Editoriale. «Come posso celebrare la morte di un assassino ucciso dal nemico?»

Carissime lettrici e carissimi lettori,
«il sogno europeo finisce qui». È la scritta apparsa su uno striscione a Tirana ed era esposto durante un sit-in di giovani attivisti albanesi che protestavano contro l’accordo intercorso tra Italia e Albania sui migranti. Un fiume di soldi (circa 800 milioni di euro). A fianco dello striscione c’era la foto: i due premier (l’italiana Giorgia Meloni e l’albanese Edi Rama) ripresi con l’uniforme della polizia penitenziaria. Un palese rimando a una situazione che di fatto risulta detentiva, confermata dalla presenza negli hotspot di soli maschi adulti e sani. «Abbiamo contestato sin dall’inizio l’accordo perché viola gravemente i diritti umani», ha commentato in un’intervista Sidorela Vatinikaj, una delle attiviste. Qui in Italia la Premier, il signor Primo Ministro come ha voluto essere nominata nelle ufficialità, non risponde al Parlamento, mentre lo fa con solerzia sui social verso Sea Watch, la ong tedesca che cercava di soccorrere in mare la barca con i migranti poi fatti salire su una nave della marina militare e “dirottati” verso il porto Shengjin, in Albania. Un’operazione che è durata un tempo immenso (8 ore) ed è costata all’Italia 250 mila euro, spesi per 16 migranti il cui numero è poi calato subito a 12 (due minorenni e due fragili da riportare a Lampedusa. A questi si è aggiunto un altro minorenne facendo così scendere ulteriormente, a 11, il numero dei migranti di questa “prima volta” in Albania).
La cosa, guardando bene, non è vista con così buon occhio in Europa. Sono scettici la Germania, il Belgio, che trova la soluzione esclusivamente «troppo costosa», e la Francia. Così anche l’opposizione italiana. A giustificazione si portano le cifre spese, in un momento di grande difficoltà economica per l’Italia “costretta” a tagli importanti sull’ultima finanziaria. Soldi appunto, che potevano essere versati nella sanità, nella scuola, sempre fanalini di coda e invece fondamentali per la costruzione di una società evoluta.
L’operazione era iniziata bene, ne era orgoglioso (forse lo è ancora?) il Ministro Matteo Piantedosi, quello stesso che a Cutro incolpò i migranti di essere partiti con il brutto tempo meteorologico! La nave Libra è attraccata il 16 ottobre (ah le date, che strani agganci imbastiscono!) in porto intorno alle 8.00 del mattino. Lo sbarco è iniziato oltre due ore dopo. I migranti sono stati fatti scendere e in fila indiana, scortati, quattro alla volta, dalle forze di polizia italiane. Hanno raggiunto l’ingresso dell’hotspot realizzato nello scalo, dove li attendevano medici, interpreti e mediatori culturali, mentre il personale dell’Unhcr e dell’Oim aveva viaggiato insieme a loro. Le procedure di identificazione sono proseguite fino a tarda serata e non qualche ora come si pensava. «Alle 22,00 — scrive un giornale — dopo quindici ore dall’arrivo sulla costa albanese , i migranti si trovavano ancora a Shengjin e non avevano ancora visto l’orizzonte del centro per l’esame delle domande d’asilo (400 posti) in cui saranno accolti e che si trova nell’entroterra, ad alcune decine di chilometri di distanza».
