Lydia Toraldo Serra nacque a Cosenza il 1° agosto 1906 da Nicola Serra, noto avvocato e deputato del Regno d’Italia nella XXIV e XXVI legislatura, e da Maria La Costa dei baroni di Malvito. A soli 23 anni fu la prima donna calabrese a laurearsi in giurisprudenza, presentando una tesi intitolata Sulla concessione del voto alle donne.
Nel 1933 sposò l’ingegnere Pasquale Toraldo, conosciuto a Cosenza a un incontro dell’Azione Cattolica.

Il matrimonio la portò a trasferirsi a Tropea, la cittadina natale del consorte, che apparteneva a una antica casta nobiliare di marchesi del luogo. Proprio in questo piccolo borgo ebbe inizio la carriera politica di Lydia Toraldo Serra, che lo amministrò dall’aprile del 1946 all’autunno del 1960.
«Donne tropeane! Una nuova legge ha dato anche a voi il diritto e l’obbligo del voto, e il 24 marzo dovrete esercitarlo per la prima volta nelle elezioni amministrative. Mostratevi degne della grande responsabilità che pesa su di voi. Voi siete in numero molto maggiore degli uomini. Perciò dal vostro voto dipenderà il benessere del nostro comune». (Volantino di propaganda politica diffuso in occasione delle elezioni del 24 marzo 1946).
Candidata nella lista della Democrazia cristiana, che nelle elezioni amministrative del 1946 ottenne la maggioranza, Lydia guadagnò il secondo posto (1.358 consensi), distanziandosi di poco dal primo arrivato, il cognato Giuseppe Toraldo (1.365 voti). La DC era l’unico partito a candidare localmente delle donne in quell’anno: oltre a Lydia, erano presenti i nomi di Irma Scrugli, legata alla curia, in particolare a Don Mottola, Felicia Toraldo, cugina di Pasquale, e Teresa Gorgone, una maestra con una forte vocazione politica.

La sua nomina a sindaca arrivò l’8 aprile, a seguito di dissidi nel partito locale riguardo la scelta del sindaco e della giunta, che verranno risolti grazie all’intervento del vescovo Felice Cribellati in favore di Serra. Lydia fu dunque una delle tre sindache elette in Calabria alle amministrative del ’46, insieme a Caterina Tufarelli Palumbo Pisani e Ines Nervi Carratelli, rispettivamente nei comuni di San Sosti e di San Pietro in Amantea.
In un’Italia nella quale per la prima volta alle donne era concesso non solo il diritto di voto, ma anche la possibilità di essere elette, la vittoria di Lydia Toraldo Serra fu il preludio di un epocale cambiamento di mentalità che avrebbe portato tante altre donne come lei a diventare protagoniste della vita politica della nascente Repubblica.
Lydia pensava che la responsabilità della guerra appena conclusa fosse da attribuire alla superbia maschile, che questo fallimento dell’uomo come categoria dominante dimostrasse la superiorità morale delle donne, in quel momento chiamate a una militanza attiva. Bisognava rispettare il proprio ruolo naturale di mogli e madri, ma non necessariamente stando rinchiuse tra le mura domestiche, e non disinteressandosi del mondo in cui figlie e figli in questione sarebbero andati poi a vivere. Non si può trascurare fosse influenzata dalle polemiche del suo tempo, fortemente conservatore, legato al cattolicesimo e alla monarchia dei Savoia. Ritrovandosi inserita in un contesto prettamente maschile, in una società che credeva un uomo qualsiasi fosse per dono di nascita più adatto di lei a ricoprire la carica di primo cittadino, si sentì costretta ad assecondare queste linee di pensiero anche per rendersi più credibile agli occhi dell’elettorato, perciò le sue dichiarazioni spesso risultarono ambigue e contrastanti.
Le sue scelte amministrative durante il primo mandato furono in buona parte tese a risollevare le sorti delle fasce più povere della comunità, che cominciarono a rivolgersi a lei pubblicamente con l’appellativo «’a mammicea nostra». Aderì a un modello politico paternalistico al femminile, con un approccio assistenziale verso le persone più deboli, che richiamava il suo essere donna e dunque madre amorevole per la cittadinanza. Dai suoi colleghi le venne rimproverato di aver creato una sorta di “regime feudale”, tramite una gestione accentrata del potere, poiché prendeva direttamente tutte le decisioni, senza sottoporle al consiglio comunale, raramente convocato.
Fu una donna intraprendente, riuscì a farsi ricevere dal presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi, raggiunto con un treno merci mentre questi era in visita a Catanzaro, per sottoporgli la situazione di estrema povertà in cui versava la sua città a seguito del conflitto mondiale. Grazie a quell’incontro, fu in grado di procurarsi rifornimenti di grano e riso per l’intera area del vibonese, ridotta alla fame, facendo dirottare il carico di una nave americana. Sempre per far fronte alla carenza di cibo, non esitò a incitare parte della popolazione a requisire il grano trasportato su un treno di passaggio nella stazione di Tropea.

