Maria Carta è stata una cantautrice, attrice, e politica italiana. Durante la sua carriera di cantante ha ripercorso i molteplici aspetti della musica tradizionale sarda, sapendola aggiornare con arrangiamenti moderni e personali. Nacque a Siligo, un paesino della provincia di Sassari, il 24 giugno 1934. Le fu dato il nome di Maria Giovanna Agostina: Giovanna perché nacque il giorno della festa di san Giovanni e Maria Agostina per ricordare la nonna materna. All’età di otto anni perse il padre per una grave malattia e fu costretta, come del resto tutti i bambini e le bambine della sua condizione sociale, ad affrontare le fatiche quotidiane sia in casa sia in campagna.

Fin da piccola mostra di avere una bella voce, lavora e canta, canta e lavora. Il suo primo pubblico è la gente del luogo: le donne che assieme a lei raccolgono le olive, le donne che sarchiano il grano, le donne che lavano i panni al fiume, i pastori, i contadini. Impara i canti natalizi e la messa in latino dal parroco. Canta in chiesa durante le novene, nei riti della Settimana Santa e alle messe solenni. Poi inizia nelle piazze con i cantadores, considerati da sempre i pilastri del canto sardo.
Gli anni Cinquanta portano Maria Carta ad avere una certa riconoscibilità nella sua terra; mentre sfuma la prima opportunità lavorativa che la vede protagonista di un fotoromanzo, vince avvolta da un drappo di seta il concorso Miss Sardegna. Diventa una donna che cammina verso il futuro, e alle soglie degli anni Sessanta lascia l’isola per raggiungere Roma, dove frequenta il Centro studi di musica popolare dell’Accademia di Santa Cecilia diretto da Diego Carpitella, iniziando così a esplorare la sua regione per ricercare e registrare antichi canti salvandoli dall’oblio e dando loro la sua voce: «In Sardegna il canto è nato femminile, insieme alla poesia è nato, ai tempi del matriarcato…». Si scontra con la difficoltà di essere accettata come donna sul palcoscenico in Sardegna, perché, racconta, «allora il canto sardo era appannaggio esclusivo degli uomini». Si stabilisce definitivamente nella capitale, ma ritorna spesso a casa a raccogliere dalla viva voce di anziani e anziane i canti, le poesie e le melodie. Nell’isola collabora con don Giovanni Maria Dettori, sacerdote silighese, studioso, esperto conoscitore della lingua sarda, dei canti, della poesia e lui stesso poeta riconosciuto nelle più importanti manifestazioni culturali della regione. Da lui impara il canto gregoriano e antiche melodie in lingua sarda.

La carriera di Maria inizia ufficialmente nel 1972 quando Ennio Morricone le fa incidere la sigla dello sceneggiato televisivo Mosè, anche se il suo primo disco Paradiso in Re era uscito nel 1971, seguito poi da altri album, fra i quali ricordiamo Delirio e Nuovo Maggio (1973), Dies irae (1974), Vi canto una storia assai vera — un insieme di canti popolari e di protesta politica (1976), La voce e i canti di Maria Carta I e II vol. (1977), Umbras (1978), Aidiridiridinni (1979), Sonos de memoria (1985), fino ad arrivare al suo ultimo Cd, quasi tutto in italiano, Le memorie della musica (1993).
Maria canta l’amore, la morte, la gioia, il dolore attraverso antiche e magiche melodie. Il suo cantare, nato dalla necessità e alimentato dalla passione, diventa ben presto un dovere morale, un compito ben preciso da portare avanti.

Con la sua voce unica, capace di suscitare forti emozioni, racconta sentimenti e nostalgie, le speranze di un popolo antico affinché nel mondo se ne conosca la vera anima. Assume un profondo impegno politico in cui il canto diventa momento poetico di lotta, e con ragione le viene attribuito il merito di aver portato la tradizione popolare sarda ad acquisire valore universale. Sempre nel 1972, viene trasmesso dalla Rai il documentario Incontro con Maria Carta nel quale l’artista interagisce con Riccardo Cucciolla recitando versi, cantando e raccontando frammenti autobiografici. Arriva un altro documentario: Maria Carta. Sardegna, una voce con la regia di Gianni Amico e soggetto, sceneggiatura, collaborazione artistica di Salvatore Laurani.
Nel 1975 pubblica in Canto rituale — Roma Coines una raccolta di poesie, di “storie” che rievocano certe suggestioni dell’Antologia di Spoon River. Affida alla poesia la denuncia sociale. È il suo sguardo sui dimenticati che dà luce alla disperazione dei morti così come al lavoro che uccide nelle fabbriche del Belgio, alla polvere e al sudore penetrati nelle rughe come ferite, anno dopo anno, sui volti di milioni di donne e uomini distrutti, illuminati dalla luce dell’alba e pietrificati. Lo fa dando voce a una sorta di enciclopedia dei morti, evocando Nicola Virdis che scende a settecento metri nel nero di una miniera. Le sue sono parole politiche.
Nel 1976 è eletta Consigliera comunale di Roma nelle liste del Partito comunista italiano. Negli stessi anni si rafforza un rapporto, già esistente, di stima e di profonda amicizia con Enrico Berlinguer. Di quell’esperienza portata avanti con costanza, scriverà: «L’attività politica è stata un flash nella mia vita. Ho frequentato, mi sono impegnata: e sono momenti che mi sono serviti molto, è stata una grande esperienza. Adesso credo che non fosse giusto fare politica… Forse è stato un mio momento di protesta, di presa di coscienza».

