L’economia politica, da sempre definita come “triste scienza”, è una disciplina tradizionalmente “per soli uomini”. Per fortuna la nostra rivista ha da tempo iniziato un percorso di riscoperta di alcune figure femminili (da ultimo nella serie “Credito alle donne”) che si sono distinte in questo campo, nella storia e nella direzione di istituti bancari del credito cooperativo. Anche il pensiero di alcune economiste come Ina Praetorius, Bina Agarwal e molte altre ha trovato spazio in Vitamine vaganti.
Ben venga dunque questo libro, fresco di stampa, scritto dalle autrici del blog Ladynomics Giovanna Badalassi e Federica Gentile. Il libro è edito nella collana Le bussole da Le plurali, una casa editrice che sceglie di pubblicare «libri femminili per menti curiose». E davvero si tratta di una bussola per orientarci in questo mondo, alla scoperta di quanto le donne siano fondamentali veramente.
Appena aperto il libro, colpisce favorevolmente la nota linguistica iniziale delle autrici che dichiarano di essersi impegnate, non senza qualche difficoltà, a usare un linguaggio ampio e a ricercare termini che fossero applicabili a uomini e donne, contrastando quanto avevano imparato e interiorizzato nei loro studi e nei loro percorsi professionali. Un po’ come è capitato nel mondo della giustizia a Paola Di Nicola Travaglini, che ne parla diffusamente nei suoi scritti. Con questo libro Badalassi e Gentile sono divenute «ancora più consapevoli di quanto il sistema politico, normativo ed economico siano [ … ] impostati al maschile in profondità, nelle regole e nelle prassi, fino a risalire alla radice delle parole».
L’opera a quattro mani ha il grande pregio di essere scritta in modo molto chiaro, con un linguaggio semplice che non rinuncia al rigore dei termini come solo le persone veramente competenti sanno fare; ha lo scopo di avvicinare all’economia politica le donne, rendendole consapevoli di quanto siano state determinanti nelle diverse fasi della storia e di quanto il loro apporto sia stato oscurato.
Particolarmente interessante è il primo capitolo, Perché l’economia delle donne è diversa. Dopo una parte dedicata all’identità di genere, in cui si riconosce il tributo che tutte noi dobbiamo al testo fondamentale di Elena Gianini Belotti Dalla parte delle bambine recentemente ripubblicato, le autrici approfondiscono anche etimologicamente le parole “matrimonio” e “patrimonio”, due sistemi di potere in cui da sempre uomini e donne sono stati confinati. Già da queste prime pagine emergono le caratteristiche di queste due forme di potere e le qualità e abilità necessarie a esercitarle. Il matrimonio — sostengono le autrici — ha una dimensione primariamente soggettiva, si esprime in un contesto privato e ha come finalità il benessere delle diverse componenti della famiglia. Nel matrimonio i soldi sono un mezzo per acquistare oggetti (o servizi) necessari a garantire il benessere delle persone che diventano, soprattutto le più fragili, il centro dell’attenzione. La strategia del matrimonio è inclusiva, è improntata sulla solidarietà e sulla relazione e risolve i problemi con la negoziazione e con l’ascolto. Il modello di potere del matrimonio è autorevole e orizzontale. Il patrimonio, al contrario, agisce in una dimensione oggettiva e si manifesta in un ambito pubblico esterno alla famiglia. Il suo obiettivo è il profitto, cioè il reperimento delle risorse. Il fine ultimo sono i soldi e le persone sono mezzi per raggiungerli. Il valore base è la competitività: il più forte vince, il più debole perde ed è escluso. I problemi si risolvono col conflitto e nei casi estremi con la guerra. Il modello di potere del patrimonio è autoritario, selettivo e verticale, richiede freddezza, competitività, aggressività. Chi mostra empatia soccombe.
Questo primo capitolo contiene un excursus storico dei differenti sistemi economici che a un certo punto incrocia le diverse fasi del femminismo, ne spiega il pensiero e le conquiste, delineando quello «spazio delle donne» di cui scrive Daniela Brogi. Un capitolo stimolante che incuriosisce e spingerà molte lettrici e lettori ad approfondire molti temi.
In Cosa fanno le donne per l’economia si definiscono, con ricchezza di dati e informazioni, i ruoli delle donne all’interno del sistema economico, partendo dal grafico fondamentale che tutte e tutti quelli che hanno studiato economia politica conoscono: quello del circuito economico, da sempre disegnato come se la parte femminile dell’umanità non ne facesse parte (quanti danni ha fatto il maschile universale!). I temi affrontati, in tono solo apparentemente leggero, hanno questi titoli: Il lavoro di cura gratuito, Il lavoro retribuito, Il sorprendente potere delle consumatrici, La povertà femminile, Il risparmio e la ricchezza delle donne, Anche le donne pagano le tasse!
