Giustina Abbà, un’antifascista istriana da (ri)scoprire

In un’Istria segnata dai tumulti dei movimenti nazionalisti e dal fenomeno dell’irredentismo italiano, nasce nel 1903 Giustina Abbà.
Rovigno, città che le diede i natali e dove rimase per tutta la sua vita, è una piccola cittadina della costa istriana sud-occidentale, dove si concentrava la parte più consistente della comunità italiana presente sul territorio.

Purtroppo, la scarsità di informazioni e di materiale biografico a disposizione non ci consente di ricostruire dettagliatamente le fasi della vita e della storia di questa figura femminile a cui, certamente, andrebbe dedicato un lavoro minuzioso di riscoperta; un’indagine storiografica che possa restituirle la visibilità e il riconoscimento che merita.
Noi, nel nostro piccolo, vogliamo ricordarla con questo articolo, volto a celebrarne la memoria in occasione della ricorrenza della sua morte, avvenuta il 24 settembre del 1974.
Di Giustina Abbà, si sa che fu una partigiana, antifascista e operaia italiana e jugoslava, impiegata nella manifattura dei tabacchi della città natale.
Nel 1872, per volontà del podestà di Rovigno, il cavaliere dottor Matteo Campitelli, venne adibito un reparto per la lavorazione del tabacco all’interno della caserma di San Damiano.

Fin dalla sua apertura lo stabilimento rappresentò uno spazio importante di emancipazione femminile: delle settecento donne che presentarono la loro candidatura, ben 391 furono quelle assunte. Si tratta di un dato rilevante se si considera il fatto che, in totale, gli operai coinvolti nella lavorazione erano 401.
Nonostante gli orari estenuanti (si parla di più di dieci ore di lavoro al giorno) e i salari ridotti, la Manifattura Tabacchi di Rovigno, offrendo nuove possibilità di impiego alle donne della città, consentì loro di acquisire una, seppur limitata, indipendenza economica e, soprattutto, permise di uscire dal chiuso delle mura domestiche dove, da sempre, erano state relegate con il compito di provvedere alla cura della casa e della prole.
Si racconta che le “tabacchine”, come venivano definite le donne impiegate nel settore, allietassero le giornate di lavoro intonando canti locali. Spesso, seguendo un andamento matrilineare di successione, le ragazze ereditavano con orgoglio il posto nella manifattura delle loro madri e ciò si deve anche al fatto che, negli anni, le tabacchine goderono di una posizione sociale rispettabile e rispettata.

A loro, il pedagogista musicale Carlo Fabretto ha dedicato la bitinada Le tabaccheîne, canto popolare tradizionale, in italiano o in rovignese, in cui gli strumenti musicali vengono sostituiti dai cantori che accompagnano il solista intonando sillabe onomatopeiche di cui si compongono l’armonia e la ritmica del canto.

Durante la Prima guerra mondiale, l’Istria, contesa tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico, divenne il principale obiettivo bellico del nostro Paese.
Uscita vittoriosa dal primo conflitto mondiale, l’Italia, prima con il trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 e poi, nel 1920, con il trattato di Rapallo, ottenne i territori desiderati (a esclusione della Dalmazia).
Gli anni che seguirono furono segnati dalle tensioni sociali, dalla dilagante crisi economica e dalla politica di bonifica etnica di Benito Mussolini.

