Phoebe Sarah Marks, che avrebbe in seguito acquisito il nome di Hertha Ayrton, nacque il 28 aprile 1854 a Portsea, in Inghilterra: era la maggiore delle figlie dell’immigrato polacco ebreo Levi Marks, di professione orologiaio, e della sarta Alice Theresa. Quando aveva soltanto sette anni, suo padre morì improvvisamente, lasciando a sua moglie sette figli, e un altro in arrivo.
Dopo qualche tempo la piccola Ayrton, che allora aveva nove anni, andò a vivere presso sua zia Marion Hartog. Marion era una poeta e scrittrice e aveva sposato il suo insegnante di francese, Alphonse Hartog. Insieme avevano fondato la scuola che gestivano nella periferia di Londra che Ayrton frequentò dai nove ai sedici anni. Quella di Alice fu una decisione davvero coraggiosa: nell’Inghilterra dell’800 il destino di una bambina appartenente a una famiglia numerosa e in grave difficoltà economica sarebbe stato quello di abbandonare la scuola per occuparsi delle faccende domestiche e dei fratelli minori, ma Alice era una donna di larghe vedute e, nonostante le difficoltà della sua famiglia, seppe insegnare alla figlia a pensare liberamente e a essere indipendente. Era convinta che «le donne [avessero] la battaglia più dura da combattere nel mondo» e quindi avessero bisogno di un’istruzione migliore degli uomini.

Nella scuola la giovane studiava il francese e la musica, ma insieme ai figli di Hartog affrontava anche argomenti che a quel tempo non si ritenevano adatti alle ragazze, come matematica, scienze e latino. Ben presto si distinse per la sua brillante mente scientifica, oltre che per la sua forte personalità. Fin da allora dimostrò di non tollerare le ingiustizie, al punto che una volta fece uno sciopero della fame di due giorni, quando fu ingiustamente accusata di aver infranto le regole della scuola.
All’età di 16 anni Ayrton, oltre a continuare con successo i suoi studi, era già autosufficiente: lavorava come governante e contribuiva al mantenimento della famiglia. Anche se ora conviveva con la famiglia presso la quale lavorava, non smise di frequentare la cerchia di intellettuali che si raccoglievano presso la casa degli zii: fu in questo periodo che entrò in contatto col primo movimento per il suffragio femminile. Qui conobbe la sua grande amica Ottilie Blind, che le diede il soprannome “Hertha”, dalla poesia omonima di Algernon Swinburne del 1869. Fu Ottilie a presentarla a Barbara Bodichon, che era una delle principali suffragette e insieme a Emily Davies aveva fondato il Girton College, il primo college residenziale a Cambridge per l’istruzione universitaria delle donne. Barbara Bodichon divenne ben presto la mentore di Hertha: non solo la convinse a studiare per gli esami di ammissione al Girton, ma pagò per lei lezioni di matematica avanzata.
Hertha entrò al Girton College, University of Cambridge, nel 1877. Il suo tutor, Richard Glazebrook, era un matematico, ma in quel periodo si occupava della fisica dei campi elettromagnetici e collaborava con i due grandi fisici James Clerk Maxwell e Lord Rayleigh. Più che nella matematica, Hertha mostrava il suo talento soprattutto come inventrice e ingegnera: fu in quel periodo che costruì il primo rudimentale sfigmomanometro per registrare il polso nelle arterie.

Furono anche anni di grande impegno civile per lei, che era molto popolare a Cambridge: diresse la società corale e fondò la brigata dei vigili del fuoco del Girton College. In collaborazione con Charlotte Scott, che sarebbe diventata una importante studiosa, creò un club di matematica: per quasi vent’anni pubblicarono problemi matematici con le relative soluzioni in Mathematical Questions from the Educational Times.
Alle donne non era permesso presentarsi agli esami insieme agli studenti maschi: potevano sostenerli separatamente nel loro college, ma quello che più contava era che non potevano laurearsi. Fu così che Hertha superò gli esami nel 1880, anche se con un esito non particolarmente brillante.
Scrisse a Barbara Bodichon: «Penso che sia molto dura per te, dopo tutto quello che hai fatto per me, che io non faccia di meglio. Non è per mancanza di lavoro, né per mancanza di cervello, ma piuttosto per mancanza di memoria e ancora più presenza di spirito in aula. Quindi sono risultata un fallimento».
In realtà il percorso non era stato facile per Ayrton, che durante i suoi studi, oltre a combattere contro la propria insicurezza, aveva dovuto contribuire al sostegno economico della famiglia. Aveva poco tempo per studiare e per giunta durante i suoi studi aveva anche sofferto di una grave malattia e aveva dovuto superare dei lutti.
Nonostante tutto superò gli esami, che erano durissimi, ma in quanto donna non le fu conferita alcuna laurea. Allora lei si presentò come privatista presso l’Università di Londra, una delle poche nel Regno Unito aperta alle donne, dove ottenne la sua laurea nel 1881. Questo le permise di iniziare a lavorare a Londra come insegnante di matematica, prima alla Kensington High School e poi alla Wimbledon School.

