«Madame Malvina Cavallazzi is magnificient. She is a dancer who never fails to act with heart, brain and body. I mean no disparagement to the elever people employed at the Empire when I say she outplays them all, for the ballet stage has never a better performance than hers».
(«Madame Malvina Cavallazzi è magnifica. È una danzatrice che non manca mai di recitare con cuore, cervello e corpo. Non intendo denigrare le persone impiegate all’Empire quando dico che li supera tutti, perché il palcoscenico del balletto non ha mai visto una performance migliore della sua»;
‘Monte Cristo’ at the Empire, in Sketch: A journal of Art and Actuality, vol. 16, 4 novembre 1896, pp. 50.)
Fuori dall’Empire Theatre una coda di persona attende impaziente di entrare a teatro. Le donne, vestite di tutto punto, si accomodano sulle poltrone con le loro gonne ingombranti; gli uomini in giacca e papillon siedono con le schiena ritta e il cappello a cilindro sulle gambe. Il grande fermento che riempie la sala si propaga velocemente, giungendo alle orecchie delle/dei ballerini che si preparano ansiosi dietro le quinte. Malvina, nonostante l’esperienza pregressa, sente ancora le gambe vacillare e la gola seccarsi; vorrebbe avere cinque minuti in più per ripassare la coreografia nella sua mente ma non c’è più tempo… Si va in scena!
Il sipario si apre e il Montecristo di K. Lanner ha inizio.

Sul palco, Malvina danza eterea e forte. Gli occhi dei/delle spettatrici sono puntati su di lei ma non sembra farci caso: la testa è concentrata sui movimenti da compiere e il corpo è completamente pervaso dalla musica. Passione, spirito e ragione si fondono in lei in un tutt’uno vitale e drammatico. I/le giornaliste racconteranno di questa sera con parole di ammirazione e di encomio simili a quelle che cinque anni prima, nel 1891, il giornale Dancing. A journal devoted to the terpsichorean art, physical culture and fashionable entertainments le dedicò dopo la sua performance nell’Orfeo:
«The dramatic moment was won by Signorina Malvina Cavallazzi,who layed Orfeo with marked brilliancy and power».
(«Il momento drammatico è stato vinto dalla signorina Malvina Cavallazzi, che ha recitato Orfeo con notevole vigore e raffinatezza»; Empire Theatre, in Dancing. A journal devoted to the terpsichorean art, physical culture and fashionable entertainments, vol. 1, n. 1, 8 giugno 1891, p. 11.).
Naturalmente, come in ogni biografia che si rispetti, non mancarono gli avversatori/avversatrici e i/le “Bastian contrario”. Il poeta e critico letterario Arthur Symonsha, pur riconoscendole del talento, disse di lei: «Esagera così deliberatamente e risolutamente tutto ciò che deve fare da stancare assolutamente gli occhi».
(Jane Pritchard, ‘More Natural Than Nature, More Artificial Than Art’: The Dance Criticism of Arthur Symons, in Dance Research, vol. 21, n. 2, 2003, pp. 63-64, 86, 87 nota 37).
Sarà la vita stessa di Malvina Cavallazzi, con i successi ottenuti e i traguardi raggiunti, a smentire ogni perplessità sulla sua vocazione alla danza.
Malvina nasce a Ravenna il 17 novembre del 1852. Alla luce della naturale propensione artistica mostrata dalla figlia, i suoi genitori, Vincenzo Cavallazzi e Celeste Negri, decidono di iscriverla, fin dalla tenera età, a un corso di danza classica. Straordinariamente precoce, a sette anni Malvina fa il suo debutto in pubblico come ballerina, riscuotendo moltissimi apprezzamenti.
Per alimentare la sua arte e il suo talento, la giovane si trasferisce a Milano dove inizia a studiare presso la prestigiosa scuola di ballo del Teatro alla Scala.

La sua esperienza di apprendimento culmina con la nomina a prima ballerina e con il debutto come protagonista della Manon Lescaut di Giovanni Casati nel 1875.

Come testimonia una locandina dell’epoca, tra le/gli spettatori dell’opera vi fu anche l’ imperatore di Germania Guglielmo I che, quell’anno, era in visita in Italia.
Si racconta che, durante uno spettacolo allestito a Cremona alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, un macchinista gettò sbadatamente sul palco un fiammifero acceso poco prima dell’ingresso in scena della ballerina: il vestito di Malvina iniziò a bruciarsi ma lei, senza preoccuparsene troppo, continuò la sua esibizione, imperturbata dal pericolo appena corso.
Negli anni successivi Cavallazzi sarà impegnata in una tournée che la porterà a viaggiare continuamente tra Inghilterra e Stati Uniti. È del 1879 il suo debutto londinese presso il Her Majesty’s Theatre il cui impresario, Charles Mapleson, diventerà presto suo marito.
Nel 1883 Malvina diventa la prima ballerina del neonato Metropolitan Opera House di New York.

Le esibizioni che la vedono in scena durante i due anni in cui fa parte della compagnia dell’Empire Theatre di Londra (1887-1889) la consacrano definitivamente come danzatrice di fama mondiale.
Negli anni a seguire Malvina sarà impegnata in opere per le quali dovrà interpretare esclusivamente ruoli maschili. Tra le più celebri performances en travesti ricordiamo l’interpretazione di Antonio in Cleopatra nel 1889, dell’emiro Rajah in Cecile nel 1890, di Luigi XIV in Versailles (1892), di Emond Dantes in Montecristo (1896), il ruolo di mimo maschile in La Frolique all’Empire Theatre nel 1894 e quello di protagonista negli spettacoli Orfeo e Faust, rispettivamente nel 1891 e nel 1895.

La sua esibizione nel balletto Diana (1889) sarà l’ultima occasione in cui indosserà abiti femminili.
Nel 1899 la ballerina si ritira dalla scena per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento nella scuola privata di danza da lei fondata nella capitale inglese in Henrietta Street. Tra le studenti che facevano parti delle sue classi si menzionano Phyllis Bedells, Prima Ballerina britannica nel 1914 e successivamente membro fondatrice della Royal Academy of Dance; Marjorie Bentley e Winifred Hart-Dyke.
Dieci anni più tardi Malvina si trasferisce a New York dove viene invitata dal direttore generale del Metropolitan Opera, Giulio Gatti Casazza, prima direttore della Scala, a fondare e dirigere la Metropolitan Opera Ballet School di cui divenne la prima direttrice. A partire dal 1913 inizierà a insegnare nella scuola anche Luigi Albertieri, ballerino e coreografo italiano con cui Cavallazzi aveva già lavorato nel 1889 in A Dream of Wealth, balletto su musica di L. Wenzel.
Dopo anni trascorsi all’estero, la ballerina decise di trasferirsi nuovamente in Italia, stabilendosi nella sua città natale. A Ravenna Malvina trascorrerà i suoi ultimi anni insegnando nella scuola di danza locale da lei costruita.
Malvina Cavallazzi muore nel 1924, all’età di settantadue anni. A lei è dedicata una via nella sua città di origine.
Così si conclude la vita della donna che prima di altre ha parodiato e attraversato i confini tra i generi in scena e nella vita, assumendo ruoli e incarichi spesso considerati inadatti o per i quali il genere femminile veniva ritenuto inadeguato. Questa è la storia di Malvina Cavallazzi la ballerina en travesti che non ha mai rinnegato il femminile.
In copertina: Malvina Cavallazzi mentre insegna a una classe di ballerine della Metropolitan Opera Ballet.
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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.
