Il pianeta azzurro. L’acqua e la Terra

Per quanto non ambisca a fare l’astronauta, preferisco rimanere con i piedi sulla superficie, una delle cose che invidio è la visione della Terra dallo spazio: dicono che sia meravigliosa, di un colore azzurro intenso screziato di bianco, una sfera di lapislazzulo. Le foto da satellite lo confermano. Questo avviene perché il 71% del pianeta è composto di acqua che, colpita dalla luce del Sole, assorbe gran parte delle radiazioni riflettendo solo quelle con una lunghezza d’onda che il nostro occhio vede di colore blu.

Il Pianeta azzurro. Nasa

Spesso diamo per scontato proprio ciò che è più importante ed è così anche per l’acqua. La Terra è l’unico pianeta del Sistema solare a essere ricca di acqua liquida, una caratteristica fondamentale per lo sviluppo della vita come la conosciamo. Il caso vuole che ci troviamo alla giusta distanza dal Sole, troppo vicini e le temperature sarebbero tali da farla evaporare, rendendoci aridi come Mercurio o con pochissima acqua residua, come Venere, troppo lontani e avremmo solo ghiaccio. Siamo nella cosiddetta “zona abitabile”, gli astrobiologi americani, sempre giocherelloni, chiamano questa condizione Goldilocks Zone, traducibile con “Zona riccioli d’oro” da quella favola in cui una ragazzina piuttosto sfacciata prova zuppe, sedie e letti di una casa dove vivono tre orsi, scegliendo l’opzione di mezzo come quella ideale.

Habitable zone

Se è vero che siamo qui proprio grazie a questa posizione privilegiata rispetto alla nostra stella, rimane da capire da dove venga questa meraviglia liquida. Gli scienziati hanno dibattuto per decenni sulla provenienza dell’acqua, sviluppando diverse teorie. Per semplificare si può dire che le teorie rientrino in due categorie: la Terra è nata con i precursori molecolari dell’acqua già presenti sul pianeta, oppure l’acqua è “aliena”, arrivata in rocce provenienti dallo spazio (asteroidi e comete), dopo la formazione del pianeta stesso.

Origine extraterrestre

Una delle prove scientifiche a sostegno della provenienza extraterrestre dell’acqua è il rapporto deuterio/idrogeno. Il deuterio è un isotopo dell’idrogeno che ha massa atomica doppia perché il suo nucleo contiene sia un protone che un neutrone, mentre l’idrogeno normale ha solo un protone. Il rapporto tra “idrogeno doppio” e “idrogeno semplice” è una sorta di firma caratteristica che ci permette di distinguere l’acqua di formazione terrestre da quella proveniente dallo spazio.
La formula chimica dell’acqua è H2O, due atomi di idrogeno si legano a uno di ossigeno, nell’acqua spaziale è più probabile che l’idrogeno sia “doppio”, il deuterio appunto. Quest’acqua è nota in chimica anche con il nome di acqua pesante. In tutte le acque della Terra, sia dolci che salate, la proporzione tra deuterio e idrogeno è sempre la stessa: per ogni atomo di deuterio ci sono 6400 atomi di idrogeno. Questa proporzione è una caratteristica unica e costante dell’acqua terrestre e non cambia mai, indipendentemente dal tipo di acqua che consideriamo. Proprio questo rapporto tra gli isotopi dell’idrogeno suggerisce che, mentre le comete hanno una quantità d’acqua pesante troppo elevata e non compatibile con quella terrestre, un tipo di meteoriti, le condriti carbonacee, potrebbe aver contribuito significativamente al nostro budget idrico.
Inoltre, c’è una teoria interessante che collega l’origine dell’acqua all’impatto che ha formato la Luna: Theia, il corpo celeste che si ritiene abbia colliso con la Terra, potrebbe essere arrivato dalle regioni esterne del Sistema Solare, portando con sé acqua e materiali ricchi di carbonio.

Origine terrestre
Per quanto riguarda la Terra, che, minuto più minuto meno, si pensa si sia formata 4,6 miliardi di anni fa, nella sua fase iniziale era un ambiente caldo e vulcanico. I vulcani rilasciarono vapore acqueo nell’atmosfera primordiale, vapore che poi si condensò in superficie come acqua liquida. Quest’acqua di origine vulcanica era però sterile. Gli scienziati per giustificare l’abbondanza di sostanze organiche presenti nell’acqua, ipotizzano che gran parte di essa sia giunta da asteroidi provenienti dalle zone esterne del Sistema Solare.
Una svolta significativa nella comprensione dell’acqua terrestre è arrivata grazie al lavoro di Fabrizio Nestola dell’Università di Padova, che ha studiato le inclusioni nei diamanti, testimoni incontaminati delle condizioni del mantello terrestre. La sua ricerca ha permesso di classificare i diamanti in due categorie: i più comuni diamanti litosferici, formati tra 120 e 250 km di profondità, e i più rari diamanti super profondi, che si originano tra i 300 e i 1000 km di profondità.