Contemporaneamente al lavoro di insegnante, Ayrton continuò le sue ricerche e nel 1884 sviluppò e brevettò un nuovo tipo di divisore matematico che poteva dividere una linea con grande precisione in un numero qualsiasi di parti uguali. Questa invenzione la rese molto popolare: fu citata su importanti riviste (Nature nel gennaio 1885 e Revue Scientifique nel maggio dello stesso anno), forse anche per la curiosità suscitata dal fatto che si trattava di una donna.
Il successo del brevetto consentì ad Ayrton di presentare un articolo alla Physical Society e la incoraggiò a dedicarsi alla ricerca scientifica a tempo pieno. Fu ancora Bodichon ad aiutarla, donandole una grossa somma di denaro, in modo che potesse smettere di lavorare a tempo pieno e concentrare invece le sue energie sulla scienza.
Nell’autunno del 1884 Ayrton iniziò a frequentare quattro serate di lezioni a settimana al Finsbury Technical College, dove studiò elettrotecnica: era una delle sole tre donne insieme a 118 uomini. Il docente era William Ayrton, un fisico membro della Royal Society. William era un ardente sostenitore dell’istruzione femminile e si impegnò molto per aiutarla a continuare i suoi studi. La loro amicizia si trasformò presto in qualcosa di più profondo e nel 1885 decisero di sposarsi. Nel 1886 nacque loro una figlia, Barbara Bodichon Ayrton, che crebbero insieme alla figlia che William aveva avuto dalla sua prima moglie.
Non era facile per Ayrton, come per ogni donna, conciliare gli studi e il lavoro con gli impegni familiari, ma lei non si arrese. Nel 1888, tenne una serie di lezioni sull’elettricità riservate alle donne al Finsbury Technical College: «Che una donna tenesse lezioni alle donne su un argomento del genere… era considerata un’innovazione sorprendente», afferma Sharp nelle sue memorie su Ayrton.
Nel giugno del 1891 morì l’amica di sempre, Bodichon. Fu un duro colpo per Hertha, ma per l’ultima volta ricevette da lei un grande aiuto: un lascito abbastanza generoso da potersi permettere una governante e dedicarsi a tempo pieno alla scienza. Anche suo marito fece tutto quello che poteva perché Ayrton potesse affermarsi come scienziata: si assicurò che avesse uno spazio al laboratorio per il suo lavoro e fece attenzione a non collaborare direttamente con lei. Sapeva bene che se avessero condiviso le loro ricerche, solo a lui ne sarebbe stato riconosciuto il merito esclusivo.
Tramite William, Ayrton cominciò a interessarsi alle lampade ad arco di carbonio, le prime luci elettriche pratiche, inventate da Humphry Davy nei primi anni del 1800. Queste lampade erano costituite da due barre di carbonio in contatto fra loro fra le quali si applicava una tensione e poi venivano separate, in modo che il carbonio vaporizzasse per l’elevata temperatura raggiunta formando un arco gassoso attraversato dalla corrente elettrica, che emanava una luce intensa. Presentavano, però, molti problemi, allora irrisolti: sibilavano e la loro luce era molto tremolante, inoltre i materiali utilizzati non riuscivano a sopportare l’intenso calore prodotto.
Ayrton capì che per ottenere un arco stabile, era necessario eliminare l’ossigeno all’interno della lampada e derivò l'”equazione di Ayrton”, che metteva in relazione lunghezza dell’arco, pressione e differenza di potenziale. Poi si interessò alle caratteristiche del carbonio utilizzato, migliorando notevolmente la qualità della luce ottenuta, la durata e la sicurezza delle lampade.
Gli studi sulle lampade ad arco ebbero una grandissima importanza per la tecnologia, migliorando non solo l’illuminazione stradale, ma anche i proiettori cinematografici e i riflettori militari. Ayrton fu considerata unanimemente una delle massime esperte sull’argomento e le sue ricerche fruttarono diversi brevetti, articoli scientifici e anche un libro.