Giustamente la traversata italiana del mare nostrum è stata giudicata come una “farsa inutile”: due dei dieci bangladesi sono minorenni e quindi devono tornare in Italia, mentre due dei sei egiziani sono “vulnerabili”, presentano cioè situazioni di criticità da verificare, e non possono rimanere in Albania. Poi giovedì si è aggiunto alla conta a “scalare” un altro minorenne, nonostante i controlli, illegalmente, siano stati iniziati già in mare e a fronte di un numero così esiguo di persone. Quando saranno molti di più cosa succederà e a quali costi per gli italiani e le italiane a cui il governo ha detto “fermamente” di aver abbassato le tasse?!
«Gli altissimi cancelli dell’enorme bunker da 70mila metri quadrati di Gjader, ai piedi dei monti balcanici, si aprono, in serata — racconta un giornalista —, solo per dodici persone (ora 11 ndr). E i costi della spedizione con la nave militare Libra, partita tra domenica e lunedì dalla Sicilia, lievitano da 18mila a 24mila euro a persona, se si dividono le spese complessive di viaggio sostenute dallo Stato per ognuno dei passeggeri rimasti in Albania». A questa cifra ora si deve ulteriormente aggiungere la cifra spesa per l’ultimo aggiunto alla lista dei migranti fatti rientrare, ndr). «Svanisce l’idea di integrazione che sta alla base dell’Unione europea», dichiara Arilda Lleshi, un’altra intervistata tra gli e le attiviste. E tutto questo, aggiunge Fioralba Duma, psicologa cresciuta a Roma, con la complicità del governo albanese, che intimidisce chi non si sottomette: la madre di una militante che ha manifestato contro è stata licenziata, altri attivisti sono stati sottoposti a pesanti controlli».
L’Albania, le albanesi e gli albanesi, hanno considerato l’Italia e i suoi abitanti sempre con un atteggiamento di positività, di volontà di accettazione, nonostante tutto. Nonostante il passato recente, l’Albania ha avuto nella storia secolare un rapporto importante con la vicina Italia. Ricordiamo le prime navi stracariche di migranti, i veri primi migranti, arrivati sulle nostre coste adriatiche. Tanta e bella era stata l’accoglienza con la proposta del Premio Nobel per la Pace al popolo pugliese. Oggi l’Albania sogna l’Unione Europea e forse questo pensiero l’ha mossa verso la scelta, secondo parecchie/i di noi, dispendiosa e probabilmente inutile.
L’Albania, un paese di poco meno di 29.000 chilometri quadrati di superficie e quasi 3 milioni di abitanti, è incastonata nei Balcani tra il Montenegro, la Macedonia, la Grecia e il Kossovo. Dopo le sofferenze e l’aria pesantemente liberticida del periodo buio della dittatura di Enver Hoxha che seminò terrore e morte per chiunque dissentisse dai suoi principi, oggi è un Paese che aspetta (la proposta è del 2015) il suo ingresso nell’Ue per uscire da quella umiliazione in cui era caduto. È un territorio bellissimo, sia per le sue stupende coste che per le montagne altrettanto belle. È votato al turismo e non al censimento e al rimpatrio di disperati. L’architettura è varia e molto interessante, quella civile e quella religiosa, presenti spesso contemporaneamente su una medesima piazza delle più importanti dell’Albania, nelle sue città, dalla capitale Tirana a Durazzo a Valona a Scutari. Valbona è il nome di un fiume albanese stupendo, sui cui argini gli albanesi di ritorno dall’Europa hanno costruito per il turismo una serie di casette, oltre ad essere il primo nome di una carissima amica, una “mia” donna, poeta, traduttrice e scrittrice, di cui ho raccontato la storia complicata della sua migrazione e che mi ha aiutato anche in questa raccolta di notizie sul suo Paese. Leggerete qui una sua poesia sull’amicizia.

