Francesca Serio (1903-1992), ventenne bracciante abbandonata subito dal marito, dovette trasferirsi col neonato Salvatore Carnevale dal feudo calatino dei Despuches a quello dei Notarbartolo a Caccamo (Pa), secondo la consuetudine medievale per cui i contadini senza terra seguivano i proprietari nei loro spostamenti matrimoniali/patrimoniali.
Andò a vivere con gli stretti familiari in un tugurio nella frazione di Sciara, ammazzandosi di lavoro ma riuscendo a farsi pagare come un uomo e puntando sul riscatto del figlio dalle evidenti potenzialità evolutive. Salvatore infatti, soldato nella Seconda guerra mondiale, si affianca ai partigiani e diventa socialista, mentre la madre lo ammira perché legge libri, frequenta la sede sindacale e parla di riscatto ai cavatori di pietra che lavorano insieme a lui per la costruzione del secondo binario ferroviario. Da lui conosce e fa suoi i princìpi di uguaglianza e di giustizia sociale, lo segue sempre nella protesta sindacale, l’ultima volta affollata da circa trecento operai, mentre è consapevole dei rischi che il lavoro politico comporta in quella situazione storica nel palermitano nella prima metà del Novecento. La repressione del bracciantato, iniziata con i fatti di Portella della Ginestra e poi l’uccisione del bandito Giuliano nel 1947, proseguiva negli anni seguenti in tutti i settori lavorativi, specialmente in quello edilizio, e Carnevale era il benvoluto segretario degli edili. Quando i mafiosi al servizio armato dei latifondisti assassinarono Salvatore (1954), Francesca diventerà la “madre coraggio” alla ricerca di giustizia. Sarà affiancata dall’avv. on. Sandro Pertini, mentre per controparte ebbe l’avv. democristiano Giovanni Leone (ambedue futuri Presidenti della repubblica), e da tanti personaggi politici come Giorgio Napolitano, da uomini dello Stato fra i quali il procuratore Scaglione, martire anch’egli qualche tempo dopo, e ancora da intellettuali come Carlo Levi, Ignazio Buttitta e la scrittrice Vera Pegna. Tutti loro si attiveranno nell’antimafia, in quel periodo cruento che vedrà assassinati ben 54 sindacalisti siciliani. Dall’iter giuridico, accanito per la fortezza d’animo di Francesca e durato circa un cinquantennio a causa dei depistaggi che impediranno il giusto risultato, ha scritto Franco Blandi nell’appassionante romanzo documentato Francesca Serio. La madre (Navarra Editore, 2018), divenuto best seller e megafono sociale dell’antimafia non solo in Sicilia. Vi si incontrano momenti di alta drammaticità e inevitabile è la partecipazione solidale di chi legge. Ad esempio: «I paroli su’ chiù forti ‘du me chiantu. Parlu, sì, parlu e non mi scantu! (Le parole sono più forti del mio pianto. Parlo, sì, parlo e non mi spavento!)» perché i mafiosi sono «Fausi comu a Giuda, s’accattunu puru lu munnu, ma li paroli arrivunu, chiù pisanti di lu chiummu! (Falsi come Giuda, si comprano anche il mondo, ma le parole arrivano, più pesanti del piombo!)».
La biografia di Francesca Serio è consultabile, nel canone della storiografia, sul sito dell’Enciclopedia delle donne e in generale sul web. Nella letteratura le pagine conclusive del famoso libro di Carlo Levi Le parole sono pietre riportano l’intervista che l’autore le fece, ne mettono in luce la risolutezza e le motivazioni profonde dell’azione giudiziaria civile (Einaudi 1955, coll. Nuovi coralli, pagg. 137 – 156): «La madre di Salvatore ha parlato, ha denunciato esplicitamente la mafia al tribunale di Palermo […] La denuncia ha scacciato il terrore, al funerale c’erano tutti, si sentivano solidali e sulla strada giusta, come al centro del mondo […] le parole sono pietre. Parla con la durezza e la precisione di un processo verbale, con una profonda assoluta sicurezza […] È la rottura di una situazione secolare, del riconoscimento passivo che contro quella realtà non c’è nulla da fare…».
La vicenda di Salvatore Carnevale è rappresentata nel film del 1962 Un uomo da bruciare, protagonista Gian Maria Volonté con regia dei fratelli Taviani e Valentino Orsini, film fondamentale del genere “impegnato” sulle origini sociali del fenomeno mafioso e contro l’omertà. Qui il linguaggio della madre, interpretata da Lydia Alfonsi, è di rivendicazione, di atto accusatorio perché la morte del figlio ha fatto di lei una donna fortissima, decisa verso la sua nuova esistenza di lotta.
Dopo tre quarti di secolo dall’uccisione di Salvatore Carnevale, arrivano anche i riconoscimenti al duro lavoro politico-giudiziario di Francesca nella costituzione di parte civile, arrivano le intitolazioni toponomastiche a suo nome, molte nel territorio palermitano, e l’istituzione di una Casa museo a Sciara di Caccamo. Il 23 settembre 2024 Galati Mamertino, il comune natìo nei monti Nebrodi sulla costa messinese, ha dedicato a lei la bella nuova Villa comunale di Centimolo, opportuna espansione ambientale presso le case popolari, nel quartiere all’entrata del paese.


Alla cerimonia, celebrata da eventi plurimi di partecipazione commossa, sono intervenuti i sindaci dei comuni viciniori e di Sciara, con discorsi vibranti alla presenza del pronipote di Francesca, degli alunni di tutto il comprensorio, di esponenti della società civile uniti in associazioni antimafia e della rappresentanza di Toponomastica femminile. Il valore di questa intitolazione corrobora e rinnova ufficialmente la scelta politica e di genere condivisa dalla collettività, mentre richiama altri ricordi storici per l’Italia tutta partecipe come parte civile, in specie la lotta della cittadinanza di Capo d’Orlando contro l’omertà negli anni di fine Novanta e in memoria delle stragi a Palermo.
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Articolo di Franca Sinagra

Pubblicista (Odg-Sicilia) e scrittrice, vive da molti anni a Capo d’Orlando (Messina), dove si dedica ad attività culturali e al recupero storico del territorio. Formatasi a Trento e Padova con laurea in materie letterarie, ha insegnato nelle scuola statale.
