Eva Giovanna Antonietta Cattermole: è questo il vero nome della Contessa Lara. Nasce a Firenze il 26 ottobre 1849, anche se ha sempre dichiarato di essere nata in Francia nel 1858. In realtà, il suo certificato di nascita, che è stato tenuto nascosto per anni, dimostra il contrario. A casa veniva chiamata Evelina ed è da qui che viene il suo diminutivo. Suo padre, William Cattermole, era scozzese e dopo aver ottenuto una cattedra d’inglese in Toscana, vi si trasferì. La madre era Elisa Sandusch, una pianista che trasmise tutto l’amore per la musica alle due figlie e al figlio Guglielmo. Sin da piccola, Evelina parlava varie lingue: l’inglese, il francese, lo spagnolo e l’italiano. Ebbe la fortuna di studiare con la poeta Marianna Giarrè Billi e subito provò un forte interesse nei confronti della poesia. Ebbe anche l’occasione di conoscere personaggi illustri come Giosuè Carducci, Niccolò Tommaseo e Francesco Dall’Ongaro. La sua prima poesia, in realtà, era un bigliettino che aveva scritto per la madre per accompagnare dei fiori che le aveva regalato da ragazzina e la sua prima raccolta di poesie, intitolata Canti e ghirlande, venne pubblicata nel 1867, quando aveva solo 18 anni. La raccolta fu edita poco dopo la morte della madre ed era divisa in sei parti: la prima è dedicata al padre, la seconda alla sorella Eufrosina, la terza al martire repubblicano Pietro Giannone, la quarta alla principessa Elisa Poniatwska, la quinta all’amica Elvira Spannocchia e la sesta a Marianna Giarrè Billi, la sua insegnante.

Nei salotti fiorentini, così, si inizia a parlare di Evelina come di una giovane donna bella, colta ed emancipata. È proprio nel salotto di Pasquale Stanislao Mancini, marchese di Fusignano, e di Laura Beatrice Oliva, poeta nota come Corinna Italica, che conosce il futuro marito: il tenente dei bersaglieri Francesco Eugenio Mancini. La famiglia Mancini, però, non era favorevole a questa unione perché Evelina non aveva alcun titolo e non era di nobili origini. Nonostante l’amore sia stato ostacolato, alla fine, i due giovani riescono a coronare il loro sogno e si sposano nel 1871. Dopo un breve soggiorno a Roma, si trasferiscono a Napoli e poi si stabiliscono definitivamente a Milano in una casa situata in via Cesare Correnti. Evelina inizia a farsi vedere in tutti i salotti che contano, come quello della contessa Maffei. Frequenta gli Scapigliati e afferma sempre di più la sua immagine di donna geniale e disinvolta. Stringe relazioni con Arrigo Boito, Giuseppe Rovani, Eugenio Torelli Viollier ed Emilio Praga. È piena di ammiratori e alla fine accetta la corte di un giovane veneziano: Giuseppe Bennati Baylon, impiegato di banca. Il marito, a questo punto, inizia ad avere qualche sospetto e così i due amanti vengono scoperti, dando vita a un enorme scandalo. Accusata di adulterio, la donna è costretta a separarsi e ad allontanarsi da Milano, ripudiata persino dalla famiglia di origine. L’amante, invece, muore a seguito di un duello con il marito.