Prima di chiudere sento l’obbligo di raccontare una breve doverosa nota italiana. una storia triste finita davvero nel peggiore dei modi. La scuola per i ragazzi e le ragazze dovrebbe essere un luogo di educazione e preparazione alla vita e di stimolo all’apertura culturale. Purtroppo, e troppo spesso, la scuola è terreno di scontro e non di incontro tra persone che stanno crescendo e la vivono quotidianamente. Brutta, bruttissima storia quella che ha toccato Leonardo, un ragazzino di Senigallia, nelle Marche, di appena quindici anni. Leonardo ha trovato il motivo della sua morte, scegliendo per il suicidio la pistola del padre. A scuola era stato a lungo bullizzato perché reputato gay. Il triste gruppetto omofobo è stato identificato, ma uno di loro era riuscito a minacciare un amico e compagno di classe del piccolo Leonardo che lo additava come causa del suicidio. Davvero triste spezzare una vita e farlo con così tanta leggerezza. Scuola e famiglie dovrebbero non abbassare la guardia e vegliare sulla possibilità di crearsi di questi pericolosissimi episodi.

Torniamo al di là dell’Adriatico. L’Albania, nostra dirimpettaia sul mare, è anche arte e letteratura. A Roma si è svolto un convegno e festival proprio sulla poesia femminile albanese. Apriamo e chiudiamo le nostre poesie-consolazione di oggi proprio con i versi di due poete contemporanee, Olimbi Velaj e Valbona Jakova che vive in Italia ed è anche traduttrice dall’albanese e dall’italiano. La seconda poesia è di Visar Zhiti (classe 1952 oggi 71enne) di Durazzo. «Uno dei maggiori scrittori albanesi e uno dei pochi a essere stati condannati dalla dittatura di Enver Hoxha a causa di un’opera poetica ritenuta “eccessivamente ermetica, triste e pertanto contraria ai canoni del socialismo”. Dopo dieci anni di carcere e lavori forzati, caduta la dittatura, Zhiti ha avuto la possibilità di pubblicare tutte le sue opere, tra cui le poesie scritte di nascosto durante la prigionia. Oltre ad aver dato un altissimo e originale contributo al panorama letterario balcanico, i suoi racconti, i suoi romanzi come i suoi saggi hanno consolidato la libertà intellettuale e la vita democratica dell’Albania. I suoi libri sono stati tradotti in molti Paesi (dagli Usa alla Macedonia, dalla Romania all’Italia) ottenendo importanti riconoscimenti». Tra i titoli tradotti: Il visionario alato e la donna proibita(2014) e Il funerale senza fine (2017).
Olimbi Velaj è una poeta contemporanea di Tirana. Si è laureata in filologia all’università di Tirana nel 1996. Nel 1997-1998 ha conseguito dei titoli di studio post-laurea “Ballate nei Balcani” ricerca comparativa all’università di Sofia, Bulgaria, Sv. Kliment Ohridski, dipartimento di folklore e antropologia. Dal 1993 lavora come giornalista per molti giornali e radio. Il suo primo libro di poesia, I momenti muoiono fra le mani dell’orologio, è stato pubblicato nel 1998. Sta attualmente lavorando come editor per il giornale Ballkan. Anche Olimbi Velaj appartiene alla categoria degli scrittori albanesi tradotti, ovvero gli scrittori di origine albanese i cui libri sono stati tradotti in italiano. I versi di Olimbi Velaj, più di altri, rappresentano il racconto della sconfitta, dell’assenza da qualsivoglia lato si voglia guardare. Senza rancore alcuno. «Prevale il dolore non cieco semmai addolcito da una grande tenerezza che scorre da una pagina all’altra coinvolgendo il lettore». (Beppe Costa).
Valbona Jakova (Tirana, 1953) è residente in Italia. «Figlia di Frano Jakova, compositore che ha ricoperto alcune importanti cariche istituzionali in ambito culturale; nipote del drammaturgo Kolë Jakova e dei politici Tuk e Filip Jakova. Mediatrice Linguistica Culturale, dall’Italia ha tradotto in albanese poesie di Pablo Neruda, Giuseppe Ungaretti, Umberto Bellintani, Beppe Costa, Jack Hirschman, e alcuni testi di saggistica, tra cui Perché credo a Medjugorje? e Il Falsario di Padre Livio Fanzaga. Nel 2010 pubblica in Italia la raccolta di poesie La tempesta delle ore (Albatros, 2016) Ha all’attivo anche un libro per bambini I tre porcellini e i porcellini migranti (Il Veliero, 2019). Nel 2020 ha pubblicato Richiamare il bene (Gilgamesh) È tra i fondatori e fondatrici del Movimento dal sottosuolo». (da Albania letteraria).

La felicità degli altri
Certe situazioni sono come
voragini che si aprono senza segnali apparenti
laddove alcune persone ne aggrediscono altre
semplicemente raccontando le proprie storie felici
tra di loro.
L’altro di fronte sorride
piangendo dentro
per i propri infelici accadimenti.
Qui iniziano le ipotesi attorno alle verità
poiché i narratori di storie felici
inventano e le rafforzano
per autoconvincersi
in presenza di chi li ascolta.
La loro gloria crescerà
da sé verso l’altro
attraverso l’immaginazione altrui
come un grande cumulo di terra
finchè lui stesso cadrà in una delle voragini
scivolando inevitabilmente
verso il mondo inventato
dove non ci sarà più
neppure la felicità degli altri.

Olimbi Velaj (traduzione di Valbona Jakova)

Fila di scarpe incarcerate
Dormono i prigionieri.
Una vecchia coperta di illusioni
copre il loro corpo spento.
Ecco le loro scarpe si appisolano in fila
con fedeltà infangata di cani.
Ecco le opinghe (1)
Non ti ricordano le zolle dei campi?
Stivali di gomma troncati
che continuano ad essere ostili
agli stivali militari di cuoio.
Pantofole morbide, morbide
e si comportano
con esagerata educazione in carcere.
Scarpe cittadine —
Che avete conosciuto scarpe di donne
negli appuntamenti,
che avete danzato,
che avete sfavillato nei boulevard,
che siete entrati nei drammi,
ora abbandonate,
siete l’epilogo del dramma più grande.
Ecco le scarpe del delatore
con le stringhe penzolanti come calunnia in bocca.
Meglio scalzo,
e senza piedi alla fin fine,
non con queste scarpe,
non posso guardarle,
non posso sopportarle.
Ma ci sono scarpe enigmatiche, fiere
(e anche ripugnanti)
Scarpe che nell’anima,
e forse nella storia,
lasceranno le loro impronte.
Scarpe prigioniere,
le più sventurate del mondo,
stanche
bucate.
Quando la vita vi calza
torna indietro, solamente indietro.