Oltre alla crisi alimentare dovette affrontare una grave emergenza idrica, poiché l’acquedotto era insufficiente ai bisogni della popolazione e la cittadina non era dotata di fognature. In questo ambito nacquero i primi conflitti con i grandi proprietari terrieri, i quali avevano creato allacci abusivi al condotto comunale, e che gli addetti del comune si rifiutavano di andare a controllare e smantellare. Toraldo Serra si rivolse al Consiglio di Stato, chiedendo un decreto prefettizio per la riduzione della portata delle fontane, così da diminuire indirettamente l’acqua che vi veniva sottratta. Ricevette ben due diffide da parte del comune per questo gesto.
Il più grande impegno in favore della gioventù e delle rispettive famiglie Toraldo Serra lo profuse nel campo scolastico. Fece costruire a Tropea la prima Scuola media nel 1948 e poi il Liceo classico nel 1950. Combattere l’analfabetismo tra le classi meno agiate fu uno dei suoi obiettivi principali e permise la formazione di una nuova classe di professioniste/i, sia a Tropea che nei paesi limitrofi. La scelta di promuovere la scuola pubblica determinò per la sindaca la perdita del sostegno di una parte del ceto nobiliare locale e di parte del clero, che si occupavano del mantenimento delle scuole private, avendo completo potere su ciò che veniva insegnato e su chi potesse avere accesso agli studi, oltre alla gestione finanziaria.
Una decisione che sicuramente le costò molto a livello personale fu quella di espropriare diversi terreni di ricchi proprietari, amici di famiglia, che non avevano ottemperato alle clausole contrattuali per l’acquisto dei lotti. Aree che destinò all’edificazione di case popolari, finanziate dal piano Ina-Casa, dando la possibilità a parecchie famiglie che fino ad allora avevano vissuto in situazioni precarie di potervi accedere.
Sostenne anche varie iniziative culturali tese alla valorizzazione del territorio, come il Primo Congresso di studi Galluppiani, che si tenne a Tropea nel 1946 e nel 1947.
Toraldo Serra intuì il potenziale del progetto di costruzione di un primo stabilimento balneare attrezzato e lo realizzò nei pressi dell’isolotto di San Leonardo, in una zona di proprietà della sua famiglia. Ciò compromise ulteriormente i suoi rapporti con il clero locale, che vide nel progetto una spinta all’edonismo e all’ostentazione del corpo.