Nel marzo del 1899, Hertha fu la prima donna a presentare un suo articolo all’Institution of Electrical Engineers, che all’epoca era composta da 3300 uomini, e lei fu la prima donna a far parte di quella istituzione. Il suo intervento all’International Electrical Congress nel 1900 portò alle donne il permesso di far parte di comitati scientifici generali nel Regno Unito per la prima volta nella storia.
Durante una vacanza al mare, Ayrton si incuriosì osservando le increspature della sabbia sulla spiaggia e cominciò a immaginare esperimenti su sabbia e acqua per esaminare l’erosione costiera. Dopo la morte del marito nel 1908, trascorreva sempre più tempo a realizzare esperimenti a casa. Il salotto di casa sua si trasformò in un laboratorio dotato di vasche di vetro riempite di acqua e sabbia.
Studiò in modo approfondito i fenomeni legati alle onde e alle vibrazioni e dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale capì che poteva fare qualcosa per salvare delle vite umane. Nell’aprile del 1915 per la prima volta era stato utilizzato il gas velenoso contro i soldati in trincea. Ayrton si impegnò allo scopo di utilizzare le sue conoscenze sul comportamento delle correnti d’aria per annullare gli effetti di un’arma così letale. Costruì un finto “campo di battaglia” completo di trincee in una delle sue cisterne di sabbia, usando il fumo di fuochi di carta per simulare il gas ed escogitò un particolare ventaglio che emetteva un getto di aria quando veniva sbattuto su una superficie dura: un oggetto apparentemente banale, ma molto efficace, da poter essere usato in condizioni estreme.
Nel maggio del 1915 propose all’esercito il suo progetto, ma ci volle più di un anno per convincere i militari dell’utilità del dispositivo. Oltre 100.000 Ayrton Flapper Fans furono impiegati in Francia e Belgio e si dimostrarono efficaci per respingere grandi nubi di gas pesanti e tossici.
Ayrton strinse una profonda amicizia con la scienziata premio Nobel Marie Curie, che come lei durante la prima guerra mondiale aveva messo le sue competenze scientifiche a disposizione per salvare la vita dei soldati in trincea. Hertha diede lezioni di matematica alla figlia di Marie, Irène Joliot-Curie, che riceverà più avanti anche lei il premio Nobel e la convinse a firmare una petizione internazionale per liberare le suffragette britanniche che erano in prigione e in sciopero della fame.
Quando Pierre Curie morì e i giornali del Regno Unito gli attribuirono la scoperta del radio, che in realtà era opera di Marie, Ayrton levò la sua voce per correggere l’errore. In una lettera alla redazione della Westminster Gazette affermò: «Gli errori sono notoriamente difficili da uccidere, ma un errore che attribuisce a un uomo ciò che in realtà era opera di una donna ha più vite di un gatto».
Negli ultimi anni dedicò tutte le sue energie alle cause a cui teneva di più: il suffragio femminile, i diritti di lavoratori e lavoratrici e la tutela dell’infanzia. Si impegnò nella neonata Federazione Internazionale delle Donne Universitarie. Non smise mai la sua attività scientifica, dedicandosi alle ricerche per eliminare i vapori nocivi dalle miniere e dalle fogne.
Hertha Ayrton morì all’età di 69 anni, il 26 agosto 1923, in seguito a una puntura di insetto.
Nel corso della sua vita, le furono conferiti 26 brevetti.
In copertina: il doodle dedicato a Hertha il 16 aprile 2016.
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Articolo di Maria Grazia Vitale

Laureata in fisica, ha insegnato per oltre trent’anni nelle scuole superiori. Dal 2015 è dirigente scolastica. Dal 2008 è iscritta all’Associazione per l’Insegnamento della Fisica (AIF) e componente del gruppo di Storia della Fisica. Particolarmente interessata alla promozione della cultura scientifica, ritiene importanti le metodologie della didattica laboratoriale e del “problem solving” nell’insegnamento della fisica.

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