Ringwoodite

Una scoperta rivoluzionaria è avvenuta quando un diamante brasiliano ha rivelato la presenza di ringwoodite naturale, un minerale mai trovato prima sulla Terra se non in meteoriti o ricreato in laboratorio. Questa sostanza conteneva una quantità significativa di acqua, suggerendo l’esistenza di riserve d’acqua nelle profondità terrestri. La ricerca è proseguita con l’analisi di 53 diamanti, che ha rivelato la presenza di leghe ferro-nickel e fluidi contenenti metano e idrogeno, confermando ulteriormente la presenza di acqua a grandi profondità. C’è solo un piccolo problema, l’origine dell’idrogeno trovato in questi antichi diamanti, datati 3,6 miliardi di anni, rimane oggetto di dibattito: potrebbe essere primordiale, derivare dall’acqua superficiale, o essere stato presente nei materiali originari del pianeta.
Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Carnegie Science e dell’Ucla e pubblicato su Nature, sostiene che l’acqua potrebbe essersi formata attraverso l’interazione tra le atmosfere ricche di idrogeno e gli oceani di magma presenti durante i primi stadi di formazione del nostro pianeta. Non è difficile immaginare che durante la sua formazione la Terra fosse un mondo molto diverso da quello che conosciamo oggi. Le collisioni tra planetesimi (corpi rocciosi primordiali) generavano temperature così elevate da creare un vasto oceano di magma sulla superficie del pianeta. Contemporaneamente, il giovane pianeta era avvolto da un’atmosfera ricca di idrogeno molecolare (H₂), una caratteristica comune nei pianeti appena formati, come dimostrato dalle recenti scoperte di esopianeti.
I ricercatori hanno sviluppato modelli matematici complessi per studiare le interazioni tra quest’atmosfera primordiale e l’oceano di magma, analizzando 25 diversi composti e 18 tipi di reazioni. Queste interazioni potrebbero aver prodotto grandi quantità d’acqua, anche se tutto il materiale roccioso originario fosse stato completamente secco.

Formazione dell’acqua secondo i ricercatori della Carnegie e dell’UCL. Di Edward Young/UCLA and Katherine Cain/Carnegie Institution for Science

Le evidenze geologiche supportano questa teoria. Anche i cristalli di zircone, minerali estremamente resistenti all’alterazione, indicano la presenza di acqua liquida sulla Terra già 4,4 miliardi di anni fa, molto prima di quanto si pensasse in precedenza. Questo solleva interessanti questioni sulla storia climatica del nostro pianeta, poiché suggerisce che la Terra primitiva potrebbe non essere stata così calda come si credeva fino ad ora.
La ricerca ha anche rivelato che il processo di formazione dell’acqua era parte di un sistema più complesso che ha influenzato l’intera evoluzione del pianeta. Le interazioni tra l’atmosfera di idrogeno e l’oceano di magma hanno causato lo spostamento di grandi quantità di idrogeno nel nucleo metallico e l’ossidazione del mantello, contribuendo a definire la struttura chimica della Terra come la conosciamo oggi.
Questo non significa che i contributi esterni, da comete e asteroidi, non abbiano avuto un ruolo. La storia dell’acqua sulla Terra continua a evolversi man mano che nuove tecniche analitiche e modelli computazionali ci permettono di guardare sempre più indietro nel tempo. Quello che emerge è un quadro complesso in cui diversi processi hanno contribuito a rendere il nostro pianeta la sfera blu che conosciamo oggi, un pianeta che continua a mantenere le condizioni ideali per la presenza di acqua liquida in superficie, né troppo vicino né troppo lontano dal Sole, in quella che chiamiamo “zona abitabile”.

Qualunque sia l’origine dell’acqua è per me una continua meraviglia, al di là dell’interesse scientifico, scoprire l’unicità della Terra. L’acqua non è una risorsa rinnovabile, se non forse in tempi planetari che prevedono alcune catastrofi nel mezzo. Conviene quindi a noi terrestri tenercela cara, rispettarla e conservarla, perché “niente acqua, niente vita”.
Ma quanta ne abbiamo, come la utilizziamo, come facciamo a non sprecarla? Di questo e delle caratteristiche uniche dell’acqua come sostanza racconterò, qui su Vitamine vaganti, una delle prossime volte.

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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

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