Questi fattori determinarono la conclusione anticipata della sua amministrazione, formalmente causata da un’ispezione di Palazzo Sant’Anna, che rilevò delle irregolarità nella riscossione di alcune entrate e la mancanza del registro delle delibere del consiglio comunale. Nelle amministrative del 1952 però la sindaca rafforzò la sua posizione, passando da 1.358 preferenze ottenute nella tornata elettorale precedente a 1.929. Se ciò le garantì un rinnovo del mandato, non la preservò da ulteriori conflitti, sempre più accesi e aspri. Durante le elezioni successive verrà estromessa dalla lista della DC e presenterà una lista autonoma, “Giustizia”, sostenuta dal 44,7% dell’elettorato, mentre la lista della DC si fermerà al 32,4%. Cominciò così il suo terzo mandato, tra le congratulazioni di Luigi Einaudi, allora Presidente della Repubblica, e di diversi esponenti della dirigenza democristiana romana. Venne tuttavia espulsa dalla DC e denunciata al collegio provinciale dei probiviri locale e nazionale per la presentazione di una lista autonoma.
Nell’ambito dei lavori pubblici, durante il suo secondo mandato la sindaca si impegnò per rendere più efficiente il porto, che tra il 1952 e il 1956 fu dragato più volte visti i continui insabbiamenti, e provvide alla realizzazione di alcuni progetti di bonifica e cura dell’assetto dei due corsi d’acqua dell’area tropeana: il Lumia e la Grazia. Tra le altre opere pubbliche realizzate durante le sue amministrazioni, vi furono i lavori di pavimentazione del corso principale della cittadina e il potenziamento dell’illuminazione stradale.
Grazie al suo interessamento, nel periodo tra il 1954 e il 1955, fu possibile la creazione dell’ufficio postale di Tropea. Si mosse anche per il potenziamento dell’ospedale civile, che in quegli anni venne dotato di una nuova sala operatoria, a beneficio dell’utenza di tutto il circondario. Era stata lei stessa a preoccuparsi di rendere agibile la struttura ospedaliera, che aveva fatto da polo per le emergenze belliche rimanendo gravemente compromessa, opponendosi alla sua conversione a clinica privata.
Si impegnò per la creazione della sede locale dell’Organizzazione per la Protezione della Maternità e l’Infanzia (Onmi), con lo scopo di dare assistenza a madri bisognose e un aiuto a bambini e bambine abbandonate.
Alle elezioni del 1960, la lista “Giustizia” arrivò col 41,1% secondo posto, e la DC registrò il 48,2%. La perdita del suo consenso personale fu limitata, ma sufficiente a far nominare primo cittadino Riccardo Toraldo di Francia. Lydia Toraldo Serra si ritirò dalla vita politica a 58 anni, nel 1964, dedicandosi alla famiglia e ai suoi quattro figli. Nel tempo libero si dilettava a dipingere quadri ancora oggi conservati nel palazzo Toraldo a Tropea. Nel 1968 subì la perdita del marito Pasquale e nel 1972 ricevette la nomina di Cavaliera della Repubblica per il suo impegno di amministratrice pubblica.



Lydia Toraldo Serra condusse Tropea nella modernità, contribuì a creare lo splendido borgo che è oggi, opponendosi con coraggio a chi voleva restasse ancorata al passato. Fondamentale la sua intuizione che la località potesse divenire una meta turistica di spicco.


La sua amministrazione si batté per la costruzione di un grande albergo, contro gli interessi dei privati e dei suoi accaniti oppositori. Fallì miseramente, ma quel dibattito spianò la strada nel 1968 per la costruzione da parte del comune del grande complesso di Rocca Nettuno, che diede una spinta enorme al turismo, garantendo pure nuovi posti di lavoro.
Lydia morì a 74 anni nella sua amata Tropea, nel luglio del 1980.
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Articolo di Desirée Rizzo

Studente del corso di laurea magistrale in Editoria e Scrittura presso l’Università di Roma La Sapienza, dove coltiva la sua passione per la letteratura e la filosofia. Laureata in Beni Culturali all’Università di Roma Tor Vergata, è amante dell’arte e del cinema horror, e si dedica con entusiasmo alla scrittura, con l’obiettivo di affermarsi come autrice di narrativa.