Con la presa del potere nel 1922, il Partito Nazionale Fascista avviò un processo di italianizzazione su tutto il territorio: tra il 1923 e il 1926, il Duce varò una serie di disposizione nel tentativo di assimilare forzatamente le comunità etniche locali.
Due anni dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale, nel 1941, l’Italia fascista prese parte all’attacco contro la Jugoslavia; nello stesso anno, con il Trattato di Roma, l’Italia divenne militarmente responsabile della zona comprendente parte della Dalmazia, della Bonovina di Croazia nord-occidentale, della Slovenia e delle bocche di Cattaro.
In Istria, ormai smembrata tra gli Stati invasori, iniziò la Resistenza. È in questo contesto di lotta agli autoritarismi che emerge con fermezza la figura di Giustina Abbà.
Insieme al padre e al figlio avuto dal marito Giovanni, Giustina entrò a far parte del Movimento partigiano istriano, diventando così la prima donna della penisola ad abbracciare la causa di liberazione.
Nel 1942 Abbà si iscrisse al Partito comunista clandestino, sorto nel 1921 in seguito agli scioperi e alle tensioni sociali che caratterizzarono il biennio rosso (1919-1920). In quello stesso anno, insieme a un gruppo di colleghe di lavoro, Giustina organizzò uno sciopero “contro la fame e la guerra”. La protesta venne sedata dalla polizia e dalla milizia fascista che procedettero con l’arresto di Giustina e delle compagne che si erano maggiormente esposte.
Dopo essere stata rilasciata, Abbà si impegnò nella costituzione del Movimento Popolare di Liberazione di Rovigno, di cui figura essere fra le prime fondatrici.
Il Mpl era un’organizzazione antifascista sostenuta e guidata dal Partito comunista, nata con l’intento di liberare l’Istria dalle forze di occupazione insinuatesi nel territorio durante il secondo conflitto mondiale. Nella città di Rovigno, il movimento rimase attivo fino alla fine della guerra, quando nel 1945 tutte le organizzazioni del Mpl, il comando partigiano e l’organizzazione del partito furono sciolti da parte del dirigente circondariale della stessa organizzazione politica. Seguendo le orme della madre, il figlio di Giustina, il cui nome resta ignoto, entrò a far parte del battaglione “Budicin”, diventandone il primo comandante. L’unità della brigata prendeva il nome da Pino Budicin, all’anagrafe Giuseppe Budicin, antifascista e partigiano italiano nato a Rovigno nel 1911. Dopo l’armistizio dell’otto settembre del 1943, Budicin diventò comandante di una formazione partigiana, segretario del comitato distrettuale di Rovigno del Partito comunista croato e membro del comitato popolare di liberazione dell’Istria. Venne giustiziato dai fascisti nel 1944. Fino alla sua morte, Giuseppe Budicin rimase impegnato nell’organizzazione della Resistenza istriana. Il 26 settembre del 1976 il comandante è stato proclamato eroe nazionale della Jugoslavia e omaggiato con un busto commemorativo nella città di Rovigno.

Dal secondo dopoguerra, e fino alla sua scomparsa, Giustina Abbà partecipò attivamente al Fronte femminile antifascista di Rovigno.
Nonostante le vessazioni e le politiche persecutorie del militare e rivoluzionario Josip Broz (meglio noto come Tito), poi sfociate negli eccidi delle foibe di cittadine/i italiani autoctoni, Giustina non aderì all’esodo di massa che coinvolse tra le 250 e le 350 mila persone.
Rimasta nella sua città, la ex partigiana conobbe la realtà delle carceri titine; insieme alle molestie e alle torture, questi campi d’internamento rappresentavano uno strumento fondamentale della strategia di epurazione messa in atto dal maresciallo Tito.
Ma Giustina non se ne andò! Rimase lì, a Rovigno, a resistere insieme alle compagne del Fronte femminile antifascista.
La vita di Giustina Abbà, pur con le sue zone d’ombra, è la storia di una donna tenace che non ha mai abbassato la testa, sempre in prima in linea per la giustizia e la libertà. Una storia che ci ricorda, ancora una volta, che la Resistenza fu fatta da uomini ma anche da incredibili donne.

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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.

Un commento

  1. Grazie per aver riscattato dall’oblio il ricordo e il valore di una tra le donne che hanno vissuto una vita al servizio della libertà. Oggi più che mai è necessario sensibilizzare la consapevolezza che la Storia si scrive con la partecipazione attiva di ogni singolo individuo.

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