Il termometro era per me e mio fratello un oggetto familiare e misterioso. Quel tubetto in vetro, con tacche e numeri e un bulbo argenteo, quando la linea scura al suo interno superava il numero in rosso “37” aveva il potere di regalarci un giorno di vacanza. Avevamo imparato che avvicinando il bulbo a una lampadina accesa, o al termosifone, il liquido all’interno schizzava verso l’alto. Mamma a quei 40° di febbre improvvisa non credeva un gran che, ma a volte ci lasciava rimanere a casa lo stesso.
Il momento più emozionante era quando quel tubetto cadeva a terra, a volte con un piccolo aiuto. «Fermi! Attenti ai vetri!» intimava mamma, ma poi prendeva un foglio di carta e raccoglieva quel liquido metallico e ce lo faceva guardare: sfere quasi perfette che si riunivano non appena avvicinate. «Posso toccarlo?» dicevo, affascinata da quella sostanza che non sembrava né liquida né solida e rifletteva la luce come specchio. «No. Te lo faccio vedere io. È velenoso». E questa informazione lo rendeva ancora più interessante.

Nell’uso quotidiano i termometri a mercurio sono stati sostituiti dai termometri a gallio, contengono una lega (galinstan) di gallio, indio e stagno che non è pericolosa. Personalmente non li amo perché non riesco mai a farli scendere, infatti questa lega una volta raffreddata è più viscosa del mercurio, unico metallo a essere liquido a temperatura ambiente.
Ma cos’è il mercurio, perché è tossico?
Il mercurio è un elemento chimico, un metallo di transizione. Il suo simbolo è Hg, da hydrargyrum, latinizzazione del termine greco Υδραργυρος (hydrargyros), parola composta dai termini corrispondenti ad “acqua” e “argento”, per via del suo aspetto liquido e metallico. Il nome mercurio è più recente e deriva dal pianeta del sistema solare che gli alchimisti associavano a questo metallo.
In natura esiste in varie forme:
● Mercurio elementare (metallico);
● Composti inorganici del mercurio;
● Metilmercurio (MeHg) e altri composti organici.

Il mercurio elementare, o metallico, si presenta come un liquido argenteo a temperatura ambiente. Si trovava nei termometri e viene usato nella produzione di lampade fluorescenti e di alcuni tipi di interruttori elettrici.
Una caratteristica rilevante è la sua capacità di evaporare, generando vapori tossici invisibili e inodori. Se riscaldato, si trasforma in un gas privo di colore e odore.
Il mercurio inorganico è presente nel cinabro, un minerale, o come impurità in altri composti. Reagendo con diversi elementi, forma dei sali. Le sue fonti di emissione comprendono attività minerarie, centrali elettriche a carbone, inceneritori e impianti industriali. Tutte queste attività antropiche emettono anche vapori di mercurio elementare. Viene inoltre utilizzato nella produzione di saponi schiarenti per la pelle, in fotografia e come conservante per il legno. L’esposizione umana avviene sia in contesti professionali come l’estrazione dell’oro, sia attraverso la pelle con l’uso di prodotti cosmetici e medicali.

Il mercurio interagisce con altri metalli, come oro e argento, per formare i cosiddetti amalgami, proprietà utilizzata per l’estrazione dell’oro in altri tempi e ancora oggi nelle attività minerarie di piccole dimensioni e nei paesi poveri.
L’amalgama di mercurio e altri metalli era ampiamente usato in odontoiatria fino a poco tempo fa. Anche se la sua tossicità non è provata, dal 2018 in Europa ne è vietato l’impiego per chi è al di sotto dei 15 anni e per le donne in gravidanza. Attualmente si preferisce usare resine composte e materiali ceramici.
Il metilmercurio, altamente tossico, rappresenta la forma organica più comune di questo metallo. Viene sintetizzato da alcuni microrganismi, batteri e altri, che combinano il carbonio con il mercurio finito in acqua da atmosfera e suolo. I microorganismi vengono mangiati da crostacei e piccoli pesci che a loro volta sono il cibo di quelli più grandi. Il metilmercurio tende quindi ad accumularsi lungo la catena alimentare acquatica, diventando un rischio significativo per la salute umana. Termometri e ragazzini curiosi a parte, il modo più frequente di essere esposti a una contaminazione da mercurio è proprio attraverso la catena alimentare. Gli organismi non riescono a liberarsi del metilmercurio e di pasto in pasto il metallo si accumula, anzi si bioaccumula, nel grasso. Inoltre, secondo un processo che ha il nome di biomagnificazione, più è grande l’animale più metilmercurio immagazzina. Questo perché il mercurio, come altri metalli, ha la capacità di legarsi con le proteine e gli enzimi. Un meccanismo d’azione che provoca tossicità sia acuta che cronica, danno aspecifico e morte cellulare.
L’intossicazione acuta da mercurio può manifestarsi in due forme principali, a seconda della via di esposizione. Se si respirano quantità notevoli di vapori di mercurio, si può verificare un avvelenamento rapido e grave. I sintomi includono: infiammazione delle vie respiratorie, tosse e febbre alta. Possono insorgere problemi neurologici progressivi, tra cui tremori e perdita di sensibilità, che nei casi più gravi possono portare al decesso. L’ingestione di dosi elevate di sali di mercurio provoca, invece, una sintomatologia diversa. I pazienti possono presentare violenti disturbi gastrointestinali come vomito, diarrea e forti dolori addominali, talvolta accompagnati da emorragie. L’intossicazione può estendersi anche ad altri sistemi, causando complicazioni circolatorie (shock), respiratorie (polmonite interstiziale) e renali.
L’intossicazione da metilmercurio, una forma organica del mercurio, si manifesta con un quadro clinico differente. I sintomi principali includono paralisi degli arti, in particolare mani e piedi, accompagnata da una generale debolezza muscolare. Inoltre, possono verificarsi danni sensoriali, con compromissione della vista e dell’udito, e difficoltà nel linguaggio. Nei casi più severi, l’avvelenamento può progredire verso disturbi mentali, paralisi diffusa e, in situazioni estreme, coma. Quest’ultimo insieme di sintomi prende il nome di “malattia di Minamata“. A metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, gli abitanti di Minamata, una cittadina di pescatori nel sud del Giappone, erano stupiti del bizzarro comportamento dei gatti locali: camminavano come ubriachi, giravano in circolo e alla fine stramazzavano. Li chiamavano i “gatti danzanti”, ballavano fino a morirne come nella fiaba di Scarpette rosse. Poi cominciarono ad ammalarsi le persone. Una malattia terribile, neurologica, che lasciava sordi, ciechi e faceva nascere bambini deformi. Ci volle del tempo per capire che la causa della malattia era nelle enormi quantità di metilmercurio versate in mare dalla Chisso Corporation, la ditta che dal 1932 al 1968, per produrre acetaldeide, aveva inquinato Minamata con una quantità di mercurio senza precedenti. Il mondo se ne accorse piuttosto lentamente, ma poi anche grazie alle strazianti foto di William Eugene Smith, aprì gli occhi su questo disastro ambientale. Proprio a Minamata è intitolata la convenzione sul mercurio firmata nell’ottobre del 2013 in Giappone e entrata in vigore nel 2017. L’Unep, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, sorto proprio a seguito di episodi come quello di Minamata, ha curato il testo della convenzione che prevede la valutazione e lo studio degli effetti del mercurio e dei suoi composti, il controllo della presenza del mercurio nell’ambiente e la riduzione del suo impiego. Per il 2025 ci si è posti l’ambizioso traguardo dell’eliminazione graduale del mercurio.
Non credo che i tempi verranno rispettati.
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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.