Visar Zhiti
da Strade che scorrono dalle mie mani, libro bilingue
Tradotto dall’originale da Elio Miracco

Nota 1, opinghe: le scarpe di cuoio tipiche dei contadini

Nella piazza dei ricordi
Nella piazza dei ricordi
in un incerto agosto
ti sei avvicinata a me,
amica mia, come un’ombra penetrante
che esce dalla timida nebbia
della solitudine.
La tua direzione era giusta,
mentre la mia si era fermata,
per sostegno,
appoggiata su
una casuale antenna debole
che recepiva poco.

Non mi hai detto niente
e senza capire, con cerchi
vaghi, senza rumore,
volavi nell’orbita della mia terra,
un globo a me sconosciuto
con tante combinazioni di intrecci
e gioie condivise che sembravano
a volte, capricci della sorte,
a volte uno scrigno di capricci,
la vera bontà generosa dell’estro
che nella piazza dei ricordi
fa brillare il vero cuore dell’amicizia!

Valbona Jakova

Buona lettura a tutte e a tutti.

Grande l’eredità delle donne che presentiamo questa settimana: Ruth Crawford Seeger, la donna di Calendaria 2024, compositrice e musicologa, attenta anche alla musica folk, ci lascia la sua forte convinzione che la musica dovesse essere accessibile a tutte e tutti; Così va la vita, cara Annie, ci regala, accanto alla sterminata produzione artistica teatrale e cinematografica di Annie Girardot, un’intervista commovente sulla sua malattia; Berthe Morisot in mostra è l’occasione per conoscere l’unica pittrice che partecipò, 150 anni fa, alla prima Mostra degli impressionisti e che purtroppo è stata a lungo ricordata solo come la cognata di Manet; Florence Bascom. La signora delle pietre è una vera pioniera della geologia, scienza per uomini per antonomasia, soprattutto nel periodo in cui caparbiamente ne intraprese gli studi.
Maria Goia e l’attualità del presente è la storia appassionata di una grande sostenitrice della pace durante la prima guerra mondiale, che chiama a raccolta le donne, in spirito di sorellanza, per opporsi alla guerra.
«È il 2024, le bombe cadono e la gente muore; i totalitarismi dilagano, rifiutando i vecchi nomi dittatoriali ma non le loro logiche; ogni tentativo di pace sfuma per colpa di uomini che ardono dal desiderio di supremazia patriarcale: loro decidono la guerra e le persone la subiscono», scrive l’autrice di questo articolo e le parole di Maria Goia risuonano attuali più che mai. Continuiamo a parlare di conflitti nella nuova puntata della serie “Bibliografie vaganti” che ha per titolo Guerra. Collegata alle tante guerre nel mondo di cui non si parla è anche l’intervista a Laura Gallio e Sandra Magliulo, per la serie “Cambiamo discorso”, in preparazione dell’incontro presentato in Immigrazione e sfruttamento.
Cambiamo argomento e passiamo a un genere diverso, la fantascienza. «Le donne hanno voce, eccome, sta agli uomini saperla ascoltare», ricorda Romina Braggion, una delle “fantascientiste femministe”, che è importante conoscere per la loro visione rivoluzionaria della società. Sono raccontate in Fantascienza e femminismo. Un orizzonte condiviso. Passiamo dalla fantascienza alla scienza. Esiste un modo femminile di fare scienza? Prova a darne una risposta l’autrice della recensione del libro di Cristina Mangia e Sabrina Presto Scienziate visionarie. 10 storie di impegno per l’ambiente e la salute, in un excursus appassionante.
Per la serie “Grecità”, affronteremo il mondo della commedia greca di Menandro con Doppia morale e stereotipi di genere. Anche nel racconto del nostro Laboratorio di scrittura creativa “Flash-back “, Dentista, si potrà riflettere sull’effetto negativo prodotto da questi stereotipi, radicati fin dalla prima infanzia in tutte e tutti noi..
La donna su cui ci soffermiamo questa settimana per ricordarla e a cui dedichiamo addirittura una prestigiosa sede istituzionale è raccontata in Intitolata la Villa comunale di Galati Mamertino a Francesca Serio Carnevale.
Allarghiamo lo sguardo al mondo e a una nazione, fondatrice dei Brics, che sogna di diventare una superpotenza e di cui sappiamo ancora troppo poco, con la recensione di Bharat, la strategia dell’India. Il numero 8/24 di Limes.
Chiudiamo in tono leggero, augurando a tutte e tutti Buon Appetito, con I taralli. Scrive l’autrice della ricetta vegana: «La leggenda vuole che i taralli siano nati come un prodotto di recupero, creato dalle famiglie contadine per non sprecare le rimanenze di farina e altri ingredienti disponibili in cucina». Come spesso accade i prodotti di recupero sono i più buoni e si mangiano con doppio piacere.

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Lascia un commento