Nel 1981 la nascita del figlio David, l’avvenimento più importante della sua vita, le ispira una delle più belle ninne-nanne da inserire nel proprio repertorio. Ma Maria non è solo cantante, ricercatrice e poeta, è anche protagonista di molti film e gode dell’amicizia di registi famosi come Pier Paolo Pasolini e Franco Zeffirelli. Interpreta in Francia la parte di Cecilia in Storia di una comune rivoluzionaria di Jean Louis Comolli. Fa la madre nel Padrino Parte II con Robert De Niro e Marlon Brando di Francis Ford Coppola. È Marta nel Gesù di Nazaret di Zeffirelli. Lavora in Cadaveri eccellenti di Franco Rosi e in Padroni dell’estate di Marco Parodi. Ha il ruolo della vedova nello sceneggiato televisivo Il passatore (il noto brigante ottocentesco) e poi interpreta in teatro Medea con Valeria Moriconi per la regia di Franco Enriquez e santa Teresa d’Avila in A piedi nudi verso Dio (sulla vita del carmelitano spagnolo del Cinquecento san Giovanni della Croce).
Gira in India Il reietto delle isole di Giorgio Moser; ha un ruolo nel Camorrista di Giuseppe Tornatore, lavora nei film L’isola di Grazia Deledda, Disamistade di Franco Cabiddu e Le mele marce di Pasquale Festa Campanile. Recita nello spettacolo teatrale Le memorie di Adriano con Giorgio Albertazzi; interpreta Grazia Deledda in un’importante trasmissione di Oliviero Beha. Ma il cinema non è il mondo di Maria Carta, la sua passione di vivere resta sempre il canto.

Ed è il canto che la porta da un successo all’altro. La sua celebrità passa le frontiere; è invitata nei più famosi teatri e cattedrali del mondo: dall’Italia in Germania, in Francia, in Svizzera, in Spagna, in Belgio e in altri Paesi d’Europa fino ad arrivare al Bol’šoj di Mosca e poi in America, in Africa, in India. Canta con Joan Baez e con Amália Rodrigues. È invitata dal Presidente sovietico Michail Gorbačëv a Stoccolma per la festa del Premio Nobel.
Dal 1980 al 1986 è spesso ospite in Francia dove diventa un mito. Tiene diversi concerti nel Palazzo dei Papi ad Avignone, canta nella basilica di San Severin, all’Olympia e al Théâtre de la Ville di Parigi. I giornali francesi Le Figaro, Le Monde, Humanité, Les Nouvelles littéraires, Le Matin ne riportano i successi e la presentano come la voce che evoca l’anima di un popolo che arriva dalla madre latina e dal mare.

La sua fama è ormai, quindi, internazionale, ma dalla seconda metà degli anni Ottanta alcuni eventi dolorosi segnano la sua vita. Muoiono la sorella e la madre e si trova di nuovo da sola.
Il 17 novembre 1986 parte per il Perù dove tiene dei concerti a Lima. Si esibisce poi a New York, nella cattedrale di St. Patrick, con un concerto di canti gregoriani, spiritual e melodie sarde. Il successo è travolgente e i giornali scrivono di quest’avvenimento per diversi giorni.
Nel 1988 è nella cattedrale di Saint Mary e poi a Filadelfia. Nel 1989 è ad Amburgo: in quell’anno scopre di essere affetta da una grave malattia, malattia che rende pubblica dopo qualche tempo al Maurizio Costanzo Show. Si esibisce nell’Aula Magna dell’Università di Bologna in occasione delle celebrazioni del IX Centenario; nel 1990 dalla stessa università le è conferito l’incarico di docente a contratto di Antropologia culturale. Anche l’Università di Sassari la sceglie per insegnare il metodo di ricerca sui canti popolari agli/alle studenti. Nel 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga la nomina Commendatrice della Repubblica italiana. La malattia la porta spesso a pensare di arrendersi, ma lei continua a lottare e partecipa a tantissime trasmissioni: è ospite di Maurizio Costanzo, di Pippo Baudo, di Gigi Marzullo, di Wilma de Angelis, di Red Ronnie, canta a San Remo fino a spegnersi nella sua casa a Roma il 22 settembre del 1994.

Dopo la morte, nel 1994 fu istituita la Fondazione Maria Carta, con lo scopo di promuovere la cultura e la musica della Sardegna. A partire dal 2003 la stessa Fondazione attribuisce ogni anno il Premio Maria Carta a chi, in un modo o nell’altro, contribuisce a promuovere l’immagine della cultura sarda in Italia e nel mondo. Nel 2016 la Fondazione è stata promotrice del progetto Freemmos — Liberi di restare, un’iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dello spopolamento delle zone interne dell’isola. A Maria sono intitolate piazze e vie in tutt’Italia, ma soprattutto nella sua amata Sardegna.
Qui le traduzioni francese, inglese e spagnolo.
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Articolo: Miriam Curcio

Laureanda in arti e scienze dello spettacolo presso l’Università La Sapienza di Roma, cantautrice, attrice e ballerina. Da sempre interessata alle tematiche di genere che cerca di riportare anche nei suoi brani.
