Il potere della fotografia femminile del Novecento

In occasione del Festival della fotografia etica è stato presentato a Lodi un libro singolare, appassionato e di lettura veloce: Sguardi penetranti e obliqui. Venti Fotografe Per un album di famiglia del Novecento, frutto della ricerca di Silvia Mazzucchelli, esperta di fotografia, saggista e critica d’arte. Presente all’iniziativa anche la celebre fotografa Paola Mattioli, che ha esternato il suo pensiero sulla fotografia d’archivio professionale come parte del suo album di ricordi, perché quando ha scattato quelle foto era presente e coinvolta.

copertina libro

Sguardi penetranti e obliqui, edito da Mimesis e parte della collana Sguardi e visioni, non è solo un tributo alle grandi fotografe del passato, bensì un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a cogliere la bellezza e la complessità della vita anche attraverso l’obiettivo, una sorta di album («di fotografe, non di fotografie» è stato detto) che raccoglie le biografie di venti eroine della fotografia del Novecento.
Tuttavia, non è soltanto una raccolta di biografie, ma anche uno sguardo intimo sulle loro vite, su ciò che queste donne sono state e continuano a essere. Le fotografe rappresentate appartengono a una “costellazione” vicina all’autrice per vari motivi personali e artistici. Mazzucchelli non sceglie queste figure solo per il loro contributo professionale, ma anche per il legame emotivo che ha instaurato con le loro storie, le loro battaglie, le loro esistenze.
«Non voglio che nessuno mi veda, nemmeno la mia famiglia. Fatemi cremare, distruggete il mio corpo. Vi supplico: niente funerale, niente cerimonie. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Ma io non potrei mai essere una buona moglie per nessuno». Le parole di Evelyn, trovate scritte in un taccuino, nella tasca del suo cappotto.

Evelyn McHale. Foto di Robert Wiles

Il libro si apre con un’immagine di grande impatto, sia bella che tragica: la fotografia del corpo senza vita di Evelyn McHale, che nel maggio del 1947 si lanciò dall’86º piano dell’Empire State Building a New York, finendo sul tettuccio di una limousine parcheggiata nella 34esima strada. La foto, scattata dall’aspirante reporter Robert Wiles, fu pubblicata senza scrupoli come foto della settimana su Life Magazine. Questa immagine ha una potenza visiva sorprendente e simbolica, che ha influenzato profondamente la riflessione dell’autrice, che con la sua ricerca vuole capire cosa le donne vogliono o non vogliono essere.
La fotografia che ritrae Evelyn McHale adagiata sul tetto della limousine non ha nulla di drammatico. Osservando questa foto si percepisce piuttosto la bellezza di una donna che sembra dormire, rilassata su un morbido giaciglio, ormai lontana dalla disperazione che l’aveva portata a quel gesto estremo. Questo scatto racchiude in sé il paradosso della fotografia stessa: un mezzo capace di immortalare sia la vita che la morte, la bellezza e la tragedia in un’unica immagine.
Silvia Mazzucchelli descrive il suo libro come un talismano creato appositamente per esorcizzare questa morte e che precisa non essere stato scritto con intento ideologico, ma come un intreccio di storie di donne; ciascuna con il suo carico di successi e frustrazioni, con le sue complessità, fragilità e passioni.
In Sguardi penetranti e obliqui, è narrata una vera e propria genealogia, che spazia da «Le antenate irrequiete, Le nonne ribelli, Le madri trasgressive, a Le sorelle riflessive». Un racconto che parte dalla nascita della fotografia con il dagherrotipo fino al recente pixel, che percorre un viaggio attraverso le epoche, mostrando come le donne siano riuscite a ritagliarsi uno spazio nel mondo della fotografia, nonostante le difficoltà e le barriere sociali in un mondo tutto al maschile.

Margaret Bourke-White. Foto di Oscar Graubner

Un esempio emblematico è Margaret Bourke-White, fotografa intrepida e coraggiosa che fu la prima donna a pubblicare una sua fotografia sulla copertina del primo numero della rivista Life, la prima a ottenere il permesso di scattare foto in Urss e una delle prime donne corrispondenti di guerra. Celebre per i suoi scatti durante la Grande Depressione e per i reportage dai campi di concentramento nazisti. La sua capacità di documentare la storia con sensibilità e determinazione le ha permesso di infrangere barriere che sembravano insormontabili per una donna del suo tempo.
Le immagini scattate da Grace Robertson, fotoreporter britannica, ritraggono momenti di vita quotidiana che esprimono leggerezza e libertà. In uno dei suoi scatti più celebri, Mother’s Day Off (1954), mostra un gruppo di donne che danza allegramente, felici di godere di un momento di libertà lontano dalle responsabilità quotidiane. Questo scatto sottolinea l’importanza di un momento di liberazione dallo sguardo maschile, in cui le donne possono esprimersi in tutta la loro spontaneità.

