Dopo la scomparsa di mio nonno, ricordi antichi e segreti familiari sono riemersi a galla dalle acque torbide del passato. Come una vecchia valigia dimenticata in soffitta e rispolverata dopo anni, è con voi care lettrici e cari lettori, che vorrei condividere un piccolo aneddoto familiare, il quale ancora oggi ho in eredità ed è ciò che caratterizza l’originale storia del mio cognome.
Era la seconda metà degli anni Trenta del Novecento, comune era l’idea che il ruolo della donna fosse relegato alla figura di “angelo del focolare”, ovvero di buona moglie e madre, subordinata agli ordini del marito, la quale opera esclusivamente nel ristretto spazio privato.
Ma in un piccolo borgo del sud Italia della provincia di Benevento, dove l’analfabetismo, così come la cultura patriarcale e maschilista era presente in ambito domestico, sociale e culturale, una donna — la mia bisnonna — aveva rotto, se pur nel suo piccolo, quegli equilibri che la società a quel tempo le imponeva.
Dai racconti familiari era descritta come una donna risoluta e sicura di sé, difatti, con grande forza d’animo aveva cresciuto due figli, concepiti da due uomini differenti. Se dal primo marito rimase vedova prematuramente, chi fosse il mio bisnonno rimane ancora un mistero.
Chi ha conosciuto da vicino questa storia, come mia zia mi narrava, afferma con certezza che non aveva mai accettato il vincolo del matrimonio, pur di non mettere in discussione e, anzi, sottolineare la sua indipendenza.
Il fatto che più ha colpito la mia attenzione è stata la scelta del cognome. Per tradizione, l’attribuzione del cognome prevede in modo automatico che sia quello del padre. Difatti, esso segna la nostra appartenenza a un determinato gruppo e racchiude le diverse identità personali in un gruppo familiare più ampio e condiviso.
La bisnonna, in quegli anni, ha compiuto un atto di forte trasgressione, dando in eredità il suo cognome, che oggi identifica la mia famiglia e l’autrice di questa piccola storia familiare.
In un’ottica di genere, le domande da porsi sono tante, così come i cambiamenti; tuttavia, ciò che a me personalmente ha insegnato l’ascoltare le coraggiose scelte della mia antenata, è che le consuetudini, legittimate come qualcosa di naturale, quando invece sono state imposte dalla società, è possibile che siano cambiate, anche solo con pochi strumenti. Ognuna/o di noi ogni giorno combatte battaglie per determinarsi e far riconoscere i propri diritti.
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Articolo di Chiara De Carlo

Laureata in Scienze della formazione, si è poi diplomata nel Metodo Montessori presso l’Opera Nazionale Montessori. Pedagogista, educatrice, si occupa di organizzare convegni ed eventi su temi pedagogici. Nel 2024 pubblica il suo primo saggio scientifico dal titolo Fiabe nella tradizione popolare: norme e trasgressioni di genere, dove si analizza lo stereotipo di genere nelle scenografie fiabesche per bambini.
