dal 2022, ma la Rete è attiva dal 2009, coordinata da 24marzo Onlus che, oltre a sostenere la ricerca di figlie e figli di desaparecidos, coordina anche i processi ai genocida argentini residenti in Italia, che dopo la fine della dittatura sono fuggiti nel nostro Paese per non essere giudicati e condannati. Attualmente sono in corso a Roma i processi ai torturatori e omicida Troccoli e Malatto. Inoltre, 24marzo OnlusRete per l’identità Italia collaborano con l’Eaaf–Equipo Argentino de Antropología Forense–istituzione non governativa che dal 1987 recupera e identifica le persone scomparse vittime della violenza di Stato e di crimini contro l’Umanità, per restituire loro l’identità e i loro resti alle famiglie che ancora li stanno cercando.
Purtroppo, attualmente la situazione in Argentina è molto preoccupante: a seguito dell’insediamento del nuovo Governo Milei, a dicembre dello scorso anno, le politiche di Verità, Memoria e Giustizia che hanno reso l’Argentina faro e modello di riferimento per la promozione e difesa dei Diritti umani in tutto il mondo, stanno subendo un duro attacco a causa di azioni al limite del negazionismo, che stanno apertamente e dichiaratamente minando la tutela dei Diritti in ogni loro forma, non solo quello dell’Identità.
Dopo aver prima depotenziato e poi definitivamente chiuso il Ministero delle donne, del genere e della diversità, l’attuale Governo ha scelto anche di depotenziare la CoNaDi, organismo statale, che dal 1992 ha mandato di cercare, localizzare e identificare, attraverso l’esame del Dna, le/i bambini appropriati durante la dittatura. Sono anche stati drasticamente ridotti i fondi a sostegno delle Associazioni, tra cui Abuelas de Plaza de Mayo, rendendo sempre più difficoltosa la ricerca. A questo proposito l’Associazione ha promosso una campagna di donazioni, anche a livello internazionale, per continuare a sostenere la ricerca di nietos e nietas, ed è possibile oggi contribuire anche dall’Italia accedendo direttamente dal sito di Abuelas (https://www.abuelas.org.ar/).
Per quanto ci riguarda, come socie/ie volontarie/idi 24marzo OnlusRete per l’identità-Italia, continueremo a sostenerne le attività, sia occupandoci del disbrigo degli aspetti burocratici necessari alla richiesta e completamento dell’indagine genetica, sia sostenendo psicologicamente le persone che ci contattano in tutte le fasi della loro ricerca, sia attraverso l’organizzazione di eventi di sensibilizzazione, rivolti alle scuole, alle università e alla cittadinanza, come quello che abbiamo, ad esempio, recentemente organizzato a Lodi, a cui ha partecipato, oltre a Hilario Bourg, anche Miguel “Tano” Santucho facente parte del direttivo di Abuelas de Plaza de Mayo e fratello dell’ultimo nipote recuperato a luglio 2023, il Nieto 133. L’incontro è stato organizzato dal Sai (Servizio di accoglienza e integrazione) del Comune di Lodi, con il quale collaboro dal 2011, in sinergia con Abuelas de Plaza de Mayo, Rete per l’Identità Italia e 24marzo Onlus, ed è stato intitolato “Abuelas: la ricerca continua”.
Nell’incontro, oltre a richiamare l’attuale situazione argentina in materia di Diritti umani, si è approfondito circa l’importanza di mantenere viva la Memoria e sottolineato come la ricerca dei “desaparecidos con vita” come vengono anche definiti i bambini e le bambine appropriate, continui e sia attiva ancora oggi, dopo più di quarant’anni, grazie a nipoti recuperate/i e ai familiari di desaparecidos che hanno accolto l’eredità delle nonne portandone avanti la ricerca delle sorelle e dei fratelli che ancora mancano, per restituire a loro e alla loro progenie l’identità. Grazie a tutte e tutti coloro che hanno realizzato questo libro, per “non dimenticare” e per le riflessioni che farà scaturire in chi leggerà, con la speranza che sia proposto e discusso nelle classi, per offrire soprattutto a chi è giovane importanti elementi di comprensione delle dinamiche delle società e delle possibili distorsioni e crimini, se si rimane nell’indifferenza.

In copertina: dettaglio tratto da un’immagine di Oltremai (Logos 2013).
Copyright: Lorenzo Mattotti.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti.

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