Carla Cerati (Wikipedia)

Anche la fotografa italiana Carla Cerati ha affrontato grandi sfide nel corso della sua carriera. Inizialmente interessata alla letteratura, Cerati trovò nella fotografia un mezzo per esprimere la propria visione del mondo, documentando con grande lucidità la realtà sociale del suo tempo. Uno dei suoi lavori più celebri è la documentazione fotografica sui manicomi italiani, realizzata insieme a Gianni Berengo Gardin per il libro Morire di classe (1969) che contribuì in modo decisivo alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e alla successiva riforma psichiatrica in Italia. Cerati affrontò con coraggio temi difficili, mettendo in luce la condizione delle persone emarginate e delle strutture sociali oppressive.

Letizia Battaglia. Foto di Simone Tagliaferri

Un altro nome di spicco è quello di Letizia Battaglia, celebre per il suo lavoro di documentazione sulla mafia siciliana. Battaglia, che iniziò la sua carriera come fotoreporter per il giornale L’Ora di Palermo, si trovò spesso a lavorare in situazioni di estrema pericolosità e imporsi e ‘sgomitare’ per poter scattare le sue fotografie in un ambiente tutto maschile. Nonostante le difficoltà Letizia Battaglia, con impegno e passione, è diventata una figura simbolo del fotogiornalismo italiano.

Autoritratto, 1943. Foto di Grete Stern

Mazzucchelli descrive anche altre figure fondamentali della fotografia del Novecento, come Grete Stern, pioniera della fotografia surrealista, e Lee Miller, modella e musa divenuta una delle più importanti fotografe di guerra della sua generazione. Miller, dopo aver lavorato come assistente di Man Ray, si affermò come fotografa autonoma, documentando tra le altre cose la liberazione dei campi di concentramento nazisti. Stern, invece, è ricordata per il suo lavoro in Argentina, dove combinò fotografia e psicologia per dare voce ai sogni e alle aspirazioni delle donne del suo tempo.

An american girl in Italy. Foto di Ruth Orkin

Ci sono figure come Eve Arnold, una delle prime donne a lavorare per l’agenzia Magnum Photos, e Ruth Orkin (di cui ho scritto nell’articolo Viaggiare da sole, il cat-calling negli scatti di Ruth Orkin), autrice di uno degli scatti più iconici del XX secolo, An american girl in Italy (1951).

Nel libro troviamo anche le storie di Lisetta Carmi, Sabine Weiss, Chiara Samugheo, Sarah Moon, Libuše Jarcovjáková, Nan Goldin, Jitka Hanzlová, Luisa Lambri, Jessica Backhaus, Viviane Sassen, Moira Ricci, Rinko Kawauchi.
Ogni fotografa descritta nel libro di Silvia Mazzucchelli ha contribuito in modo unico a plasmare l’immaginario visivo del Novecento, e il loro lavoro continua a influenzare generazioni di fotografe, fotografi, artiste e artisti contemporanei.

Silvia Mazzucchelli a Lodi. Foto di Giulia Bortolini

L’autrice riflette sul significato della fotografia nella vita delle donne. Ogni immagine, ogni scatto, racconta una storia di resistenza e di affermazione, di coraggio e di creatività. In copertina: Grace Robertson, Mother’s Day Off, Picture Post (1954), da Grace Robertson, Photojournalist Of The 50s. Picture Post Photographer, Virago Press, 1989.

Silvia Mazzucchelli
Sguardi penetranti e obliqui. Venti fotografie per un album di famiglia del Novecento
Mimesis, Milano, 2024
pp. 189

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Articolo di Giulia Bortolini

Mi occupo di fotografia, progetto e realizzo mostre fotografiche a tema, videoreportage (personali e su richiesta), docuvideo, videolezioni per le scuole, locandine, gestisco social media, disegno Màndala. Attivista di Se Non Ora Quando? Lodi e associata di Toponomastica femminile.

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