Una bella intuizione delle due economiste di Ladynomics è espressa commentando il valore del lavoro su cui si fonda la nostra Repubblica, con un ragionamento sottile che non svelerò, ma che serve a valorizzare il tanto lavoro femminile di cura gratuito, mai conteggiato all’interno di quella obsoleta grandezza per misurare la ricchezza di un Paese che chiamiamo Pil.
Le femministe non governano ancora (e si vede) è il terzo capitolo del libro che si occupa delle donne presenti in politica e nei Consigli di amministrazione suggerendo, tra l’altro, la buona pratica dei velvet triangles, cui è dedicato un interessantissimo box. Sulle donne in politica si leggono riflessioni interessanti, che consiglio a tutte coloro che credono sia sufficiente avere una donna in Parlamento o nel Governo per poter realizzare politiche femministe. Una cosa però è certa: le democrazie più consolidate o meno imperfette sono quelle paritarie e le autrici lo dimostrano con dati tratti dall’indice di parità che ogni anno viene pubblicato dal World Economic Forum sul gender gap. Le considerazioni sulla democrazia contenute nel libro ricordano quelle espresse da Gherardo Colombo nel suo Democrazia scritto per Donzelli che, come il loro, dimostra l’interiorizzazione del modello di società mite, inclusiva e rispettosa delle differenze delineato dalla nostra Costituzione che, forse, potremmo spingerci a definire femminista.
L’austerity è maschilista, il welfare è femminista sostengono Badalassi e Gentile che si interrogano su quale economia vorrebbero, un’economia in grado di mettere in pratica una prospettiva più ampia di quella attuale ancora legata al pensiero di Smith. Una prospettiva che porti nelle politiche per le infrastrutture, la mobilità, lo sviluppo produttivo, l’agricoltura valori e priorità differenti, trovando soluzioni pratiche ai tanti scritti teorici dei gender studies che le economiste di Ladynomics mostrano di conoscere a fondo. Determinante il richiamo alla quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite a Pechino del 1995 che ha previsto una piattaforma di azione globale per la parità di genere basata su due “pilastri”, il gender empowerment e il gender mainstreaming, alla base delle strategie della parità dell’Italia e dell’Ue. Ci piacerebbe che fosse citata più spesso nei discorsi dei nostri e delle nostre politiche.
Il futuro dipende dalle scelte delle donne è l’affermazione, che condividiamo totalmente, che dà il titolo all’ultimo capitolo. Riprendendo i cinque pilastri, le cinque P (Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership) per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, Badalassi e Gentile affrontano le sfide che un’economia fondata sul pensiero unico patriarcale non ha mai preso in considerazione, proprio per il mancato ascolto del pensiero femminista. La giustizia fiscale, il reddito di base, la vera lotta alla povertà, la protezione del pianeta, la lotta al riscaldamento globale, la pace nelle sue diverse varianti (all’interno della vita delle persone, all’interno delle comunità, nei rapporti tra Stati), la prosperità fondata su un diverso modello di sviluppo equo, inclusivo e soprattutto sostenibile, sono solo alcuni degli obiettivi di un’economia femminista, declinati con le diverse soluzioni proposte e da realizzare attraverso la Partnership, la cooperazione tra istituzioni, associazioni, governi, singoli individui.
Questo libro prezioso, scritto da due economiste femministe, dovrebbe essere adottato nelle scuole accanto ai manuali tradizionali come correttivo a un pensiero e a una storia da sempre declinati solo al maschile.
Un libro che mancava, venuto a sostituire le integrazioni che le docenti più sensibili e formate si sono sforzate di apportare ai testi in adozione nelle scuole. Un libro che mancava per la formazione della consapevolezza sul ruolo femminile nel sistema economico e per il suggerimento di nuove soluzioni ai problemi che uno sviluppo sconsiderato ha creato e aggravato. Prospettive di un mondo possibile per le giovani generazioni, spesso tristemente rassegnate.
Un libro che finalmente mette in luce il diverso pensiero femminile in materia economica e ha il coraggio di contestare alcuni punti ritenuti sacri e insindacabili come il Pil o il sistema di potere affermatosi con il capitalismo. Un grazie forte e sentito alle autrici per quest’opera necessaria e inaspettata, ricca di dati, riferimenti culturali, informazioni, che “unisce i puntini” ponendo le basi per una vera parità nello studio dell’economia politica e della storia e nella costruzione di un mondo migliore, vera sfida di questo libro e del futuro.

Giovanna Badalassi, Federica Gentile
Signora economia. Guida femminista al capitale delle donne
Le plurali, Roma, 2024,
pp. 164
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.