Non sapendo dove andare, Evelina chiede rifugio al padre a Firenze, ignara del fatto che nel frattempo, rimasto vedovo, si fosse sposato con un’altra donna e che avesse avuto anche due bambini, ma comunque non l’avrebbe mai accolta in casa a seguito di un tale scandalo. Così è costretta a chiedere aiuto a sua nonna, l’unica che le garantirà un rifugio e dei soldi. Nel frattempo, era stata bandita da tutti i salotti, ma riuscì a mettersi ugualmente in contatto con Maria, la moglie di Eugenio Torelli Viollier, che aveva appena fondato il Corriere della Sera. Così, dopo tre settimane, aveva già la sua rubrica. In breve tempo poté collaborare anche con altre riviste come La Tribuna illustrata, La Donna, L’illustrazione italiana e Natura ed arte, pubblicando articoli di moda, ma pure dei racconti, firmandosi con lo pseudonimo “Lina di Baylon”, in omaggio al suo amore perduto. Finalmente Evelina non vive più in miseria ed è diventata ormai una scrittrice affermata, firmandosi, stavolta come “Contessa Lara”, uno pseudonimo molto apprezzato soprattutto dall’editore Sommaruga, che pubblica una raccolta di suoi versi proprio sotto questo nome. Da quel momento in poi, è così che sarà conosciuta. Dopo vari spostamenti da una città all’altra, decide di stabilirsi a Roma, dove conosce un poeta siciliano: Giovanni Alfredo Cesareo. I due hanno una relazione che dura otto anni ed è proprio in quel periodo, tra il 1886 e il 1895, che Evelina scrive la maggior parte delle opere in prosa come i libri per l’infanzia Una famiglia di topi, Il romanzo della bambola e Compagni di sventura, le novelle Così è, il romanzo L’innamorata e i racconti Novelle di Natale. Ripubblica inoltre Storie d’amore e di dolore e una nuova raccolta di poesie intitolata E ancora versi.

Nel 1894 la relazione con il suo amato Giovanni finisce e la scrittrice cade in una profonda depressione, non volendo più farsi vedere in giro. C’è, però, una nuova opportunità per lei: Angelo De Gubernatis decide di affidarle la rassegna di moda sulla rivista Vita italiana e le manda a casa un giovane illustratore di 25 anni, Giuseppe Pierantoni. Da lì a poco, Giuseppe si stabilirà a casa sua e lei vivrà l’illusione di un nuovo amore. Dopo poco tempo, però, l’uomo si rivela violento e possessivo ed Evelina cerca di cacciarlo in tutti i modi, ma inutilmente. Molte persone care sono preoccupate per la sua sorte, al punto che l’amico Ferruccio Bottini le regala un piccolo revolver da borsetta, da usare in caso di emergenza, ma questa cosa, alla fine, le si ritorcerà contro. Evelina vuole cambiare casa e le liti con Giuseppe diventano sempre più accese. Il 30 novembre 1896 avviene l’ultima discussione: l’amante minaccia di ucciderla, prende il revolver che lei teneva sul comodino in camera e le spara all’altezza dell’addome, dopodiché spara anche a sé stesso, senza arrecarsi, però, alcun danno. Sentendo il rumore degli spari, la cameriera chiama i soccorsi, ma ormai è troppo tardi. Quando il medico arriva, Evelina è agonizzante, ma nonostante ciò ha la forza di pronunciare le sue ultime parole: sostiene che Giuseppe non le abbia sparato per motivi passionali, ma per denaro. Questo gli avrebbe negato le attenuanti. La sua morte fu un vero e proprio scandalo che fu seguìto da un altro: non c’erano soldi per la sepoltura e i suoi resti vennero abbandonati in una fossa comune. Giuseppe fu processato due anni dopo e ricevette una condanna di undici anni e otto mesi. Nel 1897 furono pubblicate a cura di Donati le poesie postume di Evelina, intitolate Nuovi versi.
Nonostante la Contessa Lara non avesse una buona fama per via delle sue vicissitudini personali, nelle sue opere si può notare il desiderio di un amore sensuale, ma allo stesso tempo profondo e duraturo. Emergono inoltre temi come la religiosità tormentata, la paura del destino, il senso di fragilità e il desiderio di allontanarsi dal mondo per trovare la pace. Argomenti ancora oggi di grande attualità.
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Articolo di Isabella Amicuzi

Laureata in mediazione linguistica e interculturale, specializzanda in editoria e scrittura e praticante giornalista. Curiosa e sognatrice. Le piace trascrivere le storie delle altre e degli altri perché pensa che ognuna/o di noi abbia qualcosa di unico da raccontare. Ama immergersi nei mondi che i libri le